Introduzione
Ogni anno si torna a discutere della condizione in cui versano le spiagge italiane. Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca dell’ambiente, spiega che in media sono profonde circa 35m e occupano circa il 41% delle coste, ovvero più o meno 3400 km, su un totale di oltre 8300 km. Molte di queste non sono libere, ma private.
Quello che devi sapere
Stima al ribasso
Il governo stima che solo il 33% delle coste italiane sia oggetto di concessioni. In realtà, spiega Legambiente, il dato è sottostimato: il calcolo è stato effettuato sul totale della costa italiana e non sulle sole aree balneabili e di costa bassa, includendo quindi anche i tratti di costa rocciosa, quelli non accessibili, le spiagge non appetibili per motivi oggettivi o quelle che non possono essere date in concessione perché sono presenti infrastrutture e manufatti.
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Fino al 70% occupato da lidi
Prosegue Legambiente: “I criteri tecnici utili a determinare la sussistenza della scarsità della risorsa naturale tengono conto del dato nazionale, aggirando l’importante questione di fondo degli squilibri rispetto alla diffusione degli stabilimenti balneari nel nostro Paese, ossia la presenza di regioni dove il litorale è occupato al 70% (come Liguria, Emilia-Romagna e Campania) e ancor di più in specifici Comuni, mentre in altre regioni l’occupazione è molto più ridotta”. La start up Coste360 oltrepassa questa soglia e calcola l’81%. In Europa solo l’Ungheria fa peggio, con il 100% delle spiagge lacustri privatizzate
La direttiva Bolkestein
Il problema è dovuto alla mancata applicazione, in questo settore, in Italia della direttiva Bolkestein (cioè la Direttiva 2006/123/CE), una legge dell'Unione Europea che vuole promuovere la libera circolazione dei servizi all'interno del mercato unico. Nello specifico, sono tre gli ambiti principali su cui interviene la direttiva: l'eliminazione degli ostacoli alla libertà di stabilimento delle attività nei diversi Stati, l'eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione dei servizi e la creazione di una fiducia reciproca tra gli Stati membri con una progressiva armonizzazione delle politiche.
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Balneari e commercio ambulante
In Italia l'attenzione si è concentrata soprattutto sui settori legati a concessioni pubbliche - commercio ambulante e gestione di aree demaniali balneari, appunto - nei quali le proroghe hanno di fatto reso impermeabili i relativi servizi alla concorrenza, vanificando con il timore di perdita di posti di lavoro e di investimenti la possibilità dell'apertura a nuove realtà economiche
Il dialogo con l’Ue
A luglio il portavoce dell’esecutivo Ue, Thomas Regnier, ha fatto sapere che “Il dialogo con le autorità italiane" sulla riforma delle concessioni balneari "prosegue" alla ricerca di "una soluzione costruttiva" e, ha aggiunto che la Commissione europea aveva inviato una lettera a Roma, proprio su questo tema. “Ancora una volta da Bruxelles arriva un diktat che sa di ricatto: le proposte del governo italiano sulle concessioni balneari vengono bocciate da funzionari non eletti, che nessuno conosce e nessuno ha mai votato, ma che pretendono di decidere il destino delle nostre coste e delle migliaia di famiglie che da generazioni lavorano per dare al turismo italiano un volto umano, accogliente, vincente", è stato il commento di Assobalneari
Aumentano gli eventi estremi costieri
Nel 2022, sempre secondo Legambiente, le concessioni balneari erano 12.166. Al contempo aumentano gli eventi estremi nei comuni costieri: dal 2010 al giugno 2024 l’associazione ne ha riscontrati 816 (+14,6% rispetto al bilancio del 2023). Di questi, solo 104 si sono verificati l’anno scorso. Il Mezzogiorno è l’area più colpita della Penisola. Frane, alluvioni, mareggiate, trombe d’aria che si traducono in danni alle persone, alle strutture, al patrimonio storico
Aumento delle temperature
Gli scenari climatici elaborati dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) richiamati all’interno del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC), approvato in via definitiva a fine 2023, spiegano che per l’intero bacino Mediterraneo si parla di uno scenario con un innalzamento della temperatura superficiale del mare (differenza fra il trentennio 2021-2050 rispetto al valore medio del trentennio 1981-2010) compreso fra 1 e 2°C, con conseguenze importanti e ancora poco studiate su eventi meteo estremi, biodiversità, pesca e turismo. Tutte le aree costiere italiane saranno caratterizzate da un aumento di temperatura rispetto al periodo di riferimento 1981-2010, da un minimo di 1,9°C nelle zone del Mediterraneo Centrale e Occidentale e nel Mar Ligure, a un massimo di 2,3°C nell’Adriatico settentrionale e centrale
Innalzamento del livello del mare
Altro tema fondamentale è quello dell’innalzamento del livello del mare, prendendo a riferimento sempre il periodo 1981-2010. L’aumento di livello sarà decisamente significativo e compreso fra i 7 e i 9 cm
L’antropizzazione provoca erosione
Il PNACC sottolinea come in Italia la forte antropizzazione delle aree costiere abbia aumentato l’esposizione al rischio costiero. Il consumo di suolo nella fascia costiera italiana ha, infatti, valori nettamente superiori rispetto al resto del territorio nazionale. È ormai artificializzato il 22,8% della fascia costiera entro i 300 metri e tra le regioni con valori più alti si evidenziano Marche e Liguria, con quasi la metà di suolo consumato, Abruzzo, Emilia-Romagna, Campania e Lazio con valori compresi tra il 31% e il 37%.
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