Manovra, verso soglia esentasse buoni pasto di 10 euro. Cosa cambierebbe per i lavoratori
EconomiaIntroduzione
Come ogni settembre, iniziano a moltiplicarsi voci, indiscrezioni e dichiarazioni sull'infinità di interventi che potrebbero rientrare nella Manovra finanziaria per il 2026, da approvare entro fine anno. Anche quest’anno si torna a parlare di welfare aziendale, nell’ottica di provare ad alleggerire il peso fiscale sulle spalle dei lavoratori dipendenti. E ancora una volta si discute di buoni pasto.
Quello che devi sapere
Manovra 2026, ipotesi soglia esentasse buoni pasto a 10 euro
Il governo di Giorgia Meloni, per la precisione la senatrice di Fratelli d’Italia Paola Mancini (Commissione Lavoro del Senato), sta pensando di aumentare la soglia esentasse dei buoni pasto, cioè quella che non rientra nel computo del reddito, alzandola dall'attuale massimo di 8 euro a 10 euro. Si andrebbe così a recuperare almeno in minima parte il potere d’acquisto eroso dall’inflazione e dal ben documentato aumento del costo della vita, a partire da quello dei beni alimentari.
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Le stime di Anseb: “Fino a 450-500 euro nelle tasche dei lavoratori”
Secondo le stime di Matteo Orlandini, presidente Anseb (Associazione Italiana Società Esercenti Buoni Pasto), che cita i dati della Ragioneria di Stato, la novità potrebbe avere un impatto di circa 70 o 80 milioni di euro all’anno sui conti pubblici. Parlando con il Corriere della Sera, Orlandini sottolinea però che anche per i lavoratori, questa volta in positivo, l’effetto sarebbe consistente e si tradurrebbe in “circa 450-500 euro” in più in 12 mesi.
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Buoni pasto cartacei e digitali
Al momento, il valore dei buoni pasto non rientra nella soglia tassabile se è di 4 euro per quelli cartacei e di 8 euro per quelli in formato digitale
Come funziona il sistema dei buoni pasto
L’Anseb spiega sul proprio sito che gli attori sul mercato dei buoni pasto sono quattro: i datori di lavoro (per cui è comunque vantaggioso, a fini fiscali, elargire i buoni) e i lavoratori stanno agli estremi, nel mezzo ci sono le società emettitrici che vendono i buoni pasto alle aziende e gli esercizi erogatori dei servizi di ristorazione che li accettano in pagamento, come possono essere i supermercati e gli altri punti vendita di generi alimentari convenzionati
Il nodo delle commissioni
Uno dei punti da sempre dibattuti è quello delle commissioni: gli esercizi commerciali che accettano come pagamento i buoni pasto di fatto anticipano la spesa del cliente, che poi dovrà essere ricompensata dalle società emettitrici. Nei vari passaggi entrano in gioco dei prelievi, applicati proprio da chi emette i buoni pasto: il loro valore si spartisce tra i quattro attori del mercato in questione, ma resta a carico soprattutto degli esercenti, che spesso hanno lamentato questo squilibrio e lo hanno anche portato in sede giudiziale
Il tetto massimo del 5% alle commissioni sui buoni pasto
Al di là di quello che entrerà nella prossima Legge di Bilancio, negli ultimi giorni la politica era già tornata sul tema dei buoni pasto, intervenendo sulle commissioni, che fino a poco tempo fa potevano arrivare anche al 20%. Dallo scorso 1° settembre è invece diventato operativo “il tetto massimo del 5% alle commissioni”, ha ricordato il deputato di Fratelli d'Italia Silvio Giovine, primo firmatario dell'emendamento con cui, durante l'esame del ddl Concorrenza, è stata introdotta la novità
Fdi: “Buoni pasto per esercenti diventano risorsa e non onere"
Giovine ha parlato di “una svolta attesa da anni”, attribuendo il successo all’impegno di Fratelli d’Italia e di tutto il governo Meloni, mettendo “fine a una stortura insostenibile abbattendo i costi di intermediazione per gli esercizi pubblici fino ad oggi costretti a cedere anche il 15-20% del valore del buono incassato alle società emettitrici”. La misura, si stima, “potrà generare un risparmio complessivo fino a 400 milioni di euro l'anno per bar e ristoranti: un beneficio diretto per gli operatori che potranno finalmente tornare a vedere nei buoni pasto una risorsa e non un onere"
Le polemiche sul limite legale alle commissioni
Il deputato ricorda che anche una sentenza del TAR ha sottolineato "come la novità introdotta abbia determinato un forte riequilibrio delle condizioni di mercato, in passato svantaggiose a danno degli esercenti, assicurando una regolamentazione omogenea in grado di garantire condizioni che promuovano lo sviluppo concorrenziale del mercato e il rispetto dei principi di parità di trattamento, ragionevolezza, equità e utilità sociale". C'è però da dire che non tutti sono convinti di un limite legale alle commissioni: le società emittrici lamentano una violazione del principio di concorrenza.
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