
Lavoro, dal salario minimo al taglio del cuneo fiscale: i nodi sul tavolo del governo
Molti i punti che il Ministero del Lavoro dovrà risolvere, tra riforme arenate e trattative in standby. Tra questi anche il rinnovo e il riordino dei contratti collettivi nazionali, nuove forme di previdenza a partire dal 2023 e la lotta al precariato

Retribuzioni e salario minimo, inflazione e potere d’acquisto, cuneo fiscale, precarietà. Tra tavoli aperti e riforme bloccate sono molti i temi nodi legati al lavoro sul tavolo del governo Draghi. Per risolverli il Ministero del Lavoro dovrà trovare la quadra tra fondi statali, posizioni dei sindacati e richieste degli imprenditori
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SALARI – L’accordo raggiunto a Bruxelles sul salario minimo riporta in Italia un dibattito mai del tutto spento, con la politica divisa tra chi vorrebbe introdurlo e chi invece preferisce continuare ad affidare alla contrattazione collettiva il compito di garantire retribuzioni adeguate al lavoro e al costo della vita
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La riflessione su nuove politiche salariali è però aperta anche su altri fronti. L’Istat prevede che nel 2022 le retribuzioni perderanno non meno di cinque punti di potere d’acquisto a causa dell’inflazione che non accenna a scendere. E anche la Banca Mondiale, che per mesi ha definito la situazione “transitoria”, ha ormai riconosciuto che i tassi inflazionistici potrebbero restare alti ancora a lungo
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Il ministro del Lavoro Andrea Orlando, intervistato da Repubblica, ipotizza che si possa arrivare già entro l’estate a un intervento sul lavoro povero. “Ho avanzato alle parti sociali in via ufficiosa un'ipotesi: prendere come salario minimo il Trattamento economico complessivo (Tec) dei contratti maggiormente rappresentativi, settore per settore. Basterebbe una norma semplice di recepimento di questo principio. L'effetto sarebbe alzare il livello dei salari più bassi", ha spiegato
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CUNEO FISCALE – Per risolvere il problema dei salari le imprese chiedono il taglio del cuneo fiscale. Per Confindustria serve un intervento da 16 miliardi di euro sul lavoro dipendente, per due terzi a favore dei lavoratori (10,7 miliardi) e per un terzo a favore dei datori di lavoro (5,3 miliardi). Gli imprenditori andrebbero così a pagare meno tasse sui lavoratori e potrebbero aumentare il netto nelle buste paga corrisposte ai propri dipendenti
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RINNOVI CONTRATTUALI – I sindacati chiedono invece un rinnovo contrattuale che vada ad adeguare la retribuzione al potere d’acquisto dei lavoratori. Sempre a Repubblica, Orlando ha parlato della necessità di “un'azione sistematica sulla contrattazione che garantisca un rinnovo tempestivo dei contratti e meccanismi che tengano conto, senza automatismi, dell'inflazione”

In ogni caso, al rinnovo bisognerà comunque procedere: secondo le stime del Cnel, i contratti collettivi nazionali di lavoro scaduti sono 516, pari al 62% del totale e si riferiscono quasi ad otto milioni (7.732.312) di lavoratori, pari al 59%
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RIORDINO DEI CONTRATTI - Uno dei nodi da affrontare parallelamente al rinnovo dei contratti è quello del loro riordino. Più volte il ministro Orlando ha parlato di "semplificazione", per ridurre il numero di quelli esistenti

RAPPRESENTANZA SINDACALE – C’è poi il tema della rappresentanza sindacale. Per capire come agire sul sistema contrattuale, secondo qualcuno bisogna innanzitutto capire chi rappresenta chi. La Cgil si dice favorevole a una legge sulla rappresentanza sindacale che stabilisca il peso di chi si siede intorno ai tavoli di contrattazione e firma gli accordi

Per Cisl e Uil la via da seguire sarebbe invece quella di un accordo tra le parti. I sindacati puntano il dito contro i cosiddetti contratti "pirata" messi in piedi da associazioni datoriali non rappresentative e dai sindacati di 'comodo'. Secondo dati Cnel, nel 2021 erano 992 i contratti vigenti depositati. Di questi, solo il 25% risulta siglato da Cgil, Cisl e Uil. Il restante 75% ha invece la firma di altre organizzazioni sindacali

PRECARIETÀ – Gli ultimi dati Istat parlando di 3 milioni e 166mila contratti a termine al momento in vigore in Italia. Per risolvere il problema della precarietà e puntare alla stabilizzazione dei lavoratori – in attesa che riparta il tavolo di confronto avviato lo scorso gennaio tra parti sociali e Ministero - la Cgil propone un unico contratto di inserimento al lavoro fondato sulla formazione, che sia stabile. La Cisl avverte: non demonizzare la flessibilità contrattualizzata

Lato Uil, la risposta potrebbe essere quella del “modello spagnolo”: rendere più stringente il ruolo delle causali, aumentare il costo dei contratti molto brevi e mantenere in generale il lavoro determinato solo per situazioni come le sostituzioni tra lavoratori e le emergenze

PREVIDENZA - I sindacati vogliono poi riaprire il confronto su tutto il capitolo della previdenza, prima di arrivare all'inizio del 2023, quando, con lo stop a Quota 102, si tornerà alla legge Fornero in versione integrale. Le rappresentanze chiedono maggiore flessibilità in uscita, a partire da 62 anni di età oppure con 41 anni di contributi