Lavoro, a che punto siamo in Italia sulla settimana corta?

Economia
©IPA/Fotogramma

Introduzione

Da anni in Italia si discute della settimana lavorativa da quattro giorni, anziché i canonici cinque. Questo modello è già stato adottato da diversi Paesi, a cominciare dall’Islanda che lo ha testato fra il 2015 e il 2019, per poi renderlo sistematico.

 

Dal 2021 nel nostro Paese alcune aziende hanno provato a introdurre il modello lavorativo su quattro giorni. Sono iniziative in ordine sparso, ma che danno comunque una misura di cosa può voler dire riorganizzare i tempi, e i modi, del lavoro. Ecco a che punto siamo

Quello che devi sapere

La situazione in Italia

Prima di tutto va considerato un fattore importante: i lavoratori italiani rimangono i più stakanovisti d’Europa. La settimana lavorativa media arriva fino a 47 ore per gli autonomi e fino a 36,6 ore per i dipendenti, weekend compresi. In questo scenario si inseriscono poi i salari bassi, che portano tanti lavoratori a effettuare turni di straordinari per guadagnare di più. Andare quindi a inserire, sistematicamente, una riduzione importante delle ore complessive lavorate, rappresenterebbe, in Italia, un cambiamento molto impattante.

 

Per approfondire: Settimana corta per la Pubblica amministrazione, come funzionerà e cosa sappiamo

Le prime sperimentazioni nel privato

Ma partiamo dall’inizio, e cioè dalle prime sperimentazioni sulla settimana corta nel nostro Paese. Nel 2021, la società di consulenza aziendale Carter & Benson, con meno di 50 dipendenti, ha confermato il modello di quattro giorni lavorativi senza riduzione dello stipendio, dopo un anno di sperimentazione.

 

Poi è arrivato anche il mondo bancario, con Intesa Sanpaolo. Nel 2023, su base volontaria, la banca introduce la settimana corta su questo modello: le ore settimanali scendono a 36, distribuite su quattro giorni. A fine 2024, ad aderire è stata quasi la metà degli impiegati abilitati. Quasi tutti, più dell’80% del personale, la reputano “innovativa” e fondamentale per “aumentare il benessere personale e la conciliazione dei tempi di vita e lavoro”, come scrive Il Sole 24 Ore.

 

Nel 2023 è arrivato anche Time4You di EssilorLuxottica, un modello di settimana corta che riguarda anche i dipendenti delle fabbriche in Italia. A 15.000 di loro è stata data la possibilità di ritagliare “per sé e per le proprie esigenze personali 20 giornate l’anno, per lo più il venerdì, coperte in larga parte dall’azienda e in via residuale da istituti individuali”. La riduzione si ottiene per cinque settimane con l’assorbimento di permessi individuali retribuiti, mentre per le altre quindici è a carico dell’azienda.

 

Anche Lamborghini è stata tra le prime realtà in Italia a organizzarsi sulla settimana corta. Lo schema vede due situazioni differenti. Per chi lavora su due turni, ci sarà la possibilità di alternare una settimana da quattro giorni e una da cinque. Per chi, invece, lavora su tre turni, si potranno fare due settimane da quattro e una da cinque.

 

Altre realtà, invece, propongono riduzioni orarie durante l’estate. Succede in Lavazza, con il “venerdì breve”: circa quattro ore in meno di lavoro, da maggio a settembre.

 

Dallo scorso gennaio, inoltre, anche in Siae, la società italiana di autori ed editori, è possibile alternare settimane da quattro e settimane da cinque giorni.

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Nella PA

La Pubblica amministrazione a gennaio del 2025 ha fatto sapere che la settimana di quattro giorni viene introdotta in via sperimentale nel rinnovo contrattuale delle Funzioni centrali 2022-2024. In via sperimentale e in forma volontaria, prevede che si mantengano le 36 ore settimanali. Questo vuol dire una giornata lavorativa più lunga, pari a nove ore più la pausa, oltre al riproporzionamento di ferie e permessi giornalieri

In Spagna

Ma a livello legislativo, a che punto siamo sulla settimana corta? Guardando all’Europa, la proposta di legge sulla settimana corta è stata approvata dalla Spagna lo scorso maggio. I dipendenti potranno lavorare 37,5 ore a settimana, anziché le classiche 40 ore, a parità di stipendio.

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La proposta di legge in Italia

In Italia invece esiste una proposta di legge sulla settimana corta, sia nel settore pubblico sia in quello privato. Fra i punti, c’è quello di introdurre un osservatorio all’interno dell’Inapp, l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche. L’ente ha il compito di studiare quali sono gli effetti della settimana corta e, fino ad ora, è emerso che c’è una difficoltà maggiore per le aziende di alcuni settori, come ad esempio la sanità o i trasporti, che richiedono necessariamente un presidio fisso.

 

Ad ogni modo, la proposta di legge (firmata Alleanza verdi e sinistra, Partito democratico e Movimento 5 stelle) è ferma in Commissione Lavoro, alla Camera, per accertamenti. Il presidente della Commissione Walter Rizzetto, di Fratelli d’Italia, ha detto che dalla settimana corta derivano "possibili effetti onerosi per la finanza pubblica". "Ipotizzando che l’ambito di applicazione sia limitato al settore privato, a una prima valutazione, sulla base di dati rilevati dagli archivi dell’Inps e del ministero del Lavoro, la stima appare quantificabile nell’ordine di oltre otto miliardi di euro", ha spiegato.

 

Per approfondire: L’80% degli italiani vorrebbe la settimana corta e sarebbe disposta a compromessi

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