Fisco, Cgia: domani italiani finiscono di pagare tasse e il 7 scatta il "tax freedom day"
Dopo poco più di 5 mesi dall’inizio del 2022, martedì il contribuente medio finisce di lavorare per assolvere tutti i versamenti fiscali dell’anno e inizia a guadagnare per sé. A fare i calcoli è l'Ufficio studi della Cgia di Mestre: precisa che l'individuazione del "giorno di liberazione fiscale" è "un puro esercizio teorico che serve a dimostrare l'eccessivo peso fiscale che grava sugli italiani". Nel 2021 questo peso fiscale ha raggiunto la soglia record del 43,5%: l'Italia è al sesto posto tra i 27 Stati Ue
Domani, lunedì 6 giugno, gli italiani finiscono di versare le tasse e i contributi previdenziali allo Stato: il giorno dopo (martedì 7 giugno) scatta il “tax freedom day”, cioè il “giorno di liberazione fiscale”
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A fare i calcoli è l'Ufficio studi della Cgia di Mestre, che precisa come l'individuazione del "giorno di liberazione fiscale" non è altro che "un puro esercizio teorico che serve a dimostrare, se ancora ce ne fosse bisogno, l'eccessivo peso fiscale che grava sugli italiani"
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Rispetto al 2021, quest'anno il “tax freedom day” arriva un giorno prima: esattamente dopo 157 giorni lavorativi, inclusi i sabati e le domeniche. Dopo poco più di 5 mesi dall’inizio del 2022, quindi, martedì 7 giugno il contribuente medio finisce di lavorare per assolvere tutti i versamenti fiscali dell’anno (Irpef, Imu, Iva, Tari, addizionali varie, Irap, Ires, contributi previdenziali, ecc...) e inizia a guadagnare per sé
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Secondo i numeri forniti dalla Cgia di Mestre, nel 2021 il peso fiscale nel nostro Paese ha raggiunto la soglia record del 43,5%: l'Italia è al sesto posto tra i 27 Stati Ue dietro a Danimarca (48,1%), Francia (47,2%), Belgio (44,9%), Austria (43,8%) e Svezia (43,7%). La Germania si è attestata al 42,5%, la Spagna al 38,8%. L'anno scorso la media Ue si è attestata al 41,5%, due punti in meno rispetto all’Italia
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Il "giorno di liberazione" più precoce, se si osserva la serie storica, è stato nel 2005: in quell’anno la pressione fiscale si è attestata al 39% e ai contribuenti italiani è bastato raggiungere il 23 maggio (142 giorni lavorativi) per lasciarsi alle spalle le scadenze fiscali
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Il "tax freedom day" più in ritardo, secondo la Cgia di Mestre, è stato l’anno scorso: nel 2021, con la pressione fiscale al 43,5%, il "giorno di liberazione" è stato l’8 giugno. L’Ufficio studi, comunque, segnala che “questo picco record di pressione fiscale non è ascrivibile a un aumento del prelievo imposto l’anno scorso a famiglie e imprese, ma alla decisa crescita registrata dal Pil nazionale (oltre il 6,5%) che, dopo la caduta verticale registrata nel 2020 (-9%), ha contribuito ad aumentare notevolmente le entrate”
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Come spiega la Cgia di Mestre, per calcolare il "tax freedom day" si prende la stima del Pil nazionale del 2022 suddivisa per i 365 giorni dell'anno e si ottiene così un dato medio giornaliero. Poi si considerano le previsioni di gettito dei contributi previdenziali, delle imposte e delle tasse che i percettori di reddito verseranno quest'anno, rapportati al Pil giornaliero. Il risultato di questa operazione ha consentito di calcolare il “tax freedom day” dell’anno in corso: il 7 giugno
I numeri della Cgia di Mestre
Sul fronte fiscale, la Cgia segnala che anche quest'anno giugno è caratterizzato da un vero e proprio "ingorgo fiscale": sono previste 141 scadenze, di cui 122 (l'86,5%) imporranno agli italiani di mettere mano al portafoglio
Secondo la Cgia di Mestre, “nel 2022 il peso del fisco, sebbene la crescita economica dovrebbe attestarsi attorno al 2,5%, è destinato a diminuire di 0,4 punti percentuali, anche grazie alla riduzione delle imposte e dei contributi decisa dal governo Draghi con riforma dell'Irpef (-6,8 miliardi di risorse), esonero contributivo di 0,8 punti percentuali ai lavoratori dipendenti con una retribuzione mensile lorda inferiore a 2.692 euro (-1,1 miliardi), esonero del pagamento Irap alle persone fisiche (-1 miliardo di euro)”
Nel 2022, dice la Cgia di Mestre, secondo il ministero dell'Economia lo Stato dovrebbe incassare quasi 40 miliardi d’imposte e contributi in più rispetto al 2021: sia per il miglioramento in corso delle principali variabili economiche che si riflette sull'andamento del gettito, sia per il forte aumento dell’inflazione. “In un momento in cui le famiglie stanno subendo dei rincari spaventosi che rischiano di far crollare i consumi interni, sarebbe auspicabile che il governo restituisse parte di questo extra gettito con meccanismi di fiscal drag”, dice l’associazione