Taglio dell’Irpef, il governo al lavoro per confermare la misura nel 2025
La riduzione è attualmente finanziata per un solo anno (ovvero il 2024) e garantisce un beneficio massimo di 260 euro all’anno a partire da gennaio. Ecco le possibili mosse per allungare il provvedimento
- La riduzione dell’Irpef è stata finanziata solo per il 2024 e si attende di sapere se sarà riconfermata per gli anni successivi. Come riporta Il Messaggero, il governo sta iniziando a cercare i fondi necessari e avrebbe già messo da parte 3,5 miliardi di euro per il 2025 e 2,7 miliardi di euro l’anno, a partire dal 2026, dovrebbero essere accantonati in una sorta di speciale salvadanaio
- Il dato sarebbe emerso dal documento del Servizio Studi del Senato che esamina il decreto attuativo della riforma fiscale firmata dal vice ministro dell’Economia Maurizio Leo, e che riduce le aliquote Irpef da quattro a tre, accorpando quella del 27% a quella inferiore e creando così un maxi scaglione che tassa i redditi fino a 28mila euro con un’aliquota del 23%
- La riduzione garantisce un beneficio massimo per i contribuenti di 260 euro l’anno che va a sommarsi al taglio del cuneo contributivo del 7% per i redditi fino a 25mila euro e del 6% per quelli fino a 35mila euro
- I benefici del taglio dell’Irpef si vedranno dalle buste paga di gennaio 2024 che dovrebbero essere più corpose. Per finanziare la misura, sono stati necessari 4,2 miliardi di euro presi dal Fondo per la riduzione della pressione fiscale, a sua volta finanziato grazie al maggior deficit deciso con il decreto 1° maggio
- Dal 2025, per finanziare la misura, sembra che i soldi potrebbero arrivare dall’abolizione dell’Ace, l’aiuto per la crescita economica. Si trattava di una deduzione dal reddito d’impresa del rendimento figurativo del capitale proprio per le aziende che reinvestivano gli utili. Il meccanismo, in pratica, incentivava a usare il capitale proprio delle imprese invece che fare debito con le banche e, finora, aveva funzionato molto bene
- L’Ace è stato sacrificato per finanziare il Fondo per l’attuazione della delega fiscale. Il “salvadanaio” nel quale dovrebbero confluire tutte le entrate che derivano dalla riforma fiscale man mano che saranno accertate
- Come spiega Il Messaggero, in realtà la cancellazione dell’aiuto alle imprese per il 2025 porterebbe nelle casse dello Stato anche di più, 4,8 miliardi, che però in parte servono a finanziare per il prossimo anno (ma con effetto contabile ritardato) la maggiorazione del 20% della deduzione a beneficio delle imprese che assumono. Una misura che a sua ha per ora validità solo annuale
- Resta il problema sulle coperture che, secondo l’Upb, l’Ufficio parlamentare di Bilancio, non sarebbero sufficienti. Riconfermare la misura richiederà “una copertura strutturale. Coerentemente con la delega”, spiega il documento
- Nel documento dell’Upb si specifica che “i decreti attuativi individuano all’interno del sistema fiscale risorse strutturali che potrebbero essere utilizzate a tal fine. Tali risorse, derivanti in larga misura dall’abrogazione dell’Ace e dall’Imposta minima nazionale, non appaiono tuttavia sufficienti per finanziare entrambe le misure negli anni successivi”
- Il prossimo anno dovrebbero comunque arrivare altre risorse generate da nuovi decreti attuativi come per esempio l’introduzione della Global minimum tax sulle multinazionali, che potrebbe portare tra i due e i tre miliardi di euro, o il concordato biennale preventivo, l’accordo tra le Partite Iva e il Fisco per fissare le tasse da versare per due anni evitando accertamenti e il cui gettito è stato calcolato prudenzialmente in circa 700 milioni di euro