Imu seconda casa, sono possibili esenzioni o riduzioni: requisiti e come fare richiesta

Economia
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Introduzione

Il prossimo 16 dicembre scade il termine per pagare la seconda rata dell’Imu. L’Imu, acronimo di Imposta municipale propria, è una imposta che deve essere pagata dai possessori di alcuni fabbricati: sono escluse le abitazioni principali, tranne quelle classificate nelle categorie catastali da A/1, A/8 e A/9 (che raggruppano gli immobili di maggior pregio e lusso). Anche per le seconde case, però, ci sono delle esenzioni o riduzioni. Ecco i dettagli

Quello che devi sapere

Cos’è l’Imu

L’Imu è stata introdotta nel 2012 in sostituzione dell’Ici, l’imposta comunale sugli immobili, ed è poi stata rimodulata alla fine del 2019. Ora l’imposta è dovuta per il possesso di:

  • fabbricati, esclusa l’abitazione principale (salvo che si tratti di un’unità abitativa classificata nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9);
  • aree fabbricabili;
  • terreni agricoli.

 

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Chi deve pagare

Il pagamento spetta ai seguenti soggetti:

  • proprietario dell’immobile;
  • titolare del diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sull’immobile;
  • genitore assegnatario della casa familiare a seguito di provvedimento del giudice;
  • concessionario nel caso di concessione di aree demaniali;
  • locatario per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria.

L’Imu, quindi, non deve essere pagata anche dall’occupante dell’immobile.

 

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Le abitazioni principali

Come detto, dal pagamento dell’Imu sono escluse le abitazioni principali che non sono qualificate catastalmente come case di lusso. L’abitazione principale è definita come “l’unità immobiliare in cui il soggetto passivo e i componenti del suo nucleo familiare risiedono anagraficamente e dimorano abitualmente”. 

 

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I dubbi

La definizione di abitazione principale, nel corso del tempo, ha sollevato diverse discussioni: in gioco, infatti, ci sono i requisiti che permettono di avere l’esenzione. In un primo momento, ad esempio, era richiesto che per configurarsi come abitazione principale era necessario che tutto il nucleo familiare del proprietario della casa avesse la dimora abituale e la residenza anagrafica in quell’immobile. Più tardi la Corte Costituzionale ha stabilito che per configurarsi come abitazione principale basta che sia la dimora abituale e la residenza anagrafica del possessore, non del suo intero nucleo familiare. Una interpretazione ribadita anche dalla Cassazione.

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L’esenzione

Ma nei casi dubbi, come si fa a dimostrare che si sta parlando dell’abitazione principale? In altre parole, cosa serve per chiedere l’esenzione dall’Imu? Di certo non basta dichiarare di abitare abitualmente nella seconda casa per ottenere l’esenzione, ma bisogna provare che ci sia una residenza effettiva e non solo formale.

I documenti

Prima di concedere l’esenzione di una seconda casa dall’Imu, i Comuni richiedono alcune “prove” che certifichino la presenza stabile e continuativa in quell’abitazione. La documentazione comprende, prima di tutto, l’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente. Poi, tra le altre prove, c’è la scelta del medico di base: deve essere stata effettuata utilizzando l’indirizzo di quella casa. Si possono prendere in considerazione anche le utenze di luce, gas, acqua: devono attestare consumi regolari e costanti nel corso dei mesi. Ma anche su quest’ultimo punto ci sono state diverse discussioni: ogni caso, infatti, è diverso e può essere che una persona viva abitualmente in una casa ma consumi poco per via del suo lavoro e degli impegno che la tengono lontana dall’abitazione. Tra le prove, c’è anche la presenza o meno degli arredamenti. In ogni caso, la richiesta di esenzione deve essere presentata al Comune, che effettuerà i controlli.

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Le riduzioni

A proposito di Comuni, la normativa prevede che possano diversificare le aliquote dell’Imu e introdurre delle esenzioni o riduzioni per alcuni casi specifici. Proprio nei giorni scorsi il ministero dell'Economia ha rivisto alcune regole, aprendo a nuove possibilità per i sindaci: i primi cittadini, ad esempio, possono prevedere una tassazione più leggera per "chi ha case al mare e magari ci passa molti mesi, senza darle in affitto" o per le abitazioni inagibili. Le novità, anticipate dal Messaggero, sono contenute nell'allegato al decreto siglato dal viceministro Maurizio Leo e andato in Gazzetta ufficiale nei giorni scorsi. Il ministero ha anche "fissato alcuni paletti entro i quali i Comuni possono agire e dettato standard da seguire”: ad esempio, non potrà essere superata l'aliquota massima. I nuovi criteri varranno per le aliquote 2026.

Le novità

Per le amministrazioni, quindi, il documento rappresenterebbe la griglia dentro la quale muoversi. Da una parte, il testo rivede in modo più semplice alcune casistiche che erano già state individuate; dall'altra parte, introduce per i sindaci interessati la possibilità di tagliare l'imposta sullo stato del fabbricato e lascia spazio a esigenze locali e condizioni dei contribuenti.

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Le case al mare e gli immobili inagibili

Anche per le case al mare, a discrezione dei sindaci, si potrebbe pagare di meno. La chiave sarebbe nelle regole stabilite per gli immobili "a disposizione". Le indicazioni del ministero, infatti, le definiscono come abitazioni non locate e non concesse in comodato, indicando anche la possibilità di prevedere un numero di mesi l'anno nei quali l'immobile deve essere in questa condizione così da prevedere una diversificazione delle aliquote. Una novità riguarda anche la tassazione per gli immobili inagibili: prima i sindaci potevano prevedere aliquote agevolate p esenzioni per gli immobili resi inagibili da eventi calamitosi, ora possono estendere il beneficio anche alle case rese non abitabili da “cause diverse” dalle catastrofi naturali.

 

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