Dazi sulla pasta, i pastifici italiani preparano azioni legali. Ue pronta a intervenire

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Scattano le prime reazioni contro la nuova misura protezionistica americana. Le tariffe potrebbero entrare in vigore dal 2026, colpendo produttori nazionali accusati di dumping. Tra le aziende coinvolte, Barilla e Rummo annunciano ricorsi e difese legali, mentre gli agricoltori temono effetti a catena. Il governo e la Commissione Ue promettono di seguire il caso da vicino in coordinamento con Washington. Per l’Italia è in gioco un mercato da 700 milioni di dollari e un simbolo del Made in Italy

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Bruxelles entra in campo per difendere la pasta italiana dal super dazio del 107% deciso dagli Stati Uniti. Dopo l’intervento della Farnesina e del ministero dell’Agricoltura, anche la Commissione europea ha preso in mano il dossier, assicurando di agire in coordinamento con il governo italiano. "Siamo in contatto con Washington e pronti a intervenire se necessario", ha dichiarato il portavoce comunitario Olof Gill.
Come riporta il Sole 24 Ore, il provvedimento americano è l’esito di un’indagine antidumping condotta dal Dipartimento del Commercio statunitense, che accusa tredici marchi italiani di aver venduto pasta sul mercato Usa a prezzi inferiori al valore reale. La misura, che prevede un dazio antidumping del 91,74% sommato al 15% già imposto la scorsa estate, potrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2026.
Il mercato americano della pasta vale per l’Italia circa 700 milioni di dollari l’anno, secondo solo a quello tedesco. Gli Stati Uniti importano complessivamente pasta per 1,6 miliardi di dollari, e quella italiana è venduta a prezzi più alti rispetto al mercato interno, con rincari medi del 30-50%. Il Codacons conferma che negli Usa le confezioni dei marchi più noti possono costare dai 3,5 ai 10 euro al chilo, a seconda dei canali di vendita.

Il settore dei pastifici rischia di essere travolto

Tra le aziende coinvolte, alcune delle quali, come Barilla e Rummo, stanno già preparando i ricorsi, figurano marchi storici come Garofalo, La Molisana e Sgambaro. L’indagine, avviata lo scorso anno e formalizzata in un memorandum del 28 agosto, stabilisce un “dumping margin” specifico per Garofalo e La Molisana, esteso poi anche agli altri undici produttori che hanno partecipato alla revisione amministrativa annuale. Un meccanismo che, secondo gli imprenditori italiani, rischia di travolgere l’intero settore.
"È una decisione ingiusta che colpisce tutto il comparto – spiegano da Barilla –. Stiamo valutando contromisure, incluso il deposito di una memoria difensiva". Ancora più dura la posizione di Cosimo Rummo, presidente dell’omonimo pastificio: "Il dazio scatterebbe da gennaio, ma con effetto retroattivo di dodici mesi. È assurdo: vendiamo negli Stati Uniti mezzo chilo di pasta a 4,5 euro, dove sarebbe il dumping?".
Per Claudio Costantini, direttore del pastificio Sgambaro, il rischio è di un effetto domino: "I nostri acquisti di grano sono già stati fatti. Se i dazi verranno confermati, dovremo riversare enormi volumi sul mercato europeo, con conseguenze pesantissime".

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Minacciata l'intera filiera produttiva

Le ripercussioni economiche non si limiterebbero ai produttori: a essere minacciata è l’intera filiera del grano duro, coltivato in Italia per circa il 60% del fabbisogno della pasta nazionale. "L’impatto sarebbe devastante per agricoltori e imprese – ha avvertito Antonio Boselli, presidente di Confagricoltura Lombardia –. Solo nella nostra regione ci sono oltre 10mila ettari coltivati a grano duro". Anche il presidente nazionale di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, ha chiesto un intervento deciso del governo: "Il nostro settore opera con correttezza sui mercati internazionali. Un provvedimento del genere metterebbe a rischio imprese, lavoratori e consumatori".

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