Bologna è una città diversa, senza gli studenti che girano per le strade. Ma rimane la città dei fuorisede, della cultura e dell'attivismo sociale. E, soprattutto, delle biciclette
di Roberta Giuili
Bologna è la città universitaria per eccellenza: molti ragazzi ogni anno si trasferiscono per studiare qui e molti ci rimangono. Quest'anno alcuni di loro hanno deciso di tornare a casa o di non trasferirsi, risparmiando sui costi della vita da fuorisede
La città è famosa per i suoi portici. Nati come luogo di commercio e di incontro, in questo periodo può accadere di vederli totalmente vuoti
Sono moltissime le copisterie dove gli studenti andavano a stampare la tesi. Ma dal primo lockdown le sedute di laurea sono state quasi tutte online e questo ha messo in crisi anche la loro attività. "L'unica cosa che mi consola", dice il proprietario di una di queste, "è che l'università è qui dal 1088: chissà quante epidemie avrà visto prima di quella da coronavirus"
Una delle edicole di Bologna. Non si vendono più le cartoline, e i cartelli esposti ironizzano sul virus e sulla mancanza di clienti
Le biciclette sono ovunque. Molte sfrecciano per le strade, ma sono di più quelle parcheggiate con la catena
A Bologna è forte la mobilitazione anche sul tema rider, i fattorini per le consegne di cibo a domicilio. Arriva da qui Riders Union, la prima associazione di riders nata per chiedere più diritti a favore di chi lavora sotto le grandi aziende di food delivery
Una delle molte ciclofficine che si incontrano in città. Anche il lavoro di riparazione di biciclette è diminuito, ma non si è fermato perché le persone continuano a girare sulle due ruote
Uno dei produttori che espongono al mercato contadino di Campi Aperti