Secondo quanto emerge, tra le persone al centro delle comparazioni con la traccia genetica maschile trovata nel cavo orale della vittima, ci dovrebbe essere anche chi si occupò di riesumare il corpo della ragazza, per prenderne le impronte dattiloscopiche, oltre a tutti coloro che entrarono in contatto con il cadavere. Quello che si vuole accertare è se si tratti, o meno, di un "inquinamento"
Riguarderà almeno 30 persone la comparazione con il Dna maschile individuato nel cavo orofaringeo di Chiara Poggi, uccisa a Garlasco il 13 agosto del 2007. Secondo quanto emerge, tra le persone al centro delle comparazioni, ci dovrebbe essere anche chi si occupò di riesumare il corpo della ragazza, per prenderne le impronte dattiloscopiche, oltre a tutti coloro che entrarono in contatto con il cadavere. Quello che si vuole accertare è se si tratti, o meno, di un "inquinamento".
Come si è arrivati a "ignoto 3" e che verifiche vanno fatte
L’attenzione su questo punto si è accesa da quando, nell’incidente probatorio disposto nella nuova indagine, sono stati effettuati gli esami su cinque campioni di una garza usata per raccogliere, nel 2013, dopo il delitto, materiale dal palato, dalla lingua e dalle pareti del cavo orale della vittima. Dagli esami è emersa l’esistenza di un profilo genetico maschile finora sconosciuto, identificato come “ignoto 3”. Il cromosoma Y recuperato non è dunque riconducibile né ad Andrea Sempio, nuovo indagato dalla Procura di Pavia in concorsi con altri, né ad Alberto Stasi, l'allora fidanzato della vittima che sta finendo di scontare 16 anni di carcere. Dei cinque campioni analizzati, oltre a quello riconducibile a “ignoto 3”, un altro appartiene all'assistente del medico legale che nel 2007 effettuò l'autopsia su Poggi. Illeggibili gli altri tre. Denise Albani, la genetista nominata dal gip di Pavia nell'incidente probatorio, ha ripetuto gli accertamenti e il 14 luglio è stata confermata definitivamente l’esistenza di un “ignoto3”. Ora il passo successivo è quello di verificare se si tratto o meno di un "inquinamento”: cioè se quella tracciagenetica sia di qualcuno che ha avuto a che fare con le operazioni sul cadavere di Chiara, oppure se sia quella di chi ha preso parte al delitto.
Pareri discordanti
Gli esperti hanno pareri discordanti. Per alcuni il profilo di "ignoto3" è "netto, completo, robusto e con 22 marcatori", per altri, invece, tra cui Luciano Garofano, l'allora comandante dei Ris nominato dalla difesa di Sempio, sarebbe un mix tra quello dell'assistente del medico che fece l'autopsia e di un'altra persona sconosciuta, in quantità minime. "La spiegazione più logica, e non di parte - sostiene l'ex generale dell'Arma - è che sia una contaminazione che è avvenuta prima del prelievo, maneggiando quella garza" che sarebbe stata utilizzata per raccogliere materiale dalla bocca di Chiara per poi confrontarlo con le tracce emetiche sulla scena del crimine. Una "contaminazione" che, a suo dire, boccia la tesi di "un secondo uomo: andranno di certo alla ricerca di un fantasma". Ad ogni modo, la dottoressa Albani ha preannunciato che dovrà chiedere una serie di chiarimenti al medico legale Ballardini, che si occupò dell'autopsia. Ad esempio il perché abbia usato quella garza, forse addirittura un frammento di tessuto non sterile, e non un tampone vero e proprio.