Pensioni, nessuna intesa sul dopo Quota 100

Economia

Simone Spina

Gelo tra governo e sindacati su come sostituire l'anticipo pensionistico che finirà a dicembre. Senza soluzioni si andrebbe via dal lavoro a 67 anni. Verso la proroga di Opzione Donna e l’estensione dell’Ape Sociale per i lavori usuranti

Resta irrisolto il rebus del dopo-quota 100. L’incontro fra governo e sindacati non è bastato a trovare una soluzione a quello che è uno dei nodi più complicati della manovra per il 2022 e cioè: cosa fare per evitare che con l’anno nuovo occorrano 67 anni per andare in pensione.

Da gennaio, infatti, non si potrà più sfruttare l’anticipo varato nel 2019 che permette l’uscita dal lavoro a 62 anni e con almeno 38 di contributi. Se non si farà nulla, quindi, servirebbero fino a cinque in più per prendere l’assegno dell’Inps, così come dettato dalla legge Fornero del 2011.

Da mesi sul tavolo ci sono diverse ipotesi e lo scoglio principale è quello dei soldi: ogni forma di anticipo comporta una riduzione dell’assegno ma anche una spesa per lo Stato. E attualmente per la previdenza il governo ha previsto circa un miliardo e mezzo in tre anni.

Palazzo Chigi ha proposto un percorso progressivo: quota 102 (cioè 64 anni più 38 di contributi) nel 2022 e poi, con un innalzamento dell’età, quota 104; possibile uno stadio intermedio (quota 103).

L’idea non piace a Cgil, Cisl e Uil perché questa formula riguarderebbe appena 10mila lavoratori. I sindacati propongono la pensione a partire dai 62 anni o con 41 anni di contributi, utilizzando come risorse i risparmi accumulati dalla riforma Fornero e i denari accantonati per Quota 100 non spesi.

Sempre più probabile, intanto, il rinnovo di altre due forme di anticipo: Opzione Donna, che permette alle lavoratrici di lasciare il posto a 58 anni con 35 di contributi, e l'Ape Sociale, che consente l’uscita a 63 anni e che verrebbe estesa ad altri tipi di attività usuranti.

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