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Ultimate Spider-Man, Marco Checchetto: "Questo Peter ha scelto di essere Spider-Man"

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Gabriele Lippi

Nella serie scritta da Jonathan Hickman, Peter Parker non è mai stato morso da un ragno radioattivo e, a 35 anni, è un padre di famiglia a cui manca qualcosa... Il disegnatore padovano realizza il suo sogno e svela i retroscena dietro la lavorazione di uno dei fumetti più attesi dell'anno: "Il nostro è un Peter incompleto e diverso". L'intervista

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Il telefono squilla due volte, poi dall’altra parte risponde una voce profonda, buona, con uno spiccato accento veneto la solita inconfondibile risata contagiosa. “Sto bene, sempre di corsa con le scadenze”. Marco Checchetto è in piena corsa con Ultimate Spider-Man, la serie che sta disegnando sui testi di Jonathan Hickman e che ci racconta un lato di Peter Parker che non avevamo mai avuto modo di conoscere (in Italia la serie è pubblicata in albi da Panini Comics, il numero 1 è già uscito). Un Peter adulto, che ha sposato l’amore della sua vita, ha avuto due figli e lavora nella redazione del Daily Bugle, ma che ha vissuto gli ultimi 20 anni della sua vita senza poteri, non essendo stato morso da un ragno radioattivo quando ne aveva 15. E in qualche modo, per Checchetto, è un sogno che si realizza, un cerchio che si chiude. La nostra chiacchierata comincia da qui, da dove ne era finita un’altra di un paio di anni fa.

Quando poco meno di due anni fa ci siamo sentiti per parlare di Devil’s Reign, ti avevo chiesto con quale personaggio avresti voluto tradire Daredevil. Mi avevi risposto Spider-Man. Beh, eccoci qui…
Ma dai? Ahahahahah. Sì, ci siamo, esatto. Sono anni che rompo le scatole alla Marvel, stavolta hanno capitolato, dopo il successo di Daredevil doveva succedere ed è successo.

 

Anche se nel primo numero, di fatto, hai disegnato Peter Parker ma non Spider-Man.
È vero. È un episodio bello lungo, di 40 pagine, mentre di solito gli albi americani sono da 20. È  l’inizio di un nuovo universo e Jonathan aveva bisogno di un bel po’ di spazio per settare tutti i personaggi e metterli nei posti giusti, così ha deciso di far comparire Spider-Man dal numero 2.

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Il Peter di Ultimate Spider-Man è diverso dal solito. È cresciuto, non solo anagraficamente, ma anche come uomo. E questa cosa traspare dal suo volto e da molti altri dettagli del suo aspetto. Come avete lavorato sul design del personaggio per trasmettere questa idea di maturità?
Dovevamo per forza fare qualcosa che lo rendesse diverso. Io mi sono fatto un mazzo per cercare di superarmi nel realizzare le espressioni e di lavorare molto sul linguaggio del corpo, volevo che si capisse bene che lui non si sentiva completo all’inizio della nostra storia, che c’è qualcosa che gli manca. Jonathan lo descriveva bene attraverso i suoi dialoghi e io ho sentito la necessità di fare un lavoro più approfondito su questo aspetto. Poi abbiamo aggiunto una barba, che io tutto sommato non volevo mettere ma sia gli editori che Jonathan mi hanno chiesto di inserire per distinguerlo chiaramente dalla versione classica, gli ho un po’ ridato i capelli un po’ più lunghi che aveva nelle serie originali degli anni 60 e 70, ma tutto questo tenendo ben chiaro che è Peter Parker, anche se in questi 20 anni non è stato Spider-Man, non è stato morso dal ragno quando aveva 15 anni e ha vissuto una vita normale. E questo è reso abbastanza chiaro anche dalla sua postura, dal fatto che ha un fisico normale. Già nel numero 2, dopo il morso del ragno, ci sarà un cambiamento a livello fisico.

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La sensazione che ho avuto leggendo il primo numero è che Hickman abbia voluto dare a Peter una possibilità che in qualche modo gli era sempre stata negata. E che forse gli sarà negata anche stavolta, chissà. Però è stato bello vederlo alle prese con una vita normale. E ho trovato intriganti anche alcuni altri cambiamenti della sua storia familiare e personale. Quando ho visto un certo personaggio ho fatto “ah”, e quando ho visto che non ce n’era un altro ho fatto “ah”. Tu che impressione hai avuto quando hai letto la sceneggiatura del primo numero?
Guarda, quando ho letto la sceneggiatura ho detto “ah” (ride, ndr). L’ho trovato geniale. Perché di questo personaggio se ne parla da 60 anni e in modo molto limitato, viene sempre un po’ raccontato da Peter ma non lo abbiamo mai visto in realtà come personaggio fondamentale della storia di tutti i giorni. E credo che da questo punto di vista sia la novità più grossa della serie, più del matrimonio e più dei figli. Ci sarà una storia diversa, Peter è cresciuto in modo diverso rispetto a come è cresciuto nell’universo classico. Poi Peter non è più un ragazzino e un senso di responsabilità già ce l’ha: a 35 anni con due figli, sceglie lui di diventare Spider-Man, mentre nell’universo classico è stato un incidente. Sono dettagli importanti su cui Jonathan sta lavorando per darci uno Spider-Man veramente diverso dal solito.

 

Posso dirti una cosa? Credo di non aver mai visto una Mary Jane più bella della tua…
Grazie. Ho voluto riportare la Mary Jane di John Romita Sr., per cui quando ho fatto gli studi ho proprio chiesto al colorista di usare lo stesso pantone degli anni 60, volevo quel rosso lì, ho un po’ modificato i capelli eliminando la frangetta però è lei, ci sono le fossette, c’è tutto. È un personaggio che mi piace molto disegnare, come mi piace molto J. Jonah Jameson: li amo tutti.

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È più difficile disegnare Peter Parker con l’impermeabile e la barba o Spider-Man in costume che spara ragnatele per saltare da un grattacielo all’altro?
Ahahahahahah. Non saprei. Sono tutti e due belli complicati, dai. Però, ti ripeto, mi avessero chiesto di rilanciare Iron Man o Capitan America avrei avuto più difficoltà. Con Spider-Man ci sono cresciuto, lo conosco a menadito, non mi ha spaventato l’incarico. Ne ero molto felice e orgoglioso anche perché è successo in modo strano.

 

Ecco, come è successo?
Ero a pranzo con C.B. Cebulski, il caporedattore di Marvel Comics, a Lucca nel 2022. Erano i miei ultimi mesi su Daredevil e gli ho chiesto “avete idea di cosa farò dopo?”. Lui mi ha rigirato la domanda: “Sono io che ti chiedo cosa vuoi fare dopo?”. A quel punto gli ho risposto “lo sai già” e lui ha sorriso. A maggio mi hanno detto che avrei fatto Spider-Man, sono rimasto 5 minuti a guardare l’email prima di chiamare mia moglie. Poi lei è venuta, e mi ha detto: “Sì, ti hanno chiesto di fare Spider-Man, ma non semplicemente Spider-Man, un tuo Spider-Man, che è ancora più bello”. Dal giorno dopo ho iniziato a creare i personaggi, a studiare, e tutt’ora sto facendo gli studi dei cattivi dei comprimari per i numeri futuri.

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Una tavola di Ultimate Spider-Man di Jonathan Hickman e Marco Checchetto

Dopo una lunga e proficua collaborazione con Chip Zdarsky ora lavori con Jonathan Hickman. Hanno approcci diversi al lavoro?
Sono molto diversi ma non nella sostanza. Hanno tutti e due sceneggiature molto dettagliate e particolareggiate, mi forniscono già tutti i dialoghi, tutti i sentimenti delle scene che mi possono servire per fare il mio lavoro. Allo stesso tempo mi danno tutta la libertà del mondo, perché tutto quello che vedi su carta lo decido io. La differenza è che mentre Chip era una presenza costante e ci sentivamo anche 4 o 5 volte al giorno, Jonathan non si fa vivo mai se non una volta a settimana per fare il punto.

 

Qual è la cosa più difficile che ti ha chiesto Hickman per Ultimate Spider-Man?
Guarda, ho odiato tantissimo la scena al memoriale perché odio disegnare le scene di folla, ma ai miei sceneggiatori piace molto darmele (ride, ndr). È una rottura di scatole e ce ne sono tante: il Daily Bugle pieno di gente, il memoriale pieno di gente, il bar pieno di gente... E poi 40 pagine senza azione è stata un po’ tosta, ma ero trainato dall’entusiasmo.

 

E la cosa che invece ti ha divertito di più?
Siccome è stata una cosa su cui ho lavorato molto, è stato proprio il linguaggio del corpo per rendere i sentimenti dei personaggi. In America sono già uscite le recensioni del numero 2 e una scena tra Peter e la figlia su cui ho lavorato tanto è piaciuta molto: sono contento che sia arrivata ai lettori.

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Di recente ti sei anche concesso un’escursione manga per disegnare la variant del numero 42 di Berserk. Come è stato lavorare su quell’illustrazione?
Bello perché era una cosa che avrei voluto fare anche molto prima. Ho chiesto a Panini, sempre a Lucca perché succede tutto lì, se ci fosse la possibilità di fare una cover di Berserk. Mi avevano risposto che era quasi impossibile che i giapponesi dessero il permesso. Ci hanno provato, hanno mandato il mio profilo Instagram ai giapponesi perché vedessero come lavoravo, e loro hanno detto subito di sì. È stato molto semplice il lavoro perché avevo voglia di disegnare proprio quella scena dell’eclissi, dal Giappone sono stati felicissimi, non mi hanno chiesto nessun tipo di modifica e vediamo cosa succederà quando uscirà.

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