Lavoro, uno su due rinuncia alla carriera: più spazio alla vita privata. La ricerca
Dopo la pandemia sono cambiate le priorità: l'avanzamento professionale lascia ora il posto a un maggiore equilibrio tra occupazione e famiglia, all'insegna della flessibilità di orario. È il frutto di una profonda riflessione delle persone durante il periodo Covid
- Ambizione? Sì, ma non nel senso tradizionale. Dopo la pandemia, l'approccio alla vita lavorativa è decisamente cambiato, e non solo in senso organizzativo: secondo il Randstad WorkMonitor 2024, ripreso dal Sole 24 Ore, per i lavoratori (italiani e non) il tempo speso nella vita privata e nelle relazioni ha assunto un ruolo più importante
- Randstad WorkMonitor 2024 è una ricerca condotta in oltre 30 Paesi allo scopo di monitorare l'atteggiamento dei lavoratori verso la vita professionale e le trasformazioni che il mercato del lavoro richiede. In Italia sono state realizzate 764 interviste, a fronte di circa 26.800 a livello globale. Lo studio riguarda la popolazione tra i 18 e i 67 anni d'età. Ecco i dettagli
- Dalla ricerca è emerso che l'avanzamento di carriera (promozione o passaggio a un nuovo ruolo) è solamente al nono posto tra i fattori più rilevanti nel lavoro. La metà dei lavoratori (50%) sarebbe disposta a restare in un ruolo che le piace anche senza prospettive di crescita. Non solo: il 42%, in questo momento, non cerca un avanzamento di carriera e il 34% non lo vuole proprio
- Quali sono i fattori che più contano nel lavoro? Al primo posto c'è l'equilibrio tra lavoro e vita privata (94%), poi la retribuzione (93%) e la sicurezza del lavoro (90%). Poco più giù il "sentirsi realizzati" (87%), la flessibilità di orario (80%), il numero di giorni di ferie (79%), la formazione (79%) e l'assicurazione sanitaria (75%). L'avanzamento di carriera, come detto, è al nono posto con il 74%
- Secondo la ricerca, a dirsi "molto ambiziosi" sono soprattutto la Generazione Z (67%) e i Millennials (57%). Gli uomini risultano esserlo di più (56%) rispetto alle donne (47%). Ma solo la metà degli intervistati dichiara di essere "ambizioso" nella propria carriera
- L'ambizione, insomma, non coincide più con l'avanzamento di carriera. Come infatti evidenziato dal Sole 24 Ore, che commenta i dati Randstad WorkMonitor 2024, al centro dei pensieri dei lavoratori c'è il work-life balance, la flessibilità, l'equità e la formazione
- Solo per il 35% dei lavoratori la carriera è una priorità. E il 34%, anche in caso di una concreta possibilità di avanzamento professionale, non assumerebbe mai ruoli manageriali. Solamente il 5% vorrebbe essere a capo della sua azienda e il 4% vorrebbe esserne il Ceo
- Secondo i dati della ricerca citati dal Sole 24 Ore, la mancanza di opportunità di carriera è solo al quinto posto (per il 24% degli italiani) tra le motivazioni per cui si lascia il proprio lavoro, dopo un ambiente non piacevole (29%), un lavoro che non si adatta alla propria vita personale (28%) e un basso stipendio (25%)
- A commentare i dati della ricerca è anche Marco Ceresa, Group Ceo di Randstad. Dai risultati dello studio emerge "un forte calo della motivazione al lavoro tra gli italiani, un evidente segnale di malessere che va ascoltato e compreso. Il lavoro si conferma fondamentale nel fornire senso e scopo alle persone, ma oltre alla carriera" c'è altro
- "Sempre più lavoratori - spiega Ceresa - includono anche altro nella definizione della propria 'ambizione' professionale, che oggi non può prescindere da aspetti valoriali, di flessibilità, di equilibrio con la vita personale". Non a caso, "non sono pochi gli intervistati che affermano di poter essere appagati da un lavoro senza prospettive di carriera ma nelle loro corde: un'eredità della riflessione profonda delle persone nel periodo di pandemia"