
Autonomia differenziata, tra salute e infrastrutture: le possibili conseguenze economiche
I governatori di centrosinistra e le parti sociali sostengono che il ddl proposto dal ministro per gli Affari Regionali Calderoli, approvato ieri in Cdm, non farebbe altro che aumentare il divario tra Nord e Sud. Per la maggioranza è invece un'occasione per una forte organizzazione amministrativa. Tra le materie su cui le amministrazioni locali potranno rivendicare un ampliamento delle loro competenze, anche energia e trasporti

Il Consiglio dei ministri ha approvato il ddl sull'autonomia differenziata messo a punto dal ministro per gli Affari regionali, Roberto Calderoli. La polemica sul tema sembra però destinata ad andare avanti a lungo. Da un lato ci sono i governatori di centrosinistra e le parti sociali, secondo cui la riforma non farebbe altro che aumentare il divario economico tra Nord e Sud Italia. Dall’altra parte c’è il centrodestra, che vede nell’autonomia soltanto uno strumento per un’organizzazione amministrativa più efficace di quella attuale
Autonomia differenziata, i punti della bozza di riforma
Tra le 23 materie che potrebbero essere gestite dalle Regioni ci sono la salute, le infrastrutture, i porti e gli aeroporti, i trasporti, la distribuzione dell’energia
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La legge quadro proposta da Calderoli (in foto) punta a semplificare le procedure, accelerare e sburocratizzare i procedimenti con cui una Regione può (non deve) assumersi la responsabilità di gestire le materie per cui, sulla base della Costituzione, può farlo. Il tutto, nell’ottica di una distribuzione delle competenze che risponda meglio ai principi di sussidiarietà e differenziazione
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L'attribuzione delle funzioni non è però libera, ma viene subordinata alla determinazione dei Lep, i livelli essenziali delle prestazioni che garantiscano gli stessi diritti civili e sociali su tutto il territorio nazionale, insieme ai relativi costi standard
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Andranno determinati con decreto del presidente del Consiglio dei ministri. L'ultima Manovra ha istituito una cabina di regia che - entro il 2023 - dovrà individuarli sulla base delle ipotesi della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Se dalla determinazione dei Lep derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, le funzioni possono essere trasferite dallo Stato alla Regione "solo dopo l'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi di stanziamento delle risorse finanziarie coerenti con gli obiettivi programmati di finanza pubblica"

Per il governatore della Puglia, Michele Emiliano (in foto), il meccanismo previsto non è sufficiente a garantire equità tra i territori. “Per fare i Lep non basta scriverli, servono 60-70 miliardi di euro da investire per permettere al Sud di essere allo stesso livello del Nord. È un processo lungo, non siamo contro l'autonomia differenziata, siamo contro al farla rapidamente", ha detto a SkyTG24

"Su cosa noi potremmo essere d'accordo? Sul fatto che lo Stato fa un progetto decennale di riequilibrio tra Nord e Sud basato su diritti uguali per tutti, che si stabilisce che da una certa data, non immediata, le Regioni una volta equiparate possono chiedere materie supplementari. Nulla, a quel punto, vieta di dare più poteri alle Regioni", ha detto ancora Emiliano

Come potrebbe il sistema previsto dalla bozza di riforma esacerbare le disparità tra le Regioni? Pur non riferendosi strettamente e una questione economica, ha toccato il tema il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, parlando di sanità. “Se facciamo accelerare le Regioni che già oggi stanno avanti è naturale che le diseguaglianze aumenteranno ancora di più e quindi la fuga al Nord dei pazienti non può che crescere”, ha detto

Per quanto riguarda le risorse umane, strumentali e finanziarie necessarie all'esercizio delle funzioni, la bozza prevede che andranno determinate da una commissione paritetica Stato-Regione. Il finanziamento avverrà attraverso compartecipazioni al gettito di uno o più tributi o entrate erariali regionali, senza nessun riferimento alla spesa storica

La legge prevede misure perequative e di promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale: anche nelle Regioni che non concludono intese, lo Stato promuove l'esercizio effettivo dei diritti civili e sociali, anche con interventi speciali. Dalla legge non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica
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