Pubblicato in due volumi da Saldapress, il lavoro di Tim Seeley è un horror che fa critica sociale rifiutando i sentimenti di odio ed esclusione come risposta alla paura
I mostri camminano a fianco a noi, nelle nostre vite, calpestando la nostra stessa terra. Non sono confinati in un mondo di fantasia, nei nostri incubi, nelle nostre paure più recondite. I mostri sono generati dal sonno della ragione, certo, ma anche dall’abbandono delle periferie a sé stesse, da quelle spirali di povertà e disperazione che generano odio e rabbia. La campagna americana si è dimostrata negli ultimi anni terreno particolarmente fertile per questi mostri, e Tim Seeley, che da quel contesto rurale proviene, ha saputo intercettare questi sentimenti e questa tematica a modo suo. Con un fumetto, naturalmente, splendidamente disegnato da Corin Howell, Rosso Profondo (Saldapress, due volumi, 19,90 euro cadauno), una storia di vampiri e mannari che strizza l’occhio all’immaginario di serie come True Blood per rendersi strumento di critica sociale, come nella tradizione del miglior horror.
Rosso Profondo, la trama
Rosso Profondo racconta la storia di Chip, giovane inserviente di un piccolo minimarket h24 di Fall’s End, North Dakota. Chip lavora di notte e dorme di giorno. La sua non è una scelta ma un obbligo. Se non rincasa prima dell’alba, infatti, il suo corpo comincia a bruciare. Chip è un vampiro, ma lo è a modo suo, non ama andare a caccia e uccidere e ha trovato un modo etico per sopravvivere. A sfamarlo è una volontaria, Evie, giovane nativa americana ammalata di policitemia vera, un tumore che porta il suo organismo a produrre globuli rossi in eccesso. Per sopravvivere, Evie dovrebbe recarsi periodicamente a effettuare dei salassi, così l’incontro con Chip dà vita a una perfetta relazione simbiotica che si fa prima amicizia e poi sembra potersi trasformare in qualcosa di più.
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Vampiri nazisti
Chip sembra aver trovato l’equilibrio perfetto a Fall’s End, nonostante i fastidi che gli provoca Cam, il bullo della città, prototipo e stereotipo del conservatore di ultradestra americana, seguace delle teorie complottiste di QAnon. Ma c’è di peggio, un’associazione di vampiri nazisti e suprematisti che intende prendere il controllo di Fall’s End convincendo Chip a unirsi a loro. Il guaio, però, è che Chip i nazisti li ha combattuti, durante la Seconda Guerra Mondiale, e non ha intenzione di arrendersi ora.
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Tra presente e passato
Seeley scrive una storia che segue due piani temporali: quello presente e un passato in cui, attraverso flashback e incubi, scopriamo la storia di Chip, al secolo Charles Ipswich, soldato americano ammalatosi di difterite sulla strada per Parigi, abbandonato dal suo plotone e salvato dal Cambion, una ragazza metà umana e metà demone, una giovane vampira, che getta la maledizione della vita eterna su Chip.
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Il messaggio
Ed è attraverso il confronto tra la guerra del passato e quella del presente, una più lampante e alla luce del sole, l’altra meno evidente, nascosta dalle ombre e dalle tenebre, che Seeley lancia il suo messaggio che è allo stesso tempo un grido d’aiuto per l’America rurale e l’affermazione del principio che si può combattere per la propria dignità senza lasciarsi sopraffare dall’odio, dal rancore, dal razzismo.
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Disegni e colori
Il comporto grafico affidato alle matite di Corin Howell e ai colori di Mark Englert è accattivante, con uno stile da comics americano che esalta la sensualità di volti e corpi di personaggi quasi sempre belli e una resa della versione animalesca dei mutaforma che strizza l’occhio alla tradizione Disney. Domina, come prevedibile, il colore rosso del sangue, con scene splatter esplicite ma mai disturbanti. Frequente l’utilizzo di vignette grandi e splash page per esaltare il talento di Corin Howell.
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Il modello su cui è basato Chip
Rosso Profondo è sicuramente un fumetto di genere interessante, che intrattiene e a tratti commuove, che tradisce fin dalla prefazione affidata allo stesso Seeley il suo intento sociale, rendendolo esplicito da subito. È l’autore a dirci che il personaggio di Chip è modellato sulla figura del nonno, figlio di contadini immigrati dalla Cecoslovacchia, soldato della Seconda Guerra Mondiale, fondatore di una fabbrica di mattoni, capace di combattere le paure senza venirne sopraffatto e senza che queste alimentassero in alcun modo sentimenti d’odio, esclusione e prevaricazione. Di questi tempi, per nulla banale.