Il magistrato nel rivolgersi all'allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo aveva intenzione di "segnalare ciò che costituiva, secondo la sua versione dei fatti, una inerzia investigativa pericolosa posta in essere" dall'ex procuratore di Milano, Francesco Greco, e dall'aggiunto Laura Pedio, si legge nelle motivazioni della sentenza di assoluzione di Storari
Il pm di Milano Paolo Storari nel rivolgersi all'allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo aveva intenzione di "segnalare ciò che costituiva, secondo la sua versione dei fatti, una inerzia investigativa pericolosa posta in essere" dall'ex procuratore di Milano, Francesco Greco, e dall'aggiunto Laura Pedio, che riguardava "fatti gravi, di rilievo sia penale che disciplinare, a carico o a danno (anche) di componenti" dello stesso Csm, nella convinzione "di non commettere alcuna rivelazione illegittima, ma 'autorizzata' e/o dovuta". Lo si legge nelle motivazioni con cui il gup di Brescia, Federica Brugnara, al termine del processo con rito abbreviato, ha assolto Storari dall'accusa di rivelazione del segreto d'ufficio per il caso dei verbali di Piero Amara su una presunta Loggia Ungheria.
La decisione del giudice
Secondo il giudice, il pm milanese aveva consegnato quei verbali a Davigo ritenendolo interlocutore "istituzionalmente qualificato" a riceverli "il quale si era impegnato a fare da 'tramite' con il Comitato di Presidenza" del Consiglio Superiore della Magistratura, incorrendo "in un errore su una norma extrapenale". Infatti il pubblico ministero "era convinto di rivelare informazioni segrete" a chi era "deputato a conoscerle".
Il gup: “Storari non aveva alcun fine oscuro”
È una congettura l'ipotesi di un "accordo originario" tra Storari e Davigo "volto a utilizzare i verbali di Amara per screditare" Sebastiano Ardita, ancora componente del Consiglio Superiore della Magistratura e parte civile nel procedimento. Scrive ancora il gup di Brescia nelle motivazioni con cui ha assolto Storari accusato con Davigo che invece è stato rinviato a giudizio. Per il giudice, che ritiene una congettura sostenere l'esistenza di "una versione dei fatti concordata e precostituita", il sostenere "sussistenti ipotesi alternative ed ulteriori obiettivi inseguiti da Storari", con la consegna a Davigo di quelle carte 'scottanti', "sarebbe privo di qualsiasi appiglio probatorio destituito pertanto di fondamento". Del resto, si legge ancora nel provvedimento, i due pubblici ministeri bresciani Donato Greco e Francesco Milanesi, durante la loro requisitoria hanno "rilevato la credibilità di Storari" e hanno "escluso 'che ci siano delle ragioni oscure per le quali (...) abbia passato i verbali a Davigo'". In più, come è emerso dalle dichiarazioni rese da entrambi gli imputati, "all'atto della consegna dei verbali - scrive il gup - non è stato effettuato alcun riferimento specifico a determinati magistrati nominati da Amara. Per tanto, il fatto che poi Davigo abbia allertato diversi consiglieri del Csm (...) in ordine a una presunta appartenenza" alla loggia di Ardita e Mancinetti (Marco, ndr) "affinché ne prendessero le distanze, non può certamente valere, in via retroattiva, quale interpretazione 'autentica' delle finalità" di Storari. Il quale non "può rispondere della condotta eventualmente posta in essere" dallo stesso Davigo e "in un momento successivo, in quanto non prevedibile e non sottoposta al suo dominio".