Lavoro nero, rischio sanzioni per chi altera i costi dei piccoli appalti
Nell’ultimo Consiglio dei ministri è arrivata la stretta per i alcuni lavori di edilizia, come la ristrutturazione di un appartamento, che dovranno adesso rispettare le norme anti-sommerso: i committenti dovranno avere una dichiarazione di congruità in regola per procedere, altrimenti si rischia una multa di 5mila euro. Le regole varranno anche per le gare pubbliche più piccole: chi trasgredisce può essere segnalato all’Anac, con conseguente decurtazione dello stipendio del responsabile del progetto
- La stretta sul lavoro nero in edilizia non riguarderà solo gli appalti pubblici o i grandi cantieri. Le norme anti-sommerso dovranno essere verificate e rispettate anche nei piccoli lavori di edilizia, come la ristrutturazione di un appartamento, altrimenti scatteranno le sanzioni. Questo è quello che prevede una norma inserita nel decreto-legge sulla coesione approvato dal Consiglio dei ministri, dove si obbligano i committenti a verificare che il costo della manodopera sostenuto sia congruo
- In realtà questa norma era presente già da qualche anno, ma fino ad oggi era sostanzialmente senza sanzioni visto che le multe scattavano soltanto nel caso in cui il valore dell’appalto fosse superiore ai 500 mila euro. Con il decreto coesione questa soglia viene abbassata a 70 mila euro, il costo medio della ristrutturazione di un appartamento
- La dichiarazione di congruità dovrà essere firmata e presentata dal direttore dei lavori, in genere l’architetto o l’ingegnere che hanno redatto il progetto. Se invece il committente non si avvale dell’aiuto dei professionisti, dovrà predisporre di persona l’attestato di “congruità”. In caso di mancata presentazione si rischia una sanzione fino a 5 mila euro
- Sempre per contrastare il lavoro nero in edilizia, le sanzioni sono state allargate ai piccolissimi appalti pubblici. Fino ad oggi, la mancanza dell’attestato di congruità nel pubblico era sanzionata solo per lavori superiori a 150 mila euro. Da quando il decreto entrerà in vigore, non ci sarà più nessuna soglia e, dunque, la stretta si applicherà a tutti i lavori, a prescindere dal loro valore
- Nel caso degli amministratori pubblici, però, le sanzioni sono di ordine diverso. Per chi non attesta la congruità del costo della manodopera ci sarà la segnalazione all’Anac, l’Autorità anticorruzione, e peserà sulla parte variabile dello stipendio del responsabile del progetto
- Nell'ultimo Consiglio dei ministri hanno trovato conferma tutte le misure inerenti il lavoro discusse negli ultimi giorni. Una di queste è il bonus da 100 euro per i redditi bassi. Qualche correzione in realtà c’è stata: è stato infatti confermato che il bonus sarà pagato a gennaio del 2025 e non a Natale con la tredicesima. Il governo non è riuscito a trovare i soldi necessari nel bilancio di quest’anno
- Inoltre, il bonus sarà versato a chi ha un reddito massimo di 28 mila euro, in una famiglia dove solo uno dei coniugi lavora e a patto che ci sia almeno un figlio a carico. Attenzione però, i 28 mila euro non fanno riferimento allo stipendio annuo, ma a tutti i redditi percepiti. Per cui, per esempio, se c’è un affitto o degli interessi su dei Btp che fanno superare i 28 mila euro, il bonus si perde
- Questi paletti sono utili a ridurre la platea dei beneficiari e quindi il costo per le casse dello Stato. Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha spiegato che il bonus dovrebbero riceverlo circa un milione di contribuenti, per un costo complessivo intorno ai 100 milioni. Un primo passo, a detta di Leo, verso la decontribuzione delle tredicesime, che potrebbe trovare spazio nella prossima manovra di Bilancio
- La priorità del governo, ha spiegato Leo, resta comunque di confermare anche per il prossimo anno la riduzione a tre degli scaglioni fiscali con le aliquote del 23-35 e 43 per cento. Se si troveranno fondi si andrà oltre e si cercherà di aiutare la classe media, ma la partita delle risorse sarà certamente complessa
- L’Upb, l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, ha stimato che occorrono 18 miliardi solo per confermare le misure in scadenza a fine anno. La prova delle difficoltà sta anche nella decisione di cancellare dal decreto approvato dal Consiglio dei ministri la detassazione al 10 per cento dei premi di produttività per i dipendenti, oggi ancora ferma al 5 per cento