Nella nuova puntata del suo podcast, la giornalista, detenuta per tre settimane in Iran, risponde alle domande di Mario Calabresi, direttore di Chora Media. "La cosa che più volevo era un libro". In carcere "sono riuscita a ridere due volte: la prima volta che ho visto il cielo e poi quando c'era un uccellino che faceva un verso buffo. Il silenzio è il nemico in quel contesto"
"Non mi è stato spiegato perché io sia finita in una cella di isolamento nel carcere di Evin. Questa storia comincia con il fatto che l'Iran è il Paese nel quale più volevo tornare, dove ci sono le persone a cui più mi sono affezionata. Si cerca di avere uno scudo dalla sofferenza degli altri che accumuli, e qualche volta delle fonti che incontri per lavoro diventano amici, persone che vuoi sapere come stanno, e l'Iran è uno di questi posti". Queste le parole di Cecilia Sala, nella nuova puntata del suo podcast, intitolata I miei giorni a Evin, tra interrogatori e isolamento, pubblicato da Chora Media. Intervistata da Marco Calabresi, la giornalista racconta i suoi 21 giorni nel carcere di Evin, a Teheran. Intanto gli Stati Uniti si felicitano della liberazione, ma sottolineano di non aver avuto nessun ruolo nella vicenda che è stata gestita dal "governo italiano, dall'inizio alla fine". E da Washington non commentano neanche la possibile estradizione dell'ingegnere iraniano Mohammed Abedini Najafabadi, l'uomo dei droni arrestato a Malpensa su richiesta di Washington tre giorni prima del fermo di Sala a Teheran. La giornalista è stata sentita ieri dai carabinieri del Ros: l'informativa con il verbale verrà trasmessa alla Procura di Roma per valutare un'eventuale apertura di un fascicolo di indagine.
Sala: "Confusa e felicissima. A Evin ho riso due volte"
"Sono confusa e felicissima, mi devo riabituare, devo riposare, questa notte non ho dormito per l'eccitazione e la gioia. Quella precedente per l'angoscia, sto bene, sono molto contenta", ha detto Sala, risponendo alle domande di Calabresi. Poi ha raccontato altri dettagli sulla sua prigionia: in carcere ad Evin "sono riuscita a ridere due volte: la prima volta che ho visto il cielo e poi quando c'era un uccellino che faceva un verso buffo. Il silenzio è il nemico in quel contesto e in quelle due occasioni ho riso e mi sono sentita bene. Mi sono concentrata su quell'attimo di gioia, ho pianto di gioia".
"La cosa che più volevo era un libro"
"A un certo punto mi sono ritrovata a passare il tempo, a contare i giorni, a contare le dita, a leggere gli ingredienti del pane che erano l'unica cosa in inglese", racconta ancora la reporter. "La cosa che più volevo era un libro. Era la storia di un altro, qualcosa che mi portasse fuori. Un'altra storia in cui mi potessi immergere e che non fosse la mia in quel momento". Lo ha fatto con Kafka sulla spiaggia di Murakami, che in una telefonata ha chiesto al compagno Daniele Raineri di leggere insieme, per avere una condivisione, anche da lontano, anche a distanza. Sala parla anche degli occhiali, che le erano stati tolti. Li ha potuti indossare solo qualche giorno prima di tornare in libertà. Nell'intervista, poi, non mancano anche dei passaggi sull’ingegnere iraniano arrestato a Milano, Abedini: la giornalista aveva capito che la storia "dell’uomo dei droni" poteva essere collegata alla sua detenzione. "Avevo letto
di un arresto in Italia e ho pensato che potessero avere l'intenzione di usarmi per quello. Avevo chiara questa ipotesi e pensavo fosse uno scambio molto difficile".
"Nelle prime 2 settimane mi interrogavano ogni giorno"
"Quasi tutti i giorni mi interrogavano. Per le prime due settimane tutti i giorni. Io ho preso in considerazione l'ipotesi di essere accusata di reati come pubblicità contro la Repubblica islamica, o molto più gravi", ma le accuse non sono mai state circostanziate. "Mi hanno detto che ero accusata di tante cose illecite compiute in tanti luoghi diversi", ha spiegato la reporter sui motivi della sua incarcerazione. Prima di partire, ha spiegato Sala, "avevo preso in considerazione il rischio di essere arrestata ed è una cosa che mi sono rimproverata molto una volta dentro. Ho chiesto consiglio a tantissime persone di lì prima di partire, ma il nuovo governo aveva dimostrato un piccola apertura, concedendo visti a giornalisti stranieri: c'era la Cnn, Paris Match".
"Ho senso di colpa per chi è ancora in cella''
"Ci sono persone che sono" in carcere in Iran "da moltissimo tempo. Penso a loro moltissimo. Uno dei momenti più complicati è stato pensare a come avrei detto che mi avrebbero liberata alla donna con cui sono stata insieme in cella negli ultimi giorni e che sarebbe rimasta lì. C'è il senso di colpa dei fortunati nella condizione in cui mi trovo adesso. Sono quindi grata alle persone che per mestiere si prendono cura di chi è nelle condizioni in cui ero io e sono sottoposti a incarcerazioni molto più lunghe", ha aggiunto Sala, in lacrime per la commozione.
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"È Roma che deve rispondere a domande specifiche"
"Il caso di Cecilia Sala è stata una decisione del governo italiano dall'inizio alla fine ed è Roma che deve rispondere a domande specifiche", ha spiegato durante un briefing con un gruppo ristretto di giornalisti il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americana, John Kirby. "Sfortunatamente - ha sottolineato il funzionario - il regime iraniano continua a detenere ingiustamente persone provenienti da molti altri Paesi, spesso per utilizzarle come leva politica e ognuno di loro dovrebbe essere rilasciato adesso". Prima della dichiarazione di Kirby, fonti del dipartimento di Stato avevano fatto sapere all'Ansa che non avrebbe risposto a domande specifiche sul caso perché, come ha poi ribadito il funzionario della Casa Bianca, "spetta al governo italiano farlo".
Il 15 gennaio l’udienza per Abedini
Quanto al caso Abedini, le cui sorti si sono intrecciate in questi giorni con quelle di Cecilia Sala, sempre fonti del dipartimento di Stato hanno chiarito di non voler commentare. L'ingegnere, detenuto nel carcere di Opera, è accusato di aver passato a Teheran componenti per l'assemblaggio di Shahed, i droni che un anno fa in un attacco in Giordania hanno causato la morte di tre militari americani. Il 15 gennaio è prevista l'udienza per decidere gli arresti domiciliari, ma Washington ha già chiarito di essere contraria alla scarcerazione vista anche la precedente fuga del trafficante d'armi russo Artem Uss, evaso dai domiciliari in Italia nel marzo del 2023. Pur non commentando il singolo caso, gli Stati Uniti sottolineano di "rimanere piuttosto preoccupati per la proliferazione da parte dell'Iran di droni, sempre più avanzati e letali, e per il suo continuo sostegno a gruppi terroristici che rappresentano le principali minacce alla pace e alla stabilità nella regione". "La situazione di Abedini è squisitamente giuridica, e va studiata nella sua complessità, indipendentemente dal felice esito della vicenda Sala", ha detto oggi il ministro della Giustizia Carlo Nordio, intervistato da La Stampa: "Dell'estradizione è prematuro parlare, anche perché sino ad ora la richiesta formale non è ancora arrivata al nostro ministero".
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Il ritorno di Cecilia Sala in Italia
L'annuncio della liberazione di Cecilia Sala era arrivato ieri, dalla Presidenza del Consiglio. La giornalista era poi arrivata a Roma, all'aeroporto di Ciampino, nel pomeriggio, dove ad accoglierla, oltre ai suoi genitori e al compagno Daniele Ranieri, c'erano la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il ministro degli Esteri Antonio Tajani e il sindaco Roberto Gualtieri. "Ringrazio tutti. Ringrazio il governo e tutti quelli che mi hanno tirato fuori", ha detto ai cronisti dalla macchina. Poi è arrivato il primo post sui social dopo il rientro: "Ho la fotografia più bella della mia vita, il cuore pieno di gratitudine, in testa quelli che alzando lo sguardo non possono ancora vedere il cielo. Non ho mai pensato, in questi 21 giorni, che sarei stata a casa oggi", la didascalia a corredo di uno scatto che vede la reporter abbracciata al compagno appena dopo l'arrivo in Italia.