Ocse, in Italia salari a -7,5% dal 2021: "Crescita sotto la media da 25 anni"

Economia
Ansa/Ipa

Introduzione

Arriva ancora un rapporto a confermare un quadro già conosciuto: i salari italiani sono in caduta libera. Tra il 2021 e il 2025 sono crollati del 7,5%, confermando una tendenza che va avanti da 25 anni. È quanto certifica l'Employment Outlook 2025 dell'Ocse, che non usa giri di parole: "L'Italia ha registrato il calo più significativo dei salari reali tra tutte le principali economie” che fanno capo all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.

Quello che devi sapere

Salari troppo bassi, le opposizioni all’attacco del governo

"Nonostante un aumento relativamente consistente nell'ultimo anno, all'inizio del 2025 i salari reali erano ancora inferiori del 7,5% rispetto all'inizio del 2021, prima dell'impennata dell'inflazione che ha seguito la pandemia da Covid-19", scrive l’Ocse. Il tema scalda l’opposizione che torna ad attaccare il governo sugli stipendi. “I dati certificano l'impoverimento dei lavoratori”, dice Arturo Scotto, dalle file del Pd. E ancora: “Italia maglia nera degli stipendi” (Nicola Fratoianni di Avs), “Meloni tartassa la classe media” (Maria Elena Boschi, Iv) e “Il fallimento del governo Meloni” (Mario Turco, M5S).

 

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“La media dei salari reali Ocse ha recuperato, l’Italia no”

Se è vero "che in Italia i salari sono cresciuti molto”, spiega all’ANSA Andrea Bassanini, relatore principale del rapporto Ocse, rimangono comunque “sotto al livello del 2021”. A livello di comparazione internazionale, continua, “non è una situazione superlusinghiera: molti paesi Ocse sono andati meglio”. Che significa: la media dei salari reali nell'Ocse ha recuperato, il Bel Paese Italia ancora no. “Tra tutti i grandi Paesi l'Italia è sotto in una situazione di salari anemici che precede la crisi del costo della vita. Sono 25 anni che i salari in Italia crescono meno che negli altri Paesi Ocse", evidenzia Bassanini.

 

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Bene gli interventi del governo, ma non sono abbastanza

Che dire dunque degli interventi del governo sul costo della vita? "Se il governo non fosse intervenuto sarebbe stato decisamente peggio. E questo anche perché il problema strutturale italiano è quello della scarsa produttività. Le imprese non possono aumentare i salari più di quanto aumenti a produttività perché in questo modo i profitti diminuirebbero troppo. Gli interventi del governo sono stati utili ma non sono risolutivi. Dunque non si può cantare vittoria", spiega sempre Bassanini.

Il problema dei rinnovi contrattuali

Il rapporto mette in luce come in Italia ci sia anche un diffuso problema di rinnovi contrattuali. Il "rinnovo dei principali contratti collettivi nell'ultimo anno ha portato ad aumenti salariali negoziati superiori al solito. Tuttavia questi non sono stati sufficienti a compensare completamente la perdita di potere d'acquisto causata dall'aumento dell'inflazione", precisa l’Ocse. 

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Lo spettro dell'inflazione sull'aumento dei salari nominali

Nel complesso, prosegue lo studio, "la crescita dei salari reali dovrebbe rimanere modesta nei prossimi due anni. I salari nominali (retribuzione per dipendente) in Italia dovrebbero aumentare del 2,6% nel 2025 e del 2,2% nel 2026. Questi aumenti sono significativamente inferiori rispetto alla maggior parte degli altri paesi dell'Ocse, ma dovrebbero garantire comunque ai lavoratori italiani modesti guadagni in termini reali, dato che l'inflazione dovrebbe raggiungere il 2,2% nel 2025 e l'1,8% nel 2026". Dunque l'inflazione brucerebbe la gran parte del guadagno. E anche nel mezzo del miglioramento generale del mercato del lavoro, “il tasso di occupazione in Italia rimane significativamente inferiore alla media Ocse (62,9% rispetto al 70,4% nel primo trimestre del 2025)".

Cosa fare per spingere la crescita?

Il rapporto si sofferma poi su cosa si potrebbe fare per contrastare la riduzione di crescita dovuto alla transizione demografica (che farà sì che la popolazione attiva calerà del 34% nel 2060 e il tasso di dipendenza aumenterà significativamente). Tre le possibili vie, dice Bassanini: “

  1. Lavorare per chiudere il gap di occupazione tra uomini e donne, che in Italia è uno dei più grandi. Chiudere questo gap potrebbe consentire di guadagnare 0,3 punti percentuali di crescita del Pil all'anno. 
  2. Far lavorare più a lungo gli anziani in buona salute. Raggiungere un tasso di uscita dal mercato del lavoro come quello dei migliori paesi Ocse consentirebbe di guadagnare altri 0,4 punti percentuali all'anno. 
  3. Infine, una maggiore apertura alla migrazione regolare e all'integrazione dei migranti nel mercato del lavoro. Aumentare il tasso di migrazione netta (che in Italia è uno dei più bassi dell'Ocse) consentirebbe di guadagnare ancora quasi 0,2 punti percentuali”.

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