Introduzione
Chi ha mancato di presentare la dichiarazione Imu relativa all’anno 2024 (andava inoltrata entro il 30 giugno 2025) ha tempo fino al 29 settembre per rimettersi in regola e pagare una sanzione ridotta, con il ravvedimento operoso. La dichiarazione Imu è necessaria solo quando sopraggiungono variazioni rispetto all’anno precedente, che incidono sull’ammontare dell’imposta stessa.
Quello che devi sapere
Cosa consente di fare il ravvedimento operoso
Il ministero dell’Economia e delle Finanze, comunque, ha chiarito che di fatto non esiste una dichiarazione tardiva (entro 90 giorni) e una omessa (dopo i 90 giorni). Il ravvedimento operoso prevede in ogni caso di versare l’imposta dovuta insieme agli interessi calcolati a seconda del ritardo di invio della dichiarazione e una sanzione ridotta.
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Due casi: entro i 90 giorni e dopo 90 giorni
In generale, queste sono le regole:
- in caso di dichiarazione Imu presentata entro 90 giorni dalla scadenza, si applica la sanzione ridotta a un decimo, pari a cinque euro in caso di corretto versamento;
- in caso di dichiarazione Imu tardiva oltre 90 giorni, la riduzione delle sanzioni varia in base alla tempistica di regolarizzazione, secondo le regole generali previste dalla normativa in materia di ravvedimento operoso.
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Se è stato versato un importo corretto
Se, nonostante la mancata dichiarazione, è stato versato l’importo di Imu spettante, la sanzione minima è di 50 euro: con il ravvedimento operoso entro 90 giorni si deve versare un decimo (come detto), quindi cinque euro.
Se l’importo è inferiore
Se invece l’imposta è stata versata in misura minore a quella spettante, o non è stata versata affatto, è necessario pagare: l’imposta (se non è stata pagata), gli interessi provocati dal ritardo e una sanzione che va dal 100% al 200% dell’imposta dovuta (anche questa ridotta a un decimo).
Cos’è l’Imu
L’Imu, Imposta Municipale Propria, è il tributo istituito dal governo Monti nella manovra Salva-Italia del 2011 e si paga a livello comunale sul possesso dei beni immobiliari. È operativa a decorrere dal gennaio 2012, e fino al 2013 è stata valida anche sull’abitazione principale. Dal 2011 a oggi la normativa Imu è stata sottoposta a diverse modifiche, l'ultima delle quali sopraggiunta con la Legge di Bilancio 2020, che ha cancellato la Tasi, accorpandola di fatto all'Imu.
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A cosa non si applica
L’Imu non si applica nel caso di immobili assimilati ad abitazione principale come le cooperative a proprietà indivisa prima casa di soci assegnatari o universitari, alloggi sociali, case familiari assegnate al genitore affidatario dei figli e per immobile non locato appartenente a Forze armate, polizia, vigili del fuoco o prefetti. Sono esclusi anche gli immobili di enti non commerciali destinati ad attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, culturali, ricreative, sportive e di culto.
Come si paga
Lo scorso giugno si è pagato l’acconto (la prima rata, sono due). Versato tramite modello F24, bollettino postale o sistema Pago PA. Quando si paga, si deve precisare la rata che si sta saldando e l’anno di riferimento. Sarà necessario riportare il codice ente del Comune dove è ubicato l’immobile. La legge ammette inoltre la possibilità di pagare l’imposta in un’unica soluzione entro il 16 giugno mentre per gli enti non commerciali (Enc), la data corrisponde al versamento dell’acconto e della terza rata relativa al 2024. La seconda rata, o saldo, è a dicembre.
Gli importi nel 2024: i più alti in cinque anni
Nel 2024 il gettito dell'Imu ha raggiunto i 16,9 miliardi di euro, il livello più alto registrato nell'ultimo quinquennio. Di questi, quasi 15 e mezzo sono stati incassati attraverso la riscossione ordinaria mentre il resto è frutto delle attività per il recupero dell'evasione: 1,4 miliardi che rappresentano poco più dell'8% del totale. Dal settore immobiliare arriva quindi un po’ di sollievo per le casse dei Comuni italiani.
L’andamento
Stando a un'elaborazione condotta dal Centro Studi Enti Locali e basata sui dati della banca dati Siope+ (Mef), dopo i 13,9 miliardi del 2020, il gettito era cresciuto a 14,8 miliardi nel 2021 e a 15,0 miliardi nel 2022, per poi registrare un leggero calo nel 2023 (14,37 miliardi). Nel 2024 la curva si è impennata raggiungendo i 16,9 miliardi, con un incremento di oltre 2,5 miliardi rispetto all'anno precedente, pari a una crescita del 18%.
Soprattutto a Nord Ovest
L'impennata ha interessato tutte le macro-aree del Paese. L'Italia nord-occidentale si conferma in testa con 5,24 miliardi di euro, seguita dall'Italia centrale con 3,83 miliardi, dall'Italia nord-orientale con 3,74 miliardi, dall'Italia meridionale con 2,79 miliardi e dall'Italia insulare con 1,29 miliardi.
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