Il sistema punta a incentivare l'esodo dei lavoratori più anziani a cui mancano al massimo 4 anni al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia o anticipata
- Prorogata la possibilità di pensionamento anticipato fino a 7 anni nelle aziende interessate da eccedenze di personale, fino al 2026
- La disciplina della cosiddetta Isopensione è stata introdotta dall’art. 4, c. 1 e 2, della L. 92/2012 , e riconosce la possibilità ai datori di lavoro con più di 15 dipendenti, nei casi di eccedenza di personale, di stipulare accordi con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative
- Punta nello specifico a incentivare l'esodo dei lavoratori più anziani cui mancano al massimo 4 anni al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia o anticipata (67 anni di età o 41 anni e 10 mesi per la pensione anticipata)
- L’azienda è tenuta a versare un assegno ai lavoratori che abbia un importo equivalente alla pensione, attraverso oneri interamente a suo carico. La cifra dev’essere pagata per tutto il periodo di esodo fino al momento del perfezionamento dei requisiti per il pensionamento
- Il datore di lavoro in seguito dovrà provvedere con la relativa copertura contributiva, ovvero la contribuzione correlata
- Il lavoratore accede alla misura (in seguito a un accordo con l'azienda) se gli mancano al massimo 4 anni (7 anni dal 2018 al 2026) per accedere sia alla pensione di vecchiaia che a quella anticipata
- L’azienda che vuole usufruire dello scivolo massimo di sette anni nel 2024 può farlo se il lavoratore ha 60 anni e 4 mesi di età e che quindi percepirebbe la pensione di vecchiaia nel 2031 a 67 anni e 4 mesi di età. Inoltre l’isopensione non può essere utilizzata per l'erogazione della pensione con Quota 103
- Il valore dell’assegno è calcolato in base all'importo del trattamento pensionistico che dovrebbe essere erogato nel momento di accesso alla prestazione
- Viene invece esclusa la contribuzione figurativa correlata che il datore di lavoro versa per il periodo di esodo
- La misura avrà un valore di poco inferiore all'importo di pensione che il dipendente otterrà nel momento della cessazione dell'assegno: sarà carente infatti della contribuzione correlata