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Cos'è e come funziona la previdenza complementare
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Introduzione
Focus sui fondi pensione nell’intervento del 10 aprile, alla Bicamerale sulle gestioni previdenziali, a palazzo San Macuto, della presidente facente funzioni della Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione), Francesca Balzani.
Nel testo sottoposto ai parlamentari si precisa che "le posizioni in essere presso i fondi pensione negoziali sono circa 4,2 milioni, quelle aperte presso i fondi aperti 2,1 milioni e quelle presso i Pip 4,2 milioni, di cui 0,3 milioni ancora afferenti ai Pip vecchi”. Ecco tutte le cifre
Quello che devi sapere
I fondi pensione in Italia valgono 243 miliardi
- Le risorse destinate alle prestazioni accumulate dalle forme pensionistiche complementari alla fine del 2024 ammontano, "sulla base di dati ancora preliminari, a 243 miliardi di euro", pari al "10,8% del Pil e al 4% delle attività finanziarie delle famiglie italiane”, ha riferito Balzani nella sua audizione. Il dato è in aumento, dato che, nella relazione annuale della Covip relativa all'esercizio 2023 (presentata lo scorso anno) si leggeva che il patrimonio dei fondi era pari a 224,4 miliardi.
Per approfondire:
Investimenti, perché i fondi pensione italiani sono più al sicuro di quelli Usa
Totale degli iscritti sfiora i 10 milioni
- Inoltre, alla fine del 2024, "l'offerta di strumenti di previdenza complementare si compone di 33 fondi negoziali, 38 aperti, 69 piani individuali pensionistici (Pip), 151 fondi preesistenti" e il "totale degli iscritti è arrivato a sfiorare i 10 milioni, a fronte di posizioni individuali in essere che superano gli 11 milioni". Nel testo sottoposto ai parlamentari si precisa che "le posizioni in essere presso i fondi pensione negoziali sono circa 4,2 milioni, quelle aperte presso i fondi aperti 2,1 milioni e quelle presso i Pip 4,2 milioni, di cui 0,3 milioni ancora afferenti ai Pip vecchi. Circa 700.000 sono le posizioni nei fondi preesistenti”.
I rendimenti negli anni
- Tra l'inizio del 2015 e la fine del 2024 i rendimenti netti medi dei fondi pensione negoziali sono stati del 2,2% annuo, un dato inferiore a quello della rivalutazione del Tfr (2,4%). Hanno fatto meglio negli ultimi 10 anni i rendimenti dei fondi pensione aperti (2,4%) e dei Piani individuali pensionistici nuovi (2,9%). Se si guarda al solo 2024, i redimenti netti dei fondi negoziali sono stati del 6% a fronte di una rivalutazione del Tfr dell'1,9% mentre quelli dei fondi aperti sono stati del 6,5% e quelli dei Pip nuovi del 9%, dato legato all'andamento dei mercati.
Cos’è un fondo pensione e come funziona?
- Ma cos’è un fondo pensione? Si tratta in sostanza di una pensione “privata”, che si può accumulare nel corso degli anni per andare a integrare l’assegno dell’Inps. Come? Mettendo da parte una porzione del proprio reddito anno dopo anno. I capitali si possono mettere a rendita in uno degli oltre 300 fondi di investimento specifici per questa forma di risparmio. I soldi che si risparmiano anno dopo anno in questo modo potranno fruttare dei rendimenti che si avranno momento della pensione.
- Lo Stato incentiva questa scelta attraverso uno sconto fiscale: i risparmi che si destinano in un fondo previdenziale fino a poco più di 5.000 euro all'anno saranno tassati al momento della pensione al massimo al 15%, a differenza di quanto accade in busta paga, in cui le imposte possono arrivare fino al 43% per i redditi più alti. E per i lavoratori dipendenti c'è anche l'opzione di destinare al fondo pensione il proprio Tfr.
- Anche chi è lavoratore autonomo o libero professionista può aderire a un fondo pensione aperto, decidendo autonomamente il tuo contributo e la periodicità di versamento.
I rischi e le tempistiche
- Va ricordato che comunque ci sono anche dei fattori a cui fare attenzione: si tratta di investimenti che, per quanto regolati e controllati dalle autorità di competenza, hanno sempre un margine di rischio. Inoltre, i soldi destinati alla previdenza complementare non si possono utilizzare per altri scopi, se non in casi eccezionali, come ad esempio l'acquisto di una casa o per cure mediche.
- Ad ogni modo, prima si parte e meglio è: anche soli 5 o 10 anni di attesa per l’iscrizione possono ridurre i risultati finali di un terzo.
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