Cernobbio, Mattarella: "A Ue serve politica estera e sicurezza comune"

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Così il Presidente della Repubblica: "L'Ue ha dimostrato, di fronte alla pandemia e alle sue conseguenze sul piano economico e sociale, una capacità di reazione efficace e tempestiva"

Europa, come di consueto, protagonista della seconda giornata del Forum Ambrosetti a Cernobbio. Ad aprire i lavori il messaggio del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. "L'Ue ha dimostrato, di fronte alla pandemia e alle sue conseguenze sul piano economico e sociale, una capacità di reazione efficace e tempestiva. Le azioni intraprese, sia sul terreno delle campagne di vaccinazione sia sul terreno del sostegno alle crisi sociali e alla ripresa economica, confermano la bontà delle scelte effettuate in direzione di una sovranità condivisa a livello continentale. La integrazione europea consente di giocare a livello internazionale sul piano economico una massa critica a tutto vantaggio dei popoli europei". (LA PRIMA GIORNATA - L'EVENTO DELLO SCORSO ANNO)

"A Ue servono politica estera e sicurezza comune"

E ancora: "Analogo impegno deve riguardare ora il contributo dell'Unione Europea alla causa della pace, dello sviluppo, della sicurezza e della stabilità internazionale. La globalizzazione dei mercati importa che avvenga contemporaneamente alla diffusione dei diritti, per il raggiungimento della piena dignità delle persone in ogni angolo del mondo. Di qui la necessità di una politica estera e di sicurezza comune". Sulla sicurezza comune l'Europa "si è mossa, sin qui, troppo timidamente e che rappresenta, al contrario, la naturale continuazione di quella sovranità condivisa destinata anche a garantire, ai cittadini europei, la prosecuzione di una esperienza di crescita e progresso che non ha eguali". Per il Capo dello Stato, "l'Europa non può permettersi di essere assente da scenari ed eventi le cui conseguenze si ribaltano sui Paesi che la compongono e dalla definizione delle regole che presiedono alle relazioni internazionali". Per poi aggiungere: "Le risorse pubbliche messe in campo sono imponenti, tali da creare, con i suoi programmi di innovazione, una cornice favorevole agli investimenti privati che sono attesi per alimentare una fase ancora più positiva di rilancio. Le previsioni, per l'Italia, guardano, nel 2021 ad una crescita del Pil pari al 6% e nel 2022 al 4,4%, al quinto posto tra i Paesi del G20, con un incremento a due cifre della produzione industriale. La forte volontà politica, che è stata all'origine delle scelte proposte dalla Commissione Europea e sostenute dalla approvazione del Parlamento Europeo, ha consentito di superare le diverse sensibilità presenti nell'Unione e di dar vita a una dimensione operativa senza precedenti che costituisce una vera e propria svolta. Una dimensione che deve trovare ora collocazione nell'ambito del Trattato che, dopo la riflessione della Conferenza sul futuro dell'Europa, dovrà sostituire quello di Lisbona". Infine: "Invio auguri di buon lavoro ai partecipanti, con l'auspicio che i protagonisti della vita economica e finanziaria sappiano cogliere l'opportunità di contribuire a una fase di nuovo consolidamento del progetto europeo".

Recovery, Osservatorio Ambrosetti: Italia "non mette a terra"

Il Next Generation EU non è solo "un mero supporto alla ripartenza" sia per le tempistiche (gli effetti inizieranno a manifestarsi dal 2022) che per il disegno complessivo che ne fanno "uno strumento, a tutti gli effetti, di politica industriale". Ma quello italiano non sembra avere la giusta lungimiranza. Dall'Osservatorio Next Generation Europe presentato nella seconda giornata di lavori al Forum Ambrosetti, che compara i piani dei diversi Stati, emerge che l'Italia non è tra i paesi più capaci di scaricare a terra le risorse, come invece appaiono Portogallo, Belgio e Lussemburgo. Sotto la media anche Francia e Spagna. Gli impatti sono diversi, come diversi sono i fondi richiesti, ma "data la dimensione del finanziamento RRF in rapporto al PIL, quanto sarà l'impatto atteso" è la correlazione che va a indagare l'Osservatorio e in un grafico presenta la correlazione fra fondi ricevuti (in percentuale al Pil) e impatto economico al 2026 (inteso come differenziale rispetto allo scenario baseline). "Ci sono alcuni Piani Nazionali che la Commissione Europea ipotizza avere un (leggermente) minore potenziale di attivazione, fra cui quello italiano. La medesima analisi può essere svolta considerando gli impatti occupazionali. Anche in questo caso i valori (presentati come rapporto fra occupazione addizionale al 2026 e occupati nel 2020) sono molto eterogenei e riflettono le dimensioni relative dei Piani Nazionali". L'analisi di correlazione, nuovamente, evidenzia Paesi più capaci di "scaricare a terra" le risorse e paesi meno capaci di attivare, proporzionalmente, più occupazione, tra cui l'Italia. 

"La sfida è incrementare i piani Nazionali"

"Next Generation EU potrebbe incidere significativamente sul tessuto socio-economico continentale, e non solo per la sua imponente dotazione finanziaria, ma per tutto il cambiamento di visione che ad esso si accompagna. La sfida è, per ogni Paese - ma soprattutto per l'Italia, che con 191,5 miliardi di euro è il principale beneficiario della misura - riuscire ad implementare efficacemente i Piani Nazionali, in maniera tale che incidano non solo nel breve periodo, ma che riescano a trasformare i sistemi economici". Il Piano italiano, si legge nella sintesi dell'Osservatorio, "pur presentando molti progetti che rispondono ad esigenze e criticità a lungo sedimentate nel Paese, evidenzia come la pianificazione e gestione economica dell'ultima decade abbia avuto pesanti ripercussioni. Alcune misure contenute nel PNRR non possono essere certo considerate né straordinarie, né emergenziali, né strategiche e trasformative: misure come la gestione del rischio di alluvione e la riduzione del rischio idrogeologico (2,5 mld), i finanziamenti a dottorati innovativi per promuovere l'assunzione di ricercatori dalle imprese (0,6 mld), la rimozione delle barriere fisiche e cognitive in musei, biblioteche e archivi (0,5 mld), il piano per asili e scuole materne (4,6 mld), il piano per la sicurezza e la riqualificazione degli edifici scolastici (3,9 mld) dovrebbero essere la prassi, o quantomeno misure ordinarie, e non interventi di carattere straordinario (finanziati con una misura unica e forse irripetibile)". Il PNRR "ha un orizzonte temporale lungo, e decisamente superiore al ciclo elettorale" avvertono i ricercatori del think tank. "Per un'implementazione piena, efficace e compiutamente trasformativa sarà indispensabile la sinergia fra parti sociali e Istituzioni. Il rischio di non implementare i progetti previsti, o di revisionarli depotenziandoli, o in generale di non "credere" nel progetto, rischia di far perdere al Paese un treno che, probabilmente, non passerà più".

Gentiloni: "Estensione obbligo del Green Pass è la strada giusta" 

"Io penso che l'estensione dell'obbligo Green Pass sia la strada giusta, l'ha indicata giustamente il presidente Draghi, mi sembra quella che si segue in Europa". Lo ha detto il commissario Ue per l'Economia, Paolo Gentiloni a margine del Forum Ambrosetti. "Bisogna fare un passo in più e io credo lo si faccia estendendo gli obblighi in alcuni settori ed estendendo l'uso del green pass, è uno strumento meraviglioso il green pass", aggiunge sottolineando che "c'è ancora molta strada da fare, c'è uno strumento - il green pass - usiamolo. Penso che il messaggio che il governo italiano stia dando, e che altri governi stiano dando, è di usare gli strumenti che abbiamo e di estenderli. Abbiamo i vaccini che sono una storia di successo, abbiamo distribuito 650 milioni di dosi di vaccini ai Paesi europei, acquisti dalla Commissione e quindi non c'è la guerra tra paesi vicini su chi si accaparra più o meno vaccini, riusciamo anche a esportare 600 mln di vaccini a paesi diversi dall'Ue. Tutto questo è una storia di successo che finora ha portato al 71% di popolazione adulta vaccinata". E su Sergio Mattarella, ha aggiunto: "Credo che il presidente della Repubblica abbia riassunto molto bene quelle che saranno le priorità di Bruxelles nei prossimi mesi. Credo che le parole del presidente della Repubblica siano innanzitutto un grande riconoscimento del ruolo dell'Europa e per questo lo ringrazio, in secondo luogo la sottolineatura dell'importanza di andare avanti nella discussione sulle regole economiche in Europa e in terzo luogo la necessità di fare finalmente dei passi concreti verso la difesa comune europea".

"L'Italia tenga d'occhio debito, ma dopo Covid aggiornare regole patto stabilità"

In Italia, ha proseguito Gentiloni, "bisogna tenerlo d'occhio questo debito. Bisogna evitare di aggiungere spese permanenti che rendano il peso del debito sempre maggiore e che alla fine si scaricano sulle prossime generazioni. Dall'altra parte - ha aggiunto a Rai News 24 - è chiaro che il Covid cambia un po' il contesto e quindi rende necessario anche un aggiornamento delle regole del patto di stabilità". "L'Italia - ha osservato - ha un debito molto alto. Tutti i Paesi europei dell'Eurozona hanno adesso in media un debito del 100%. E qui i messaggi sono chiaramente due. Il primo è che bisogna tenerlo d'occhio questo debito". "Bisogna evitare di aggiungere spese permanenti che rendano il peso del debito sempre maggiore e che alla fine si scaricano sulle prossime generazioni. Noi chiamiamo il nostro programma Next Generation Eu, ma - ha proseguito - se alla next generation lasciamo un debito troppo consistente non credo che facciamo la cosa giusta. Dall'altra parte è chiaro che il Covid cambia un po' il contesto e quindi rende necessario anche un aggiornamento delle regole del patto di stabilità".

I dati

La seconda giornata del Forum Ambrosetti in corso a Cernobbio è dedicata all'Agenda per l'Europa. Il primo televoto ha rilevato l'assoluta fiducia dei manager presenti verso le Istituzioni europee: alla luce dell'emergenza Covid-19 nell'81% dei partecipanti questa è cresciuta e il 42,7% giudica straordinario e senza precedenti lo strumento del Next Generation Eu. Guardando a ciò di cui ha bisogno l'Europa, il 60,4% ritiene che occorrano più politiche comuni, a partire da quella fiscale, il 27,5% indica la necessità di un maggior federalismo europeo e l'11% sollecita più politica estera. Su quest'ultimo punto, e alla luce della crisi in Afghanistan, l'87,8% dei manager partecipanti ai lavori vede favorevolmente la prospettiva di istituire forze militari europee. 

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