Rinnovo contratti docenti, riparte trattativa tra governo e sindacati. Le possibili novità

Economia
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Introduzione

Governo e sindacati tornano a discutere del tema dei contratti collettivi degli insegnanti. Il recente decreto Scuola ha messo a disposizione per gli insegnanti ulteriori 240 milioni di euro, cifra destinata a generare per il personale degli istituti un incremento straordinario e una tantum pari a circa 145 euro. Tale somma va ad aggiungersi agli stanziamenti già predisposti, che permettono mediamente un innalzamento retributivo di 150 euro lordi al mese. Questa però non sarà l'unica novità: ecco cosa sappiamo

Quello che devi sapere

I contratti già conclusi

Il calendario è serrato: il Ministero dell’Economia ha già iniziato a esaminare le linee guida che daranno il via alle contrattazioni per il triennio 2025-2027, segnalando che un nuovo ciclo di trattative sta per aprirsi. Nel frattempo, i contratti nazionali della Sanità e delle Funzioni centrali relativi al periodo 2022-2024 sono stati firmati, mentre all’appello mancano ancora quelli della Scuola e degli Enti locali

 

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La trattativa

I ministri Zangrillo e Valditara premono per raggiungere un’intesa quanto prima, preferibilmente entro la fine di novembre. L’Agenzia deve però fronteggiare le resistenze di Cgil e Uil, contrarie a ratificare l’accordo e convinte che l’aumento del 6% delle buste paga sia del tutto inadeguato 

 

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Gli stipendi troppo bassi e l’inflazione

Le sigle sindacali Flc Cgil, Uil Scuola RUA e Gilda degli insegnanti-Fgu, in blocco, denunciano infatti l’insufficienza dei fondi previsti dal decreto Scuola e pretendono ulteriori risorse, proponendo di utilizzare anche quelle già stanziate per il contratto del triennio successivo. Alla base delle rivendicazioni c’è un dato ben preciso: gli insegnanti italiani percepiscono retribuzioni nettamente più basse rispetto ai colleghi europei. L’ultimo dossier dell’Ocse, Education at a Glance 2025, certifica infatti che gli stipendi dei docenti nel nostro Paese risultano inferiori del 15% alla media europea

Il confronto con gli altri Paesi europei

Secondo quanto riportano i dati Ocse, nella scuola primaria gli insegnanti italiani percepiscono stipendi più bassi del 18% rispetto alla media dei colleghi europei, con scarti ancora più marcati se si guarda ai singoli Paesi: -70% rispetto alla Germania, -27% rispetto alla Spagna e -23% rispetto alla Francia. Anzi, la situazione negli ultimi tempi si è persino aggravata. Dal 2015 a oggi, infatti, gli insegnanti del nostro Paese hanno perso il 5,6% del potere d’acquisto, mentre in nazioni come Germania, Francia e Spagna gli stipendi hanno continuato a salire. Il quadro non migliora nemmeno restringendo lo sguardo alla sola Pubblica amministrazione italiana: i dipendenti del settore Istruzione e Ricerca guadagnano il 22,95% in meno rispetto ai lavoratori dei ministeri e il 18,62% in meno della media complessiva della Pa

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Piano casa e ticket restaurant

Anche per questo il ministro dell'Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha sollecitato l’inserimento dei docenti all’interno del programma Casa, insieme alle giovani coppie, così da agevolare chi deve trasferirsi per assumere l’incarico in un’altra città. Restano invece congelate le rivendicazioni sindacali sul riconoscimento dei ticket restaurant per insegnanti e dipendenti Ata: l’Aran, che negozia per conto dell’esecutivo, può dare seguito a questa istanza soltanto nella fase di contrattazione integrativa, pur trattandosi di una delle priorità indicate dalle sigle. Altra questione irrisolta è l’indennità di missione per chi lavora lontano dal proprio luogo di residenza, ostacolata dalla mancanza di fondi

Gli obiettivi dei sindacati

Oltre agli incrementi retributivi legati all’andamento reale dell’inflazione, i sindacati portano al tavolo del governo altre richieste. La prima è l’ulteriore stanziamento di fondi per valorizzare le competenze, migliorare le condizioni professionali, con l’ipotesi di inserire il burnout tra le patologie invalidanti per il personale scolastico, e riconoscere i compiti aggiuntivi di natura non strettamente didattica. Nel contratto è già stato definito, inoltre, un capitolo specifico rivolto agli insegnanti italiani in servizio all’estero. Parallelamente, il ministro per la Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo ha dato il via libera con un decreto a 58 mila nuove immissioni in ruolo per i prossimi tre anni, prevedendo già per l’anno scolastico 2025/2026 l’ingresso di 4.831 docenti

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I nodi

Come ha sottolineato il presidente dell’Aran Naddeo, l’accordo non riguarderebbe solo la parte economica, "ma anche la valorizzazione delle competenze digitali, le misure di age management, il benessere organizzativo, il rafforzamento del welfare aziendale. Il nodo resta lo stesso: coniugare vincoli di bilancio con la necessità di rendere la Pa un datore di lavoro attrattivo e competitivo". Da valutare, inoltre, anche la possibilità di allargare il potere dei dirigenti scolastici sul fronte delle sanzioni agli insegnanti, un tema che però i sindacati non vogliono discutere, visto che in questo caso la sanzione sarebbe inflitta da chi ha contestato il comportamento del dipendente e non da un organismo super partes (che garantirebbe maggiore equità)

 

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