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Allerta per i militari dopo il raid Usa. Sono 900 gli italiani impegnati in Iraq

Mondo

L’attacco in cui è stato ucciso il generale iraniano Soleimani espone a rischi più grossi i soldati nelle zone in cui l'Iran potrebbe vendicarsi. Gli italiani in Iraq sono quasi tutti nella Coalizione multinazionale, si trovano soprattutto a Erbil, Baghdad, Kirkuk

Sono 900 i militari italiani impegnati in Iraq. Per loro, ma anche per tutti gli altri contingenti del nostro Paese all'estero il ministero della Difesa, guidato da Lorenzo Guerini, ha innalzato le misure di sicurezza dopo il raid Usa (FOTO) in cui è stato ucciso il generale iraniano Qassem Soleimani (CHI ERA). "Le missioni continuano - ha detto Guerini a Sky Tg24 - ma l'addestramento delle forze irachene è temporaneamente sospeso". E il premier Giuseppe Conte, preoccupato per i militari italiani in Medio Oriente, ha assicurato la massima attenzione (TENSIONE DOPO IL RAID AMERICANO: AGGIORNAMENTI).

Circa 900 i militari italiani in Iraq

I circa 900 militari italiani in Iraq, tra Erbil e Baghdad, sono quasi tutti nella Coalizione multinazionale, che annovera 79 Paesi e 5 organizzazioni internazionali, contro i terroristi del Daesh. La componente italiana (“Prima Parthica”, sul campo dal 14 ottobre 2014) prevede un impiego massimo di 1.100 uomini e donne, 305 mezzi terrestri e 12 mezzi aerei. I nostri soldati contribuiscono con personale qualificato agli staff dei comandi della Coalizione, garantiscono attività Air-to Air refueling a favore degli assetti aerei della Coalizione, svolgono ricognizione e sorveglianza con droni, addestrano le forze di sicurezza locali.

Le attività a Erbil

L'addestramento, temporaneamente sospeso, si svolge principalmente a Erbil, nel Kurdistan iracheno, e a Baghdad. A Erbil l'attività viene svolta da personale dell'Esercito nell'ambito della Task Force Land, inquadrata nel Kurdistan Training Coordination Center (Ktcc), il cui comando è attribuito per un semestre all'Italia e per uno alla Germania: vi contribuiscono gli addestratori di 9 nazioni (Italia, Germania, Olanda, Finlandia, Svezia, Gran Bretagna, Ungheria, Slovenia e Turchia). Tra i corsi: formazione basica di fanteria, addestramento all'uso dei mortai e dell'artiglieria, tiratori scelti, primo soccorso, counter Ied.

Le forze speciali a Baghdad e Kirkuk

A Baghdad e a Kirkuk - dove un attentato, lo scorso novembre, ha provocato il ferimento di cinque soldati italiani - sono presenti uomini e donne delle forze speciali (appartenenti a tutte le forze armate), che addestrano i militari iracheni del Counter Terrorism Service (Cts) e le forze speciali delle forze di sicurezza curde. Dalla fine di giugno 2015 è attiva nella capitale irachena anche la Police Task Force Iraq (Ptfi): una novantina di specialisti incaricati di istruire gli agenti della Iraqi Federal Police destinati a operare nei territori liberati dall'Isis. In Kuwait opera invece la componente aerea della Task Force Air Kuwait, che garantisce l'impiego sinergico e coordinato degli assetti di volo KC 767A, Eurofighter e Predator.

Le missioni di Nato ed Euam

A Baghdad ci sono anche i militari italiani inquadrati nella "Nato Mission Iraq" (al massimo 12) e nella European Assistant Mission Iraq (due). La “Nato Mission Iraq” rientra tra le iniziative di training e capacity building decise al summit di Varsavia: lo scopo è sostanzialmente quello di offrire un ulteriore sostegno al governo iracheno nei suoi sforzi di stabilizzare il Paese e combattere il terrorismo. Importante anche l'attività di consulenza a favore dei funzionari iracheni, principalmente del ministero della Difesa e dell'ufficio del consulente per la sicurezza nazionale. L'European Assistant Mission Iraq, avviata nel novembre 2017 a seguito di una richiesta del governo locale, è finalizzata invece a offrire assistenza sull'implementazione degli aspetti civili nell'ambito del "Programma di Riforma del Settore della Sicurezza" (Security Sector Reform Programme). Euam Iraq fornisce consulenza a livello strategico alle figure chiave del ministero dell'Interno iracheno individuate nell'ambito del Programma in questione.

I rischi per i militari

A spiegare i rischi maggiori che ora corrono i militari è, all’Ansa, il generale Vincenzo Camporini, ex capo di Stato maggiore della Difesa e dell'Aeronautica. “Per la prima volta – ha detto – target dei raid Usa è stato non un 'semplice' terrorista, ma un personaggio politico di altissimo spessore. È stata varcata la linea rossa e non sappiamo cosa c'è dietro”. Secondo Camporini "è difficile dire cosa succederà ora, ma di sicuro l'Iran dovrà reagire, non può perdere la faccia”. In che modo? “Nei confronti delle truppe americane sul terreno, forse, ma le truppe Usa sono modeste. Oppure contro Israele, che è il principale alleato degli Stati Uniti nell'area”, ha spiegato. E ha aggiunto: “Ricordiamo che in Libano la situazione politica è a dir poco confusa, gli Hezbollah sono filo iraniani ed è ipotizzabile una ritorsione contro Israele che passa attraverso la 'Linea blu', dove sono schierati 12mila uomini delle Nazioni unite e un migliaio di italiani che hanno il comando della missione. E poi non dimentichiamo che abbiamo 800 addestratori proprio in Iraq e 300 militari in Libia, dove c'è un nostro ospedale”. 

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