Fallimenti imprese, le procedure di liquidazione aumentano del 18% nel secondo trimestre
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Dopo anni in cui si è assistito ad un incremento contenuto, il numero di liquidazioni giudiziali delle imprese in Italia torna a crescere in modo significativo. Ecco tutti i numeri.
Quello che devi sapere
Fallimenti imprese italiane, i dati
Secondo quanto emerso da uno studio approfondito svolto da CRIBIS, un'entità parte del gruppo CRIF, nel secondo trimestre del 2025, un totale di 2.712 aziende si sono ritrovate implicate in processi di liquidazione giudiziale. Tale cifra rappresenta un incremento del 18% in confronto allo stesso lasso di tempo del 2024. La rilevanza di questo dato diventa ancora più evidente se paragonata al secondo trimestre del 2023, mostrando un incremento totale del 33% nell'arco degli ultimi due anni. Nonostante le statistiche attuali rimangano inferiori ai volumi osservati prima della pandemia di Covid-19, la tendenza mostra una chiara progressione ascendente.
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I settori più coinvolti
Il settore del commercio ha subito le ripercussioni più significative, registrando 826 procedure di liquidazione giudiziale. Questo dato rappresenta un incremento del 16% rispetto alle 713 occorrenze rilevate nel primo trimestre del 2025. Un'analoga tendenza al peggioramento si osserva nel settore dei servizi, con 597 liquidazioni rispetto alle 555 del trimestre precedente, pari a un aumento dell'8%. Infine, il comparto edile ha visto un incremento notevole, passando da 493 a 600 casi, un segno della sua persistente instabilità.
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Le regioni più coinvolte e meno coinvolte
Ma quali sono le regioni con più fallimenti? La Lombardia emerge come la regione maggiormente interessata dalle liquidazioni giudiziali nel secondo trimestre del 2025, con 543 casi registrati. A seguire ci sono il Lazio con 400 e l'Emilia-Romagna con 239. Queste tre regioni, complessivamente, costituiscono una porzione significativa del totale nazionale (43,5%), evidenziando sia la loro elevata densità imprenditoriale sia la loro maggiore vulnerabilità a criticità macroeconomiche. In netto contrasto, all'estremità opposta, si posizionano la Valle d'Aosta con un solo caso, il Molise con 5 liquidazioni giudiziali e la Basilicata con 7.
L’aumento dei concordati preventivi
Nonostante l'aumento delle liquidazioni giudiziali, si osserva anche una crescita significativa dei concordati preventivi, che nel secondo trimestre del 2025 hanno raggiunto quota 129, rispetto ai 94 registrati nello stesso periodo del 2024. Questo incremento del 37%, secondo CRIBIS, conferma una tendenza in espansione: le imprese in sofferenza ricorrono in modo sempre più massiccio a strumenti di gestione della crisi per affrontare le difficoltà.
Preiti, ad CRIBIS: “I dati evidenziano difficoltà imprese italiane”
“L'aumento delle liquidazioni giudiziali nel secondo trimestre 2025 evidenzia le difficoltà che molte imprese italiane stanno affrontando in un contesto economico ancora fragile. L'inflazione che continua a rimanere alta, insieme alle nuove tensioni nel commercio globale, crea rischi concreti: dazi e misure protezionistiche potrebbero frenare le esportazioni e interrompere le catene di approvvigionamento. Le imprese più colpite saranno quelle PMI maggiormente legate ai mercati internazionali", ha commentato a Il Sole 24 Ore Marco Preti, amministratore delegato di CRIBIS.
Cos’è il Codice della Crisi d’Impresa
In vigore dal terzo trimestre 2022, il nuovo Codice della Crisi d’Impresa ha avuto finora un impatto molto forte. Ha introdotto strumenti per prevenire il fallimento, come i procedimenti unitari e le misure cautelari. Questi strumenti sono stati utilizzati sempre di più. Nel 2023 i casi sono aumentati del 170%, passando da 1.177 a 3.194. Nel 2024 si arriva a 4.389, con un ulteriore +37,4%. Tutte le aree geografiche e tutte le tipologie d’impresa ne fanno uso. In particolare, le imprese del Nord-Ovest, Nord-Est e Centro. I comparti che usano di più questi strumenti sono costruzioni, industria e distribuzione.
Le resistenze culturali e istituzionali
Nonostante l’evoluzione normativa che si è avuta negli ultimi anni, arrivata come detto al nuovo Codice della Crisi d’Impresa, permangono notevoli resistenze dal punto di vista culturale e istituzionale. Come osserva il quotidiano online di informazione giuridica Altalex, l’Amministrazione finanziaria e parte della magistratura restano ancora legate ad un’idea punitiva del fallimento, lasciando così il sospetto che gli aggiornamenti normativi successivi al 1942, che avevano questa precisa visione, “premino” in modo eccessivo l’imprenditore. A ciò vanno aggiunti diversi problemi strutturali: l’assenza di una riforma coerente del diritto penale fallimentare; l’attuazione incompleta delle previsioni della legge delega e la mancanza di un effettivo coinvolgimento del Parlamento e delle categorie professionali nella fase di normazione secondaria.
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