L’imprenditore del web in carcere a San Vittore, durante l’interrogatorio di garanzia durato circa un’ora in streaming, ha risposto alle domande del gip spiegando che la modella 23enne, così come le altre ragazze che partecipavano ai suoi festini a base di droga e andavano nella sua stanza, agivano consapevolmente
Alberto Genovese, l'imprenditore del web 43enne accusato di due stupri ai danni di modelle e in carcere dal 6 novembre per violenza sessuale, sequestro di persona, droga e lesioni, durante l’interrogatorio di garanzia, e così come aveva fatto dopo l'arresto per il caso della 18enne, non ha ammesso la seconda violenza sessuale contestata dalla Procura, che sarebbe avvenuta nel luglio scorso a Ibiza, sostenendo che la modella 23enne che ha denunciato fosse consenziente.
L’interrogatorio
Interrogato dal gip Tommaso Perna in streaming su Teams per circa un'ora (lui si trova ancora nel carcere milanese di San Vittore), dopo la seconda ordinanza di custodia cautelare, a quanto si è saputo, il 43enne ha sostenuto che la modella, così come le altre ragazze che partecipavano ai suoi festini a base di droga e andavano nella sua stanza, lo facevano consapevolmente. E avrebbe spiegato quel "sistema" in cui lui metteva a disposizione "tutto", compresa gran parte della cocaina che, comunque, di solito portavano gli uomini. A differenza del primo interrogatorio, nel quale il 43enne aveva fatto dichiarazioni spontanee ma non aveva risposto alle domande del giudice Tommaso Perna, in questa occasione ha deciso di dare alcune descrizioni dei fatti su sollecitazione del gip. Presenti all'interrogatorio anche i suoi legali, Luigi Isolabella e Davide Ferrari, così come per l'accusa la pm Rosaria Stagnaro. Il primo stupro, da cui muove l'indagine, è invece avvenuto il 10 ottobre alla 'Terrazza Sentimento', il mega appartamento vista Duomo di proprietà di Genovese. Il 'mago delle start-up' ha ribadito inoltre davanti a giudice, avvocati e pm (Rosaria Stagnaro) di patire molto il carcere, anche se lo stesso gip Perna giovedì ha rifiutato l'istanza di scarcerazione e la richiesta di perizia, presentata dai suoi avvocati la settimana scorsa. Degli altri capi di imputazione, per i quali i pm hanno chiesto l'arresto ma il gip l'ha negato, Genovese, a domanda specifica, non ha voluto parlare perché ha ritenuto soddisfacenti le valutazioni del giudice.
L'episodio di Villa Lolita
Sull'episodio di Villa Lolita, il 43enne ha fornito alcuni particolari. Secondo l'uomo, la ragazza sarebbe stata consenziente al rapporto a tre, presente anche la fidanzata di Genovese (indagata). I lividi sul suo corpo sarebbero derivati dal fatto che la giovane, in preda agli effetti della droga dopo che le erano state cedute massicce dosi di cocaina e ketamina, avrebbe cominciato ad agitarsi, costringendo chi era con lei a calmarla e a tenerla ferma. Tra Genovese e la ragazza, inoltre, ci sarebbero stati degli incontri anche prima della vacanza nell'isola spagnola. Un ampio scorcio sul 'sistema' dei suoi party estremi Genovese lo ha dato al gip, anche per quanto riguarda la cessione di stupefacenti: erano soprattutto gli uomini a portare la droga alle feste, ed essendo lui il piu' abbiente di quel mondo, era sempre lui a pagarne il maggior quantitativo.
La droga nei party
La droga girava nei piatti e veniva offerta alle ragazze, che erano abituate ad assumerla. Ai party infatti era ben chiaro chi fosse disposto a usare lo stupefacente e chi no: era previsto che i partecipanti si dividessero in due gruppi, tra loro quasi incomunicabili e controllati da bodyguard. Da un lato - ha spiegato - c'era chi assumeva le sostanze, dall'altro chi non le assumeva. Dunque le donne che sceglievano di farlo, a detta dell'imprenditore, ne erano coscienti. Genovese avrebbe anche fatto i nomi dei suoi fornitori di droga, di cui uno di base in Spagna, e un altro pronto a rifornirlo da qualsiasi parte del mondo, con una semplice telefonata.