Libertà di stampa, l'Italia scende nella classifica di Reporter Senza Frontiere: ora è 49°

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In occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa, che si celebra il 3 maggio, Reporter Senza Frontiere ha stilato la classifica globale dei Paesi in cui l'attività giornalistica è sottoposta a limitazioni o censure. Secondo i dati del 2025, il nostro Paese è sceso di 3 posizioni rispetto al 2024 e oggi si attesta al 49° posto: il risultato più grave in Europa Occidentale

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La libertà di stampa nel mondo è sempre più minacciata, e anche in Italia la situazione continua a peggiorare. Nella classifica globale del 2025 stilata da Reporter Senza Frontiere (Rsf), il nostro Paese si classifica al 49° posto, scendendo di tre gradini rispetto ai dati del 2024: il risultato più grave in Europa Occidentale. Come ogni anno, in occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa, che si celebra il 3 maggio, Rsf stila la classifica globale dei Paesi in cui l'attività giornalistica è sottoposta a limitazioni o censure. In Italia la libertà dei giornalisti “continua a essere minacciata dalle organizzazioni mafiose, in particolare nel sud del Paese, nonché da diversi piccoli gruppi estremisti violenti”, denuncia Repoter Senza Frontiere. I reporter italiani “denunciano anche i tentativi dei politici di ostacolare la loro libertà di occuparsi di casi giudiziari attraverso una 'legge bavaglio' che si aggiunge alle procedure SLAPP (azioni legali finalizzate a bloccare la partecipazione alla vita pubblica, ndr), una prassi comune in Italia”, specifica ancora il report di Rfs.

L'analisi 2025 di Reporter Senza Frontiere

Quella fotografata da Reporter Senza Frontiere per il 2025 è una “situazione globale difficile”. Per la prima volta nella storia dell'Indice, la libertà di stampa è al suo minimo storico. Come precisa il rapporto, “gli attacchi fisici contro i giornalisti sono le violazioni più visibili della libertà di stampa”, ma anche “la pressione economica rappresenta un problema grave e più insidioso”. Ciò è dovuto alla “concentrazione della proprietà, alla pressione degli inserzionisti e dei finanziatori, e a un sostegno pubblico limitato, assente o distribuito in modo poco chiaro”, riferiscono Rfs. I dati dell'Indice rivelano che i media di oggi lottano tra “il preservare la propria indipendenza editoriale e garantire la propria sopravvivenza economica”. “Quando i media sono in difficoltà finanziarie, vengono trascinati in una corsa per attrarre pubblico a scapito di un'informazione di qualità, e possono cadere preda degli oligarchi e delle autorità pubbliche che cercano di sfruttarli. Quando i giornalisti sono impoveriti, non hanno più i mezzi per resistere ai nemici della stampa: coloro che promuovono la disinformazione e la propaganda”, denuncia Anne Bocandé, direttrice editoriale di Rsf.

La situazione “critica” della libertà di stampa nel mondo

Secondo i dati raccolti da Rsf, in 160 su 180 Paesi presi in esame, i media raggiungono la stabilità finanziaria “con difficoltà” o “per niente”. Come rivela il rapporto, sempre più testate giornalistiche stanno chiudendo i battenti a causa delle difficoltà economiche in quasi un terzo dei Paesi del mondo. È il caso degli Stati Uniti che, passando dal 55° al 57° posto, registrano quest'anno "il primo significativo e prolungato declino della libertà di stampa nella storia moderna, mentre il ritorno di Donald Trump alla presidenza sta aggravando notevolmente la situazione". È il caso anche della Tunisia (129° posto, in calo di 11 posizioni) e dell'Argentina (87°, in calo di 21 posizioni). Per Rsf la situazione in Palestina (163° posto) è “disastrosa”: a Gaza, l'esercito israeliano ha distrutto redazioni, ucciso quasi 200 giornalisti e imposto un blocco totale sulla Striscia per oltre 18 mesi. Mentre ad Haiti (112°, in calo di 18 posizioni), la mancanza di stabilità politica ha portato nel caos anche l'economia dei media. Trentaquattro Paesi hanno assistito a chiusure di massa delle testate giornalistiche, con conseguente esilio di giornalisti negli ultimi anni. Ciò è particolarmente evidente in Nicaragua (172°, in calo di 9 posizioni), Bielorussia (166°), Iran (176°), Myanmar (169°), Sudan (156°), Azerbaigian (167°) e Afghanistan (175°), in cui “le difficoltà economiche aggravano gli effetti della pressione politica”.

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I Paesi più liberi

Secondo l'Indice relativo al 2025, la Norvegia rimane leader e modello nella classifica globale, conquistando ancora una volta il primato e classificandosi come il Paese in cui il giornalismo risulta essere più libero e autonomo al mondo. Seguono Estonia, al secondo posto, e Paesi Bassi, al terzo. Rispetto all'anno scorso, la Danimarca (2° nel 2024) è uscita dal podio, scendendo in sesta posizione, così come la Svezia, che dal terzo posto, è attualmente quarta.

I Paesi più censurati

In fondo alla classifica troviamo Cina, Corea del Nord ed Eritrea, che si collocano rispettivamente alla 178°, 179° e 180° posizione. Per Reporter Senza Frontiere, la Cina è “la più grande prigione per giornalisti al mondo e il suo regime conduce una campagna di repressione contro il giornalismo e il diritto all'informazione in tutto il mondo”, denuncia il rapporto. Per quanto riguarda la Corea del Nord, “uno dei regimi più autoritari al mondo”, l'informazione è “rigidamente controllata” e il giornalismo indipendente “proibito severamente”. Infine, l'Eritrea si riconferma ancora una volta come il Paese più censurato in termini di libertà di stampa a causa della “assoluta arbitrarietà del presidente Issayas Afeworki, colpevole di crimini contro l'umanità, secondo un rapporto delle Nazioni Unite del giugno 2016”, riferisce Rsf. “Non ci sono organi di stampa indipendenti in questo Paese, tristemente noto per detenere giornalisti più a lungo di qualsiasi altro Paese al mondo”, rimarca infine il report.

I Paesi peggiorati rispetto al 2024

A fianco delle sorprese (Trinidad e Tobago 19° davanti al Regno Unito e Taiwan 24° davanti alla Francia) molte le “retrocessioni”. È il caso, ad esempio, della Germania che, dopo la decima posizione del 2024, è uscita dalla top ten a causa del "clima di lavoro sempre più ostile per i professionisti dei media in Germania, in particolare a causa degli attacchi dell'estrema destra". Nel 2024, i giornalisti tedeschi che hanno avuto a che fare con ambienti di estrema destra e partiti come Alternativa per la Germania sono stati nuovamente minacciati, denunciando insulti e timore di violenza fisica. Anche in termini editoriali, la Germania, ora undicesima, è stata criticata, con il rapporto che indica "numerosi casi documentati in cui i professionisti dei media hanno segnalato ostacoli sproporzionatamente elevati nel riportare informazioni sul conflitto in Medio Oriente".

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