Ci sono marchi americani che decidono di dare l’addio al nostro Paese dopo un prolungato momento di crisi che trova la sua origine nella pandemia da Covid-19 e, soprattutto, nella concorrenza del settore della moda dove il Made in Italy ha un peso non trascurabile
Mala tempora currunt per alcune grandi catene americane che di recente hanno deciso di levare le tende dall’Italia. In un momento di profonda crisi economica causata dal mix tra pandemia e guerra in Ucraina, che ha segnato il destino delle piccole e grandi aziende, nell’ultimo mese si è assistito alla ritirata di alcuni dei grandi marchi degli Stati Uniti che si trovavano nel nostro Paese e che hanno deciso di chiudere i loro punti vendita
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La decisione non è stata presa di certo a cuor leggero per le aziende preoccupate anche per i numerosi dipendenti che si trovano ora senza lavoro. La chiusura dei punti vendita è un segnale preoccupante che incide anche sull’economia italiana. Ma quali sono i grandi brand che hanno deciso di lasciare l’Italia?
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Tra i primi marchi ci sono firme della moda che, nonostante annunci eclatanti e investimenti notevoli, hanno optato per la chiusura delle proprie attività. Dopo gli addii della griffe Tory Burch e del fashion brand Banana Republic, anche Gap ha preso l’amara decisione di chiudere con gli investimenti in Italia e salutare l’economia del nostro Paese
Alla base della decisione dei brand statunitensi c’è una débâcle quasi inaspettata a causa della crisi conseguente dal Covid-19 e non solo. Gioca un ruolo fondamentale anche l’alto livello di competitività del settore della moda che in Italia, più che in tanti altri Paesi in giro per il mondo, ha un peso non trascurabile
Nel nostro Paese, infatti, l’offerta è estremamente vasta e i marchi italiani, dai piccoli ai grandi nomi della moda, sono un punto di riferimento importante sia in termini di stile sia sul piano della qualità produttiva. Nonostante ciò anche le aziende nostrane stanno affrontando non pochi rallentamenti sul piano produttivo e di vendite
Differente, invece, la situazione per l’abbigliamento sportivo e quello informale e giovanile, settore in cui gli americani non hanno competitors di rilievo in Italia. Di qui il motivo per cui brand come Gap o Tory Burch hanno risentito di questa crisi e altri, come Nike o Supreme non hanno accusato in alcun modo il momento negativo, anzi sono stati capaci di aprire altri negozi e punti vendita
In difficoltà anche il settore del food che risente pesantemente del momento no dell’economia. Tra i primi a salutare l’Italia è stata l’insegna di gelati Haagen Dasz, seguita nelle ultime settimane dall’addio, che ha fatto parecchio clamore, di Domino’s Pizza. Il marchio ha raggiunto il suo apice nell’era pre-Covid, grazie a un sistema di consegna a domicilio innovativo
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Per Domino’s il fallimento è arrivato a causa della concorrenza spietata delle app di delivery come Glovo, Just Eat e Deliveroo e, dall’altro lato, dalle singole pizzerie si sono organizzate con un proprio sistema di consegna
Nel settore del food,comunque, in generale sono in maggior sofferenza le insegne che hanno puntato su un’offerta standardizzata, senza adattarla ai gusti della clientela italiana, a differenza di Mc Donald's che ha declinato, proprio per ovviare al problema, il menù in chiave locale, arricchendolo di proposte e ingredienti tipici della cultura gastronomica italiana
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Ma se ufficialmente la colpa è di una tenaglia crudele post Covid e inflazione, in realtà i colossi, tanto popolari e creativi, hanno deciso la retromarcia per un cambio di strategia commerciale: basta punti vendita. Meglio virare sul commercio online o crescere nei paesi emergenti come Ecuador, Kosovo, Macedonia del Nord
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