Le misure "illegittimamente disposte con l'Ordinanza impugnata costituiscono un vulnus gravissimo (ed ingiustificato) al tessuto economico, sociale e produttivo della Regione", si legge nell'atto
"Per quanto non sia certamente intenzione dell'amministrazione regionale sottrarre il proprio territorio alle più idonee misure di prevenzione e contenimento del contagio (che costituiscono presidio ineludibile a tutela della salute di tutti i cittadini), quelle, illegittimamente, disposte con l'Ordinanza impugnata costituiscono un vulnus gravissimo (ed ingiustificato) al tessuto economico, sociale e produttivo della Regione: la classificazione nell'ambito della 'zona rossa' preclude infatti, come noto, lo svolgimento di una vastissima platea di attività". Questo è quanto si legge nel ricorso di Regione Lombardia al Tribunale amministrativo regionale del Lazio contro i provvedimenti del Governo relativi all'istituzione della zona rossa lombarda. Ricorso annunciato nei giorni scorsi e poi confermato ieri in Consiglio regionale dal governatore Attilio Fontana. L'udienza al Tar del Lazio è fissata per domani: la decisione del giudice monocratico è attesa prima del fine settimana. (TUTTI GLI AGGIORNAMENTI – MAPPE E GRAFICI DEI CONTAGI - LA SITUAZIONE IN LOMBARDIA)
"Misura sproporzionata"
"Tale misura, che incide in modo indifferenziato su un tessuto economico già duramente provato dai provvedimenti emergenziali adottati nell'ultimo anno - si legge ancora nell'atto di 23 pagine - oltre a non apparire proporzionata rispetto alla effettiva situazione sanitaria ed epidemiologica del territorio lombardo, origina un pregiudizio irreparabile (forse, considerate le peculiarità del caso, sarebbe più corretto dire non ristorabile)". La Lombardia "è stata fortemente penalizzata nell'applicazione delle misure restrittive in quanto, in presenza di un quadro epidemiologico finanche meno grave di quello delle Regioni limitrofe (in specie l'Emilia-Romagna ed il Veneto), si è trovata a dover sospendere pressoché tutte le attività di commercio al dettaglio e di servizi alla persona e ad inibire totalmente lo spostamento dei cittadini lombardi che, fino al 31 gennaio, non potranno muoversi dalla propria abitazione (salvo che per le ormai a tutti note circostanze 'esimenti'), con tutti gli ormai noti gravissimi pregiudizi alla tenuta di un sistema economico e produttivo già fortemente penalizzato dai provvedimenti restrittivi in vigore da un anno a questa parte".
Le richieste della Regione
La Regione chiede con il suo ricorso di annullare, anche con un decreto presidenziale, l'ordinanza del ministro della Salute Roberto Speranza del 14 gennaio con cui la Lombardia è stata inserita in zona rossa e anche il Dpcm del 14 gennaio 2021 nella parte in cui definisce i criteri per la classificazione di zona arancione e zona rossa così come il Decreto Ministeriale 30 aprile 2020 sul monitoraggio "e di ogni altro atto ad essi presupposto, conseguente o comunque coordinato o connesso". Il sistema di classificazione delle Regioni, e con esso l'ordinanza ministeriale del 16 gennaio che ne fa concreta applicazione, "risulta gravemente lesivo dei diritti e degli interessi alla cui cura la Regione Lombardia è istituzionalmente preposta", mentre il Dpcm del 14 gennaio "dando peso prevalente all'R(t), non riesce ad intercettare le situazioni di reale rischio per la tenuta del sistema sanitario", si legge nel testo. Una delle osservazioni sollevate dalla Regione è infatti che "incredibilmente, nell'ambito di tale valutazione di rischio, il dato dell'incidenza settimanale (ossia del numero di nuovi contagi ogni 100.000 abitanti) - che è fortemente indicativo della progressione dell'epidemia in quanto restituisce un'idea del numero di possibili vettori di infezione che prescinde dal dato dei sintomatici e che permette di effettuare una prognosi veritiera sulla pressione cui il sistema sanitario sarà sottoposto nelle settimane successive - non assume alcun rilievo o, comunque, assume un rilievo del tutto recessivo rispetto all'indice di trasmissibilità R(t)".
"Ministero rivaluti subito i dati"
La richiesta al giudice amministrativo, inoltre, è "l'abbreviazione dei termini processuali nella misura massima possibile". "Il regime temporale proprio del provvedimento impugnato, che ne circoscrive gli effetti dal giorno 17 e sino al giorno 31 gennaio p.v. impone infatti una valutazione cautelare immediata".
Allo stesso tempo "si è certo consapevoli che la mera sospensione cautelare dell'efficacia del provvedimento impugnato creerebbe un vuoto regolamentare: un vuoto che non solo risulterebbe inidoneo a garantire la piena soddisfazione degli interessi qui dedotti, ma che risulterebbe anche assolutamente incompatibile con l'emergenza epidemiologica in atto", si precisa. "Proprio in considerazione della peculiarità del caso sottoposto all'attenzione del Collegio - prosegue il testo - l'istanza cautelare viene dunque declinata anche nelle forme del remand, sollecitando un provvedimento di natura propulsiva che imponga al Ministero della Salute una tempestiva e rinnovata valutazione dei dati epidemiologici informata a canoni di adeguatezza, proporzionalità e, in ultima analisi, di legittimità".
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