Pensioni, costi troppo alti: verso lo stop alle uscite anticipate nel 2025. La situazione
Con il Def appena approvato dal governo, sembra non esserci spazio per nuovi scivoli nel prossimo anno. L'andamento demografico, il ritorno dell'inflazione e gli effetti di Quota 100 sono deleteri per le casse dello Stato. Ecco cosa potrà accadere in futuro
- Il Documento di economia e finanza approvato dal governo sembra aver messo la parola "Fine" a nuove forme di pensionamento anticipato per il 2025. Il problema principale sono i costi per lo Stato. La spesa pubblica per le pensioni, già alta, è infatti destinata a crescere: 337,4 miliardi quest’anno, 345 miliardi nel 2025, 356 miliardi nel 2026, fino ai 368 miliardi nel 2027
- Come spiega Il Messaggero, proposte come l'introduzione di un pensionamento con 41 anni di contributi a prescindere dall'età sono destinate a essere cestinate. A pesare sulla decisione non sono solo i costi detti in precedenza, ma anche diversi aspetti del nostro sistema pensionistico. Ecco quali
- Il primo, spiega il quotidiano romano, è l'andamento demografico del nostro Paese. Aumenta il numero degli anziani, e di conseguenza quello dei pensionati, e si riducono le persone in età lavorativa. Dunque, stanno diminuendo i lavoratori destinati a mantenere chi è in pensione attraverso il versamento dei contributi
- Il secondo aspetto è il ritorno dell'inflazione, assente da circa un decennio. Dopo la fine della pandemia di Covid-19, il governo è intervenuto tagliando le rivalutazioni agli assegni superiori a quattro volte il minimo, ma la spesa è comunque salita (+7,4% nel 2023 e +5,8% quest'anno)
- Il terzo punto riguarda l'uscita anticipata dal lavoro rispetto ai 67 anni previsti dalla riforma Fornero. Quota 100, introdotta nel 2019 dal primo governo Conte, ha sì permesso di lasciare il lavoro con 62 anni di età e 38 di contributi, ma ha portato a un aumento dei costi per lo Stato. La spesa per le pensioni è infatti praticamente raddoppiata nel periodo 2019-2023 rispetto ai nove anni precedenti (2010-2019)
- Tornando al Def, altri elementi del testo approvato dal governo fanno intendere lo stop a nuove forme di pensionamento anticipato per il 2025. Come ricorda Il Messaggero, per valutare i conti pubblici la Commissione europea prenderà in considerazione un nuovo e unico parametro rilevante: l'andamento della spesa primaria netta
- Questo parametro sarà determinante per l'apertura, o meno, di una procedura di infrazione. Come spiega il quotidiano romano, fra le spese correnti la voce più ingente è senza dubbio quella delle "prestazioni sociali". E al suo interno, la parte più importante è rappresentata proprio dalle pensioni
- Il Messaggero ha poi provato ad anticipare i futuri passi del governo. Anzitutto, la prossima Manovra potrà verosimilmente contenere una nuova stretta sulle pensioni per contenere la spesa. Questo è già accaduto a fine 2023 con una serie di tagli
- In quell'occasione, le pensioni dei medici, dipendenti degli enti locali e ufficiali giudiziari hanno visto l'annullamento di una serie di meccanismi di calcoli degli assegni privilegiati rispetto agli altri lavoratori. Poi è arrivato il dietrofront su medici e infermieri
- Infine, conclude il quotidiano romano, il governo non solo ha reintrodotto per il 2025 l'adeguamento automatico dell'età di pensionamento alla speranza di vita, ma ha anche tagliato le rivalutazioni per le pensioni più alte. Una strada che probabilmente continuerà a essere percorsa anche in futuro