Sfumature di significato, a Sky TG24 la studentessa vincitrice del concorso di scrittura

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La ragazza ha vinto il contest, organizzato da Zanichelli, Scuola Holden e Sky TG24, scrivendo una riflessione sulle parole futuro e dopo trattando nel testo anche il tema del post Covid

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"La parola futuro ha sempre fatto paura, perché sempre lontana ma allo stesso tempo minacciosa. Dei 'dopo', invece, ne abbiamo sempre abusato. 'Dopo', non ti darò più la mia fiducia, non cederò alla tentazione di un futuro certo. Mi hai ingannato una volta e lo farai ancora". Sono le prime parole del testo (in fondo all'articolo l'elaborato in forma integrale) con cui la studentessa Liliana Dinaku ha vinto la sezione tg24 del contest di scrittura "Sfumature di significato", organizzato da Zanichelli, Scuola Holden e Sky TG24. La ragazza, ospite a Timeline di Sky Tg24 al fianco della direttrice editoriale di Zanichelli Elena Bacchilega e della professoressa Cecilia Maria Coppari, ha scritto una riflessione sulla parola futuro trattando anche il tema del post Covid. Tra i premi del concorso, rivolto a studenti e studentesse degli ultimi tre anni delle scuole superiori, una borsa di studio per frequentare Academy, il corso di laurea triennale in scrittura e contemporary humanities della Scuola Holden.

"Il dopo viene più semplice, non lo dobbiamo programmare"

"Ci capita molto di più di pensare al dopo rispetto a programmare il futuro. Il dopo viene più semplice, non lo dobbiamo programmare. In una realtà in cui andiamo sempre più veloci, ci viene più semplice usare un dopo rispetto a un futuro programmato", ha detto Liliana Dinaku. "Siamo passati da un periodo in cui avevamo determinate abitudini e con l'inizio del Covid le abbiamo perse. Lo sforzo era quello di ricercare quelle certezze che non avevamo più, cercare un dopo ancora certo, ma che in realtà non era proprio certo".

JINAN, CHINA - DECEMBER 16:  (CHINA OUT) Chinese Literature Nobel laureate Mo Yan talks about "Literature and Life" at Shandong University on December 16, 2014 in Jinan, Shandong province of China. French Literature Nobel laureate Jean-Marie Gustave Le Clezio and Chinese Literature Nobel laureate Mo Yan attend a dialogue with the theme of "Literature and Life" on Tuesday in Shandong.  (Photo by Visual China Group via Getty Images/Getty Images)

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Il concorso

Il concorso verteva sulla scrittura di un elaborato di 1.400 parole scegliendo una delle sette tracce proposte. Chi partecipava poteva servirsi del documento autentico che accompagnava ciascuna traccia e dell’elenco di parole selezionate appositamente dal vocabolario Zingarelli 2024, uscito a maggio, con le loro sfumature di significato.

È stata scelta a Padova, nell'aula magna di Palazzo del Bo, la cinquina finalista della 61/a edizione del premio letterario Campiello promosso da Confindustria Veneto. A contendersi la 'vera da pozzo', quest'anno, saranno 'La Resistenza delle donne' di Benedetta Tobagi (Einaudi); 'Diario di un'estate marziana' di Tommaso Pincio (Perrone editore); 'Centomilioni' di Marta Cai (Einaudi); 'La Sibilla. Vita di Joyce Lussu' di Silvia Ballestra (Laterza) e 'In cerca di Pan' di Filippo Tuena (Nottetempo). La cinquina è emersa dalle votazioni della giuria dei letterati, presieduta per il terzo anno consecutivo da Walter Veltroni. ANSA/US FONDAZIONE CAMPIELLO +++ NO SALES, EDITORIAL USE ONLY +++ NPK +++

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La traccia

La traccia proposta da Sky Tg24 chiedeva di ragionare sul concetto di dopo, in un mondo dove due grandi eventi - la pandemia e la guerra – hanno scosso le fondamenta del nostro modo di pensare al domani. Dopo inteso non come rinvio o rinuncia, ma esercizio della nostra capacità di immaginare, pianificare e costruire il futuro. È un tema complesso e per aiutare ragazze e ragazzi a svolgerlo Zanichelli ha messo a loro disposizione una "cassetta degli attrezzi" da cui attingere: le sfumature di significato.

Alcuni dei titoli presenti nella classifica

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Il testo che ha vinto il contest

Prospettive

La parola futuro ha sempre fatto paura, perché sempre lontana ma allo stesso tempo minacciosa. Dei “dopo”, invece, ne abbiamo sempre abusato. “Dopo”,non ti darò più la mia fiducia, non cederò alla tentazione di un futuro certo. Mi hai ingannato una volta e lo farai ancora.
Il primo ”dopo” era a 4 anni: una volta usciti dall'ospedale avremmo preso un gelato. Il ”dopo” per me era un premio per aver fatto la brava dopo essermi slogata la caviglia, e ci stavo andando di corsa. Il ”dopo” per il signore in giacca e cravatta era che probabilmente avrebbe perso il lavoro per il ritardo fatto. E ci andava camminando. Il ”dopo” per la signora anziana stesa sul lettino erano tre ore, in cui avrebbe ripensato a tutta la sua vita, avrebbe trascorso gli ultimi attimi con i familiari, eppure era ferma e non chiamó nessuno.
Nella mia infanzia i ”dopo” erano certezze, erano promesse mantenute, era il mare fisso sotto casa, era andare a scuola in orario, d'inverno, con la sciarpa che mi copriva il naso quasi da non respirare e un giubbotto forse troppo grande. Era vedere mia madre affacciata alla finestra che mi scrutava correre su per le scale, era il pranzo pronto, erano i regali di Babbo Natale, era tenersi per mano, erano sogni e fantasia, era preparare le crostatine, era salire in braccio a mio padre quando vedevo un cane più alto di me. Poi i letti a castello, le prime amiche, tendere mani e non sapere che cosa fossero gli schiaffi.
Era speranza, erano i miei parenti lontani, era sporcarsi di fango, dormire in tenda nei boschi, era paura e sicurezza, era amare le fragole, era essere complice con mio fratello, era la mia voglia a forma di uva, era viaggiare sulla nave. Erano i piedi nudi per casa, la nostra casa a Numana e poi a Sirolo, il sole sulla pelle, il sole dentro e fuori casa sul viso dei miei genitori. Era un continuo andare avanti correndo, senza essersi mai sbucciati un ginocchio.
Il ”dopo” nella mia adolescenza diventano i litigi, l’avere dubbi costanti, il ricercare quel qualcosa di rassicurante che prima avevo; erano le prese in giro, la mia provenienza, il mio cognome, gli schiaffi quando tendevo la mano. Poi “dopo” è stata la bocciatura, seguire gli altri, il disorientamento. Il voler essere invisibilmente normale.
Lacrime nascoste e sorrisi finti, la rottura con chi mi circondava e con me stessa. Ma erano ancora le passeggiate al mare d’inverno, le pedalate per i parchi, l’aver festeggiato il compleanno in famiglia, l’imparare a farsi forza. In quel mio “dopo”, c’erano anche i primi amori, le prime delusioni, il profumo di lavanda.
“Dopo” sono state strade sbagliate, aver paura di uscire di notte e dover crescere per forza.
Il ”dopo” nel 2020 è ricucire le ferite, è accettazione, è rialzarsi, è aver fatto pace con molte parti di me, è voler imparare la lingua originaria dei miei genitori. E’ responsabilità, è rivedere le foto vecchie con le lacrime agli occhi, è provare a far crescere le piante sul balcone, è aver fatto morire per 4 volte dei cactus perché me ne prendevo troppo cura e capire che a volte è questo il problema: dare troppo a chi non può riceverlo. È aver festeggiato il mio 18esimo è il mio 19esimo due secondi dopo: è aver paura del tempo. È voler essere Liliana, finalmente.
È il Covid, è l’ansia, è aver paura che la mia famiglia si ammali, è voler dire loro “ti voglio bene” e non riuscirci, è stare chiusi in casa, avere il tempo da dedicare a tutte le cose che passavano in secondo piano: dare finalmente vita ai “dopo” non rispettati, era avvicinarmi, era leggere più libri di quanti ne avessi in mente, scambiarli con mia madre una volta finiti, erano serie tv iniziate con mio fratello, era l'aria pulita alla finestra.
Avere tanto tempo e buttarlo, perdere contatto con il mondo esterno, rompere con il mio ex e non rispondere a chiamate su chiamate, proprio come non rispondevo alle tante chiamate esistenziali. È poter uscire di nuovo, ma con paura, è sentirsi socialmente sconnessi, è perdere il bello di tutto ciò che è all'esterno, sono gli attacchi di panico, è ingrassare con la paura della bilancia, è prendere appuntamenti con le amiche quando eri su di morale e cercare successivamente una qualsiasi scusa plausibile per dare buca, è la tristezza negli occhi di chi guardi, è mio fratello che non esce più di casa, è non vedere reazioni, solo impercettibili segni con la testa di consenso o dissenso.
E ora il mio ”dopo” è provare a relazionarmi di nuovo con gli altri, è crescita, è aver fatto 20 anni e sentirsi vuoti, è decidere dove fare il primo tatuaggio, è tornare a scuola ma perennemente in ritardo; è dire “ti voglio bene” alla mia famiglia, è aver comprato 6 libri nuovi, è umanità, è studiare per la patente con mio fratello, è fare il giro lungo con lui in macchina per tornare a casa, è aver paura ancora degli sbagli, è ancora aver paura del tempo che passa ma provare a fare qualcosa. E ti mando un messaggio in risposta al tuo: “ti sto venendo a prendere, va bene?”. È il mio “dopo” che ti suona sul cruscotto della macchina. È il mio “dopo” che ti distrae dalla strada.
È il mio ”dopo” a cancellare il tuo.
E se potessi ti regalerei tutti i dopo che mi restano senza di te. Nel tuo ”dopo” forse avresti continuato l’università, forse saresti andato a lavorare, forse avresti fatto qualcosa che non amavi solo per poter andare avanti, forse avresti vissuto la guerra, forse avresti vissuto la pace, avresti visto le macchine elettriche farsi largo, non avresti sentito più il rumore per strada quando attraversi, forse saresti andato a piedi, forse avresti continuato con l'informatica, forse saresti tornato in Albania a rivedere i parenti e mi avresti portato con te, avresti rivisto la spiaggia e i boschi d'estate, la neve d'inverno, avresti fatto un pupazzo di neve.
Forse avresti preso casa a Firenze, ricordandoti di quando ci siamo andati insieme. O in America, tu che sapevi bene l’inglese. O invece avresti passato un'altra serata d'estate a Marcelli lungomare, avresti preso il gelato alla stracciatella e nocciola senza panna. Forse avresti continuato a vivere anziché restare nei ricordi dei “dopo” passati senza di te.
Liliana Dinaku.

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