
Irpef, obiettivo flat tax per il governo: le ipotesi di riforma di aliquote e No Tax Area
Dopo il passaggio del ddl delega sulla riforma fiscale, l'esecutivo vuole raggiungere l’obiettivo della tassa piatta entro fine legislatura, dati i numerosi passaggi intermedi per garantire la progressività delle imposte prevista dall’articolo 53 della Costituzione. Dall’accorpamento degli scaglioni al riordino di detrazioni e deduzioni, ecco quali saranno le prossime modifiche

Dopo lo scontato via libera del Parlamento al disegno di legge delega sulla riforma fiscale, adesso le attenzioni della maggioranza sono sulla rimodulazione dell’Irpef, con l’obiettivo di raggiungere la tanto agognata flat tax. Il problema maggiore riguarda il contrasto con l’articolo 53 della Costituzione, che parla di “progressività delle imposte”, un principio che non sembra facilmente raggiungibile con una tassa unica per tutti. L’esecutivo sostiene di poterla garantire attraverso detrazioni e deduzioni, massimo entro fine legislatura
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La prima mossa sarà l’implementazione del modello ad aliquota impositiva unica, seguito dall’individuazione dei principi generali che dovranno portare dagli attuali scaglioni Irpef fino all’approdo alla tassa unica. Già il governo Draghi si era mosso in questo senso con la Legge di Bilancio 2022, che ha fatto scendere da 5 a 4 gli scaglioni, ridefinendo poi anche il valore delle aliquote: al ribasso per il secondo e il terzo scaglione. Il governo Meloni intende ridurre ancora, giungendo a 3 scaglioni e rimodulando le relative aliquote d’imposta
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L’articolo 5 del disegno di legge delega sulla riforma del fisco approvato dal Parlamento spiega come la transizione verso la tassa unica preveda anche un riordino delle tax expenditures, ovvero di detrazioni, deduzioni e crediti d’imposta. Un passaggio fondamentale per mantenere la progressività sarebbe aumentarle ma è altresì possibile che alcune vengano eliminate: per questo, al fine di salvaguardare il cittadino e alcune istituzioni, il disegno di legge delega approvato ha stabilito un principio generale di salvaguardia
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Esiste poi il principio “dell’equità orizzontale”, presente in economia pubblica e alla base della decisione del governo di inserirlo nelle indicazioni relative alla fase di transizione dall’Irpef alla flat tax, che ha l’obiettivo di superare le iniquità tra l’aggravio fiscale sul reddito da lavoro dipendente e quello proveniente da altre attività soggette a Irpef, oltre che la disparità data da chi può accedere a regimi sostitutivi agevolati. Stesse possibilità per categorie diverse
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Ma quali sono gli attuali scaglioni Irpef? Dopo la riforma Draghi le attuali fasce sono quattro: la prima è quella fino a 15 mila euro di reddito (con prelievo Irpef del 23%); la seconda va da 15 mila a 28 mila euro (con prelievo del 25%); la terza da 28 mila a 50 mila (con prelievo del 35%) e, infine, la quarta è quella che va sopra i 50 mila euro (con prelievo del 43%). Per giungere a tre servirà un accorpamento e rimodulazione di queste tre fasce, ma ancora non sono note le modalità
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La prima ipotesi, formulata anche dalla Ragioneria di Stato, prevede l’accorpamento della seconda e della terza fascia in una sola, che comprenda i redditi tra i 15 mila e i 50 mila euro. In questo caso il prelievo sarebbe del 27% (ma si era parlato anche del 28%) mentre resterebbero così la prima e l’ultima. Evidente soprattutto il beneficio per la terza fascia, che vedrebbe scendere la percentuale di prelievo di ben 7-8 punti percentuali

Se vediamo alcuni esempi, si può capire come per chi percepisce un reddito di 20 mila euro, l’aggravio sarebbe di appena 100 euro (da 4700 di Irpef a 4800). Chi percepisce ad esempio 35 mila euro oggi versa 9150 euro, ma ne andrebbe a pagare 8850 , con uno sgravio di 300 euro. Per un reddito di 50mila euro lo sgravio sarebbe ancora maggiore, di 1500 euro, in quanto passerebbe da 14400 a 12900 euro, e lo stesso anche per uno di 60 mila (da 18700 a 17200 euro)

Un’ipotesi alternativa fatta dai consulenti del lavoro prevede tre soglie reddituali e tre aliquote, ridisegnando però sia il primo che il secondo scaglione: l’idea è quella di far salire il primo scaglione a 28 mila euro, lasciando così l’aliquota del 23%, mentre il secondo si applicherebbe sempre fino a 50 mila euro, come nella prima ipotesi, ma l’aliquota sarebbe del 33%. Nessuna variazione, infine, per il terzo scaglione che rimarrebbe al 43% per i redditi oltre i 50 mila euro

È evidente come non si tratti di una riforma che agevoli i redditi più bassi. A far la differenza, però, sarebbe una modifica della No Tax Area di dipendenti e pensionati a 8500 euro. L’attuale struttura Irpef a quattro aliquote in vigore per l’anno di imposta 2023 prevede infatti una No Tax Area (NTA) differente per le tre principali tipologie di reddito (8174 euro per il reddito da lavoro dipendente, 8500 euro per il reddito da pensione, 5500 per il reddito da lavoro autonomo)

Il reddito da lavoro dipendente beneficia inoltre anche dell’ex Bonus Renzi da 80 euro (diventato poi strutturale a 100 euro). Man mano che il reddito imponibile sale e si avvicina a 50 mila euro, le differenze tra le detrazioni tendono a ridursi per azzerarsi, infine, per tutte e tre le tipologie di reddito in corrispondenza di un imponibile pari a 50 mila euro. In caso di modifica va ricordato come la differenza tra le detrazioni sia significativa specie nella parte bassa della curva
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