
Introduzione
I dati Eurostat evidenziano che i rincari dovuti all'inflazione degli anni scorsi hanno colpito i prodotti tipici dell’alimentazione base, il cui prezzo si è impennato. Anche l’Istat ha segnato un aumento medio dei prezzi al consumo del 5,7%, con un picco del 9,8% fino a gennaio. Alcuni esempi sono l’olio d’oliva, che ha segnato il +30% rispetto al 2023 (anno in cui era cresciuto del 50% rispetto al 2022); il pane e i prodotti da forno il 15% in più, il pesce fresco il 12%. Il costo della carne è aumentato del 10-15%. Sono tutti valori con un impatto solo sul portafoglio, ma anche sulla salute. Lo si evince da un articolo della celebre rivista scientifica The Lancet, ripreso da Open.
Quello che devi sapere
Come hanno lavorato i ricercatori
- I ricercatori hanno condotto una revisione completa della letteratura su inflazione e salute. Sono stati analizzati 69 studi empirici che hanno esplorato un'ampia gamma di fattori di rischio per la salute (ad esempio dieta, uso di sostanze, stress e violenza) e di outcome (aspettativa di vita, mortalità, comportamenti suicidi e salute mentale) legati all'inflazione, in contesti e tempi diversi. I risultati suggeriscono un effetto prevalentemente negativo dell'inflazione sulla salute, con rischi maggiori per determinati gruppi socioeconomici. Per la prima volta, quindi, è stata indagata in modo sistematico la relazione tra inflazione e salute umana.
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Le sostituzioni per risparmiare
- L’aumento dei prezzi determina non solo un calo della quantità di cibo acquistato, ma anche cambiamenti in tutto ciò che è connesso al pasto: quindi preparazione dei cibi, orari, scelta degli alimenti. Si tende in generale a ridurre i grassi buoni e le verdure e a incrementare il consumo di piatti pronti o ultra-processati. I succhi di frutta sostituiscono la frutta fresca, le zuppe pronte la verdura, i bastoncini o i burger di pesce il pescato fresco e così via.
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Formaggi e uova
- Altri esempi di sostituti ultra-processati: ai formaggi freschi o stagionati si tende a preferire quelli fusi come le sottilette, spesso piene di addensanti o conservanti; le uova con preparati pronti surgelati. Si tratta ovviamente di sostituzioni errate, che provocano un deterioramento dell’alimentazione e di conseguenza dello stato della salute
91 euro in meno di cibo
- Lo scorso mese l’Istat ha diffuso i dati secondo cui nel 2024 le vendite in valore al dettaglio salgono dello 0,7% rispetto al 2023 e scendono dello 0,4% in volume. Sono stati definiti "sconfortanti" dal presidente dell'Unione Nazionale Consumatori Massimiliano Dona: "Gli italiani nel 2024 sono stati costretti a una dieta forzata e a stringere la cinghia per far fronte all'inflazione e al caro bollette, riducendo persino il cibo acquistato, ossia la spesa obbligata per eccellenza. Nel 2024 le vendite alimentari in volume sono scese dell'1% rispetto al 2023, anche se poi l'inflazione crea l'illusione ottica di un rialzo dell'1,5%. Insomma, le famiglie hanno pagato di più per mangiare l'1% in meno. Traducendo in soldi queste cifre, rispetto al 2023 una coppia con 2 figli ha acquistato 91 euro in meno di cibo, mentre le spese non alimentari sono diminuite di 27 euro, per un totale di 118 euro. Una famiglia media ha speso 63 euro in meno per gli alimentari e 19 euro per i non alimentari, per una cifra complessiva di 82 euro, mentre per una coppia con un figlio sono 63 euro in meno per mangiare, 82 euro in totale" prosegue Dona. Si tratta, secondo Dona, di "dati allarmanti e preoccupanti per i quali il Governo farebbe bene a intervenire, ripristinando subito gli sconti sulle bollette di luce e gas"
I dati più recenti sull'inflazione
- Intanto, l’Istat ha di recente diffuso i dati sull’inflazione relativa a febbraio: il mese scorso l'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività (Nic), al lordo dei tabacchi, aumenta dello 0,2% rispetto a gennaio 2025 e dell'1,6% rispetto a febbraio 2024 (da +1,5% del mese precedente); la stima preliminare era +1,7%. L'Istat sottolinea che la lieve accelerazione dell'inflazione di febbraio risente principalmente della dinamica dei prezzi degli Energetici, tornata positiva (+0,6% da -0,7% di gennaio) e, in particolare, di quella della componente regolamentata (+31,4% da +27,5%). C'è stato poi un marcato ridimensionamento del calo dei prezzi dei Beni energetici non regolamentati (da -3,0% a -1,9%) e un aumento del ritmo di crescita dei prezzi dei Beni alimentari non lavorati (da +2,2% a +2,9%) e lavorati (da +1,7% a +1,9%).
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