Investire per il futuro dei figli, quando iniziare e quali soluzioni finanziare scegliere

Economia
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Introduzione

Iniziare a investire per i propri figli fin da quando sono piccoli può essere un’idea che, nel tempo, si rivelerà corretta. Le possibilità sono molte: si va dal mettere da parte una somma per l’università, fino al costruire un capitale per l’avvio di un’attività professionale o imprenditoriale. Ecco quali iniziative si possono prendere in considerazione e come fare

Quello che devi sapere

Piano di accumulo per l’università

Con l’aiuto di SmileconomyL’Economia del Corriere ha individuato quattro possibilità per investire per i figli. La prima è un piano di accumulo per l’università, da avviare quando il bambino va in prima elementare, cioè da quando ha 6 anni. Versando 100 euro al mese per 12 anni si potranno ottenere fino a 19mila euro.

 

La scuola primaria inizia a 6 anni. Ne servono 13 per arrivare al diploma che poi porta, per chi decide di continuare gli studi, all’università. Un piano di accumulo da 100 euro al mese può trasformarsi in un capitale di 15 mila euro, in 12 anni, oppure in 19 mila euro, a seconda che si scelga un fondo bilanciato, diviso a metà tra azioni e bond, o un portafoglio interamente azionario, spiega il Corriere. Un versamento più consistente, ad esempio di 300 euro al mese, consente di accedere a risultati più ambiziosi: rispettivamente 46mila o 57mila euro, a seconda del profilo di rischio e rendimento ipotizzati.

 

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Il fondo pensione

La seconda possibilità è quella di investire in un fondo pensione, intestato al figlio, da alimentare tra i suoi 18 e i suoi 30 anni. Questo tipo di strumento garantisce che, in futuro, il figlio abbia una rendita integrativa tra 111 euro e 1.437 euro, in base all’entità dei versamenti e alla linea d’investimento scelta. Si tratta in sostanza di una pensione “privata”, che si può accumulare nel corso degli anni per andare a integrare il futuro assegno pensionistico. Come? Mettendo da parte una porzione del proprio reddito anno dopo anno. I contributi versati sono deducibili dal reddito del genitore fino a un massimo di 5.164,57 euro annui. Se poi il figlio inizia a lavorare, potrebbe continuare lui a versare al fondo pensione, massimizzando così l’effetto degli investimenti a lungo termine. Questo strumento può essere molto conveniente se si considera che la pensione arriverà sempre più tardi e che coprirà, in media, tra il 50% e il 70% dell’ultimo stipendio.

 

"Usando una linea d’investimento azionaria, i risultati, grazie all’orizzonte complessivo che alla fine della carriera lavorativa arriva a 49 anni, si moltiplicherebbero di circa quattro volte. La volatilità sarà inevitabilmente alta, ma l’investimento di lunghissimo periodo finirà per premiare la pazienza", spiega Andrea Carbone, fondatore di Smileconomy.

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Il riscatto della laurea

C’è poi l’opzione del riscatto della laurea per fini pensionistici, trasformando gli anni di studio in anni contributivi. Con il riscatto agevolato, cinque anni di università costano 6.123 euro l’anno, per un totale di 30.615 euro, rateizzabili in 120 rate mensili da circa 255 euro, senza interessi. La convenienza di questa operazione dipende soprattutto dall’obiettivo che si ha: se si vuole anticipare l’uscita dal mondo del lavoro molto dipende da quando si è iniziato a lavorare: “Per chi si laurea in corso e inizia a lavorare subito, a 24 anni, il riscatto di cinque anni porterebbe ad un anticipo di quasi 4 anni”, osserva Carbone, “ma se s’inizia a lavorare a 27 o 30 anni, il vantaggio va progressivamente ad annullarsi”. 

 

La Rita

C’è poi il tema della Rita. Un giovane a cui i genitori avessero finanziato una parte del fondo pensione, sarà più agevolato se, quando invecchierà, vorrà smettere di lavorare prima o sarà disoccupato. Ed è proprio qui che entra in gioco la Rita, la rendita integrativa temporanea anticipata che consente di avere risorse aggiuntive nei 5-10 anni precedenti alla pensionamento di vecchiaia. Questo avviene attingendo parzialmente - o anche totalmente - al montante contributivo accumulato attraverso la propria previdenza complementare, che viene liquidata sotto forma di rendita, in attesa di ricevere la pensione pubblica.

 

Va poi ricordato che con le novità introdotte dalla Legge di bilancio del 2025, la previdenza complementare potrà servire ad anticipare la pensione senza pesare troppo sul fondo. Le risorse maturate nei fondi possono infatti contribuire a soddisfare il requisito minimo della pensione anticipata contributiva, che permette di uscire dal lavoro tre anni prima, all’età di 64, a condizione che l’assegno sia pari ad almeno 3,2 volte l’assegno sociale (dal 2030). Dal 2025, per raggiungere questa soglia, si può utilizzare anche la rendita maturata presso un fondo di previdenza complementare.

 

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