
L'annuncio di Roberto Gualtieri, a fine aprile 2022, di voler dotare Roma di uno di questi impianti ha riacceso il dibattito. Secondo gli ultimi dati, riferiti al 2020, in Italia ci sono 37 inceneritori e tutti recuperano energia. Il numero è di gran lunga inferiore a quello delle strutture di questo tipo presenti in alcuni Paesi europei

A fine aprile, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri (in foto) ha annunciato l’intenzione di costruire entro il 2025 un termovalorizzatore, ovvero un impianto che brucia i rifiuti producendo energia. L’ex ministro dell’Economia l’ha presentata come una soluzione per risolvere i noti problemi della Capitale e di recente ha ottenuto un primo assist dal governo
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Il decreto approvato dal Csm il 2 maggio 2022 assegna al primo cittadino la responsabilità di predisporre e adottare il piano di gestione dei rifiuti della città, regolamentare le attività di gestione dei rifiuti, elaborare e approvare il piano per la bonifica delle aree inquinate, approvare i progetti di nuovi impianti
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Il M5S è contrario a questi impianti per il loro potenziale impatto e si sta opponendo sia a livello locale che nazionale. "Con un decreto con le misure da noi richieste e concordate è stata inserita una norma per agevolare la realizzazione degli inceneritori, che non c'entra nulla, e poi è rimasta una norma che è una cambiale in bianco al sindaco di Roma, un'autostrada normativa al sindaco di Roma per realizzare il termovalorizzatore”, ha lamentato Giuseppe Conte parlando di una “scorrettezza gravissima"
Roma, in Cdm primo passo per il termovalorizzatore
Il termovalorizzatore di Roma non sarebbe un unicum. Secondo l'ultimo rapporto elaborato dal Centro nazionale dei rifiuti e dell'economia circolare dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale e riferito al 2020, in Italia sono operativi 37 termovalorizzatori che trattano rifiuti urbani e rifiuti provenienti da questa procedura: molti meno di quelli presenti in Germania (96) e Francia (126)
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Lo studio evidenzia che, rispetto al 2013, nel 2020 c'erano 11 impianti in meno, 7 dei quali erano collocati al Centro. Di quelli ancora presenti due anni fa, 26 si trovavano al Nord e la Lombardia ne aveva 13, seguita dall'Emilia Romagna (7). C'erano poi 5 impianti al Centro e 6 al Sud
Lo studio di Ispra
Secondo lo studio, nel 2020 i rifiuti urbani inceneriti, comprensivi del CSS, della frazione secca e del bioessiccato ottenuti dal trattamento dei rifiuti urbani stessi, sono stati oltre 5,3 milioni di tonnellate, con una diminuzione del 3,6% rispetto all’anno precedente. Di questi rifiuti avviati ad incenerimento, circa una metà (2,7 milioni di tonnellate) era costituita da rifiuti urbani mentre la restante quota era rappresentata da rifiuti derivanti dal trattamento dei rifiuti urbani

Nel report si legge che “tutti gli impianti sul territorio nazionale recuperano energia; 24 impianti hanno trattato circa 3,2 milioni di tonnellate di rifiuti e recuperano quasi 2,5 milioni di MWh di energia elettrica. I restanti 13 impianti, invece, sono dotati di cicli cogenerativi ed hanno incenerito 3 milioni di tonnellate di rifiuti, con un recupero di oltre 2,3 milioni di MWh di energia termica e di 2 milioni MWh di energia elettrica”

Nell’introduzione a un altro report - Il libro bianco - sull'incenerimento dei rifiuti urbani si legge che “la tecnologia del recupero di energia tramite incenerimento delle frazioni non riciclabili può dare un valido contributo” ai fini degli obiettivi di riciclaggio fissati dall’Ue
Il libro bianco
Si afferma poi che "relativamente alle emissioni in atmosfera si rendiconta, con diversi casi di studio ben dettagliati e focalizzati su diversi elementi inquinanti, quale sia l’impatto dell’inceneritore nell’area di interesse, impatto che per tutti gli elementi ed i composti analizzati si rileva marginale ed in alcuni casi addirittura assolutamente non significativo”

Lo studio descrive nel dettaglio anche come funzionano gli impianto di incenerimento, che sono costituiti principlamente da queste aree: camera di combustione, sezione di depurazione fumi, sezione di recupero energetico

I rifiuti “approdano” prima nelle camere di combustione dove la temperatura raggiunge i 950-1000 °C, un livello considerato sufficiente “in corrispondenza di adeguati tenori di ossigeno (6 – 8 %) e turbolenza, a garantire il completamento pressoché totale dell’ossidazione dei componenti organici nei processi di combustione”

Poiché le procedure di un impianto danno origine a emissioni di tipo gassoso, liquido e solido, “i fumi sono sottoposti ad un trattamento con l'obiettivo di ridurre in modo sostanziale le concentrazioni delle sostanze inquinanti”. Questa sezione, si legge, “risulta molto articolata e complessa, in conseguenza dei limiti sempre più rigorosi imposti dalla normativa e di un concreto progresso tecnologico"

Il report spiega poi che “il recupero di energia dall’incenerimento viene comunemente ottenuto attraverso il raffreddamento dei fumi che si rende necessario per il loro successivo trattamento. Il recupero avviene sotto forma di produzione di energia elettrica e/o termica, ottenuta attraverso l’impiego del vapore generato in un’apposita caldaia, concettualmente costituita da uno scambiatore di calo”