I provvedimenti colpiscono i settori delle costruzioni, del manifatturiero, del tessile e quello minerario. Scontro tra Washington e Baghdad sul ritiro delle truppe. Trump: "Soleimani voleva colpire quattro ambasciate Usa"
Gli Stati Uniti hanno annunciato nuove sanzioni contro l’Iran, come risposta all’attacco missilistico senza vittime contro due basi americane in Iraq (IL DISCORSO DI TRUMP), seguito all’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani (CHI ERA - I FUNERALI). Oltre che contro diversi settori-chiave per l’economia, come quello minerario, Washington ha emesso provvedimenti anche nei confronti di otto alti dirigenti del regime, ritenuti coinvolti nel raid. Il presidente statunitense Donald Trump ha nel frattempo rivelato in un'intervista a Fox News che Soleimani aveva nel mirino quattro ambasciate americane. Intanto la Camera Usa, a maggioranza democratica, ha approvato una risoluzione per impedire qualsiasi ulteriore azione militare voluta dal tycoon in Iran senza l'autorizzazione del Congresso, tranne in caso di imminenti attacchi contro gli Stati Uniti. Una risoluzione analoga sarà votata la prossima settimana in Senato, dove però i repubblicani - contrari alla norma - hanno la maggioranza. Sale anche la tensione con l'Iraq sulla questione del ritiro delle truppe statunitensi. (LE MAPPE DELLA CRISI USA-IRAN)
Le nuove sanzioni
Ad annunciare le nuove sanzioni, dopo che Trump ha firmato un ordine esecutivo, sono stati il Segretario di Stato Mike Pompeo e il Segretario al Tesoro Steve Mnuchin. I provvedimenti vanno a colpire individui o entità dei settori delle costruzioni, del manifatturiero, del tessile e in quello minerario. Quest'ultimo è il primo ad essere colpito, con acciaio e alluminio. Tra le otto personalità iraniane nel mirino, invece, ci sono il segretario del supremo consiglio di sicurezza, il vice capo di stato maggiore delle forze armate e il comandante della milizia Basij.
Trump: colpito lo sviluppo del programma nucleare e missilistico
Le nuove sanzioni, secondo Trump, "avranno un enorme impatto sull'economia dell'Iran" e taglieranno "sostanziali entrate che potrebbero essere usate per sostenere lo sviluppo del programma nucleare e missilistico, il terrorismo e i gruppi terroristici nella regione" da parte di Teheran, che resta "il principale sponsor mondiale del terrorismo". "Stiamo mirando al cuore dell'apparato di sicurezza interna", ha sottolineato Pompeo, aggiungendo senza dettagli che il generale Soleimani è stato eliminato perché gli Usa avevano informazioni specifiche su "imminenti minacce di attacchi su larga scala ad ambasciate e basi americane". Si aggiunge quindi un altro tassello alla campagna di massima pressione contro l'Iran, dove Trump ha imposto finora sanzioni ad oltre 1000 tra individui, società ed organizzazioni, pur ribadendo oggi che "gli Usa sono pronti ad abbracciare la pace con chiunque la cerchi". L'obiettivo è anche quello di negoziare una nuova intesa sul nucleare, ma Teheran pone come condizioni la revoca delle sanzioni e il ritorno degli Usa all'accordo iniziale (COSA PREVEDE).
Scontro con l’Iraq sul ritiro delle truppe
Tuttavia gli Stati Uniti rischiano di far salire la tensione anche con l’Iraq. Dopo l’uccisione a Baghdad di Soleimani, considerata una violazione della sovranità nazionale, il premier dimissionario Adel Abdul Mahdi ha chiesto a Pompeo di inviare una delegazione americana per definire il ritiro dei 5200 soldati Usa. Ma la portavoce del dipartimento di Stato, Morgan Ortagus, in una nota ha fatto sapere che "qualsiasi delegazione mandata in Iraq discuterà non il ritiro delle truppe, ma come riorganizzare al meglio la nostra partnership strategica, la nostra giusta e appropriata postura in Medio Oriente". Ortagus ha rivelato però anche un altro dettaglio, che potrebbe far pensare a un futuro cambio della guardia tra Usa e l'Alleanza Atlantica in Iraq: "Una delegazione della Nato è al Dipartimento di Stato per discutere un maggior coinvolgimento della Nato in Iraq, in linea con il desiderio del presidente Trump di una maggiore condivisione degli oneri nei nostri sforzi di difesa". Per ora, tuttavia, Washington considera "cruciale" la sua missione anti Isis in Iraq, e no intende andarsene lasciando campo libero a Teheran.