Caso Becciu, Vaticano rinuncia a estradare Cecilia Marogna. "Imminente processo"

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Il Vaticano ha concesso la "libertà provvisoria" alla manager cagliaritana e ha, dunque, revocato la misura cautelare che era il "presupposto" per chiederne l'estradizione

Il Vaticano ha chiesto che sia dichiarato il "non luogo a provvedere" sulla richiesta di estradizione di Cecilia Marogna, la manager cagliaritana arrestata a Milano il 13 ottobre nell'indagine vaticana relativa all'ex cardinale Angelo Becciu. (IL CASO). Questo perché è "venuto meno il vincolo" che aveva determinato il presupposto della richiesta. Lo si evince da una comunicazione del ministero della Giustizia, letta dai giudici della Corte d'appello di Milano nell'udienza per l'estradizione. Comunicazione nella quale si dice anche che il Vaticano ha concesso la "libertà provvisoria" a Marogna e ha, dunque, revocato la misura cautelare che era il "presupposto" per chiederne l'estradizione. Da qui la rinuncia a portare avanti l'istanza di estradizione.

Pg Vaticano: "Imminente processo per peculato"

Il Giudice istruttore del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, accogliendo l'istanza formulata dall'Ufficio del Promotore di Giustizia, si legge in una nota del Promotore di Giustizia dello Stato della Città del Vaticano, "il 13 gennaio ha revocato la misura cautelare a suo tempo disposta nei confronti della Sig.ra Cecilia Marogna, a carico della quale è di imminente celebrazione il giudizio per un'ipotesi di peculato commesso in concorso con altri. L'iniziativa intende, tra l'altro, consentire all'imputata" di "partecipare al processo in Vaticano, libera dalla pendenza di misura cautelare nei suoi confronti". 

I legali della difesa: "Doveva esserci affermazione dell'errore"

"Ciò che è accaduto oggi ci lascia sconcertati, questa è una fuga senza onore, da parte del Vaticano doveva esserci un'affermazione sul fatto che avevano sbagliato, che non c'erano le basi giuridiche per arrestarla con un provvedimento che l'ha portata per 17 giorni in carcere", hanno spiegato gli avvocati Fabio Federico e Maria Cristina Zanni, legali di Marogna. Inoltre, la difesa ha chiesto, in particolare, ai giudici che l'estradizione non deve essere concessa per assenza delle basi giuridiche, dato che il Vaticano, a detta dei legali, "ha agito senza una base legale per ottenere il mandato di cattura" che ha portato in carcere a Milano la donna il 13 ottobre (poi scarcerata il 30 ottobre). Stamani "alle 8.30 - hanno spiegato gli avvocati - sul fil di lana, hanno mandato questo documento senza prendersi, però, la responsabilità di dire che c'era stato un errore". Noi, hanno aggiunto i difensori, "eravamo qua per discutere, per far riconoscere nel merito che questa vicenda non poteva nemmeno iniziare". Dopo l'intervento della difesa, la quinta penale della Corte d'Appello milanese si è riservata di decidere.

17:21 – I legali: “Ci è stata negata piena giustizia”

"Che peccato! Siamo profondamente dispiaciuti che, per la retromarcia dell'ultima ora dei Promotori di Giustizia e del Giudice Istruttore del Vaticano, non abbiamo potuto ottenere piena giustizia con una sentenza che avrebbe riconosciuto l'infondatezza e l'arbitrarietà delle loro precedenti insistite richieste di far incarcerare la madre di una bambina di dieci anni", scrivono gli avvocati Dinoia, Federico e Zanni. "Dobbiamo purtroppo prendere atto - scrivono i legali - con grande dispiacere, che, dopo tre mesi di sofferenze della signora Marogna e dei suoi familiari, dopo che le Autorità giudiziarie italiane avevano ripetutamente affermato l'ingiustizia della sua carcerazione preventiva e delle altre misure contro di lei, quando ormai si era alla resa dei conti, quando cioè era giunto il momento che la Corte d'Appello di Milano negasse l'estradizione, alla fine il Giudice Istruttore ed i Promotori di Giustizia del Vaticano si sono arresi. Certo - aggiungono - è stata una resa senza onore: anziché riconoscere i loro errori, hanno revocato il mandato di cattura, sottraendosi al confronto con noi e al giudizio della Corte". "Altrettanto certo - spiegano ancora i legali - è che la revoca non sia intervenuta, come vorrebbe far credere il comunicato odierno dei Promotori di Giustizia, per consentire alla signora Marogna di partecipare libera al processo in Vaticano, perché altrimenti l'infondato mandato di cattura non lo avrebbero emesso fin dall'inizio né avrebbero alimentato per tre mesi, con quattro diverse istanze, le loro pretestuose richieste di arresto e di estradizione". È paradossale, sostiene ancora la difesa, "che ora tentino, addirittura, di far ricadere sulla signora Marogna la causa della loro retromarcia, per non essersi fatta interrogare a Cagliari. Infatti, come ha affermato il Ministro di Giustizia in questa vicenda e come ha ribadito il Tribunale di Roma in un'altra vicenda, non esiste alcun accordo di assistenza giudiziaria fra l'Italia e lo Stato della Città del Vaticano, quindi i Promotori di Giustizia non avevano alcun diritto di chiedere quell'interrogatorio e la signora Marogna aveva il sacrosanto diritto di scegliere di difendersi nella sede istituzionale, che era appunto la Corte d'Appello di Milano, da dove però loro si sono sfilati".

I fatti

Lo scorso 17 dicembre, la Cassazione aveva disposto l'annullamento senza rinvio con perdita di efficacia della misura cautelare disposta per Marogna dai giudici milanesi che avevano convalidato l'arresto. Marogna, difesa dai legali Massimo Dinoia, Fabio Federico e Maria Cristina Zanni, era stata scarcerata già il 30 ottobre (le è stato poi tolto anche l'obbligo di firma). La Suprema Corte ha parlato di "un vuoto motivazionale che determina la nullità dell'ordinanza cautelare", dichiarando di fatto illegittimo l'arresto. I difensori, tra l'altro, nei loro atti hanno sostenuto che Marogna, che si è sempre definita un'esperta in relazioni diplomatiche, non poteva essere arrestata anche perché "l'accordo tra Italia e Vaticano", basato sui Patti Lateranensi, "consente l'estradizione dal Vaticano all'Italia", ma non viceversa. Quello in corso è il primo procedimento di estradizione dall'Italia verso il Vaticano, che però ora, come emerge dalla comunicazione ai giudici, ha rinunciato alla richiesta.

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