Calenzano, 5 morti nell’esplosione del deposito Eni. Preoccupazione per tre feriti

Cronaca
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L’esplosione di lunedì mattina ha provocato la morte di cinque persone. I feriti sono stati tutti dimessi, tranne tre che sono ricoverati in codice rosso: due nel centro grandi ustionati di Pisa, uno in terapia subintensiva all'ospedale fiorentino di Careggi. La procura di Prato ha aperto un'inchiesta e una delle ipotesi di reato sarebbe omicidio colposo plurimo. Ieri i Ris sono entrati nell'impianto per effettuare degli accertamenti

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Cinque morti e 26 feriti, tra cui tre in condizioni molto gravi. È questo il bilancio dell'esplosione avvenuta lunedì nel deposito Eni di Calenzano, nei dintorni di Firenze. Ieri sono stati ritrovati i corpi dei tre dispersi che ancora mancavano all'appello: erano nell'area delle pensiline di carico, dove è deflagrata l'esplosione. Intanto, i Ris sono entrati nell'impianto per effettuare degli accertamenti sugli esplosivi che sono stati disposti nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Prato. Nel deposito sono state eseguite perquisizioni, così come alla Sergen di Potenza, la ditta incaricata di lavori di manutenzione nell'impianto fiorentino. Si indaga sulle cause della perdita che avrebbe determinato lo scoppio durante le operazioni di carico. Poco prima dell'incidente, un operatore che era al deposito aveva dato l'allarme ma nel giro di pochi secondi si è verificato il grande boato con il successivo incendio.

Chi sono le vittime

L’esplosione è avvenuta lunedì mattina intorno alle 10.21. Nel deposito di Calenzano hanno perso la vita Vincenzo Martinelli, 53 anni, autista originario di Napoli e residente a Prato dal 1998; Carmelo Corso, altro autista 57enne, originario di Catania che viveva a Calenzano; Davide Baronti, 49 anni, autista nato ad Angera (Novara) e residente in Toscana. Ci sono poi due lavoratori originari della Lucania: Franco Cirielli e Gerardo Pepe. Cirielli, 50 anni, aveva fatto parte della Brigata paracadutisti "Folgore" e viveva con la compagna e due figli piccoli a Cirigliano (Matera), paese di circa 300 abitanti della collina materana. Pepe, 45 anni, nato in Germania dove i suoi genitori erano emigrati per lavorare, viveva a Sasso di Castalda (Potenza). Sono state disposte le autopsie e serviranno gli esami del Dna per l'identificazione esatta dei corpi.

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I feriti

Resta la preoccupazione per le tre persone che sono state ricoverate in codice rosso. Due pazienti si trovano nel centro grandi ustionati di Pisa, entrambi in condizioni molto gravi per le ustioni che hanno riportato. Una terza persona si trova in terapia subintensiva all'ospedale fiorentino di Careggi. Secondo quanto riferito, i due ricoverati a Pisa sono in condizioni gravi e sedati nel reparto di terapia intensiva con ustioni estese in varie parti del corpo. Il fortissimo scoppio li ha centrati in pieno, procurando loro anche traumi e fratture perché entrambi sono stati scaraventati a distanza. "Le posizioni dei feriti al centro grandi ustioni di Cisanello sono molto preoccupanti", ha detto il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani. Per Giani è stata "una tragedia di entità fortissima ma che poteva essere anche più grave perché accanto alla pensilina di ricarica ci sono almeno 20 cisterne che contengono carburante, e quindi se vi fosse stato l'innesto di una catena tra l'incendio dalla pensilina fino alle cisterne chissà cosa sarebbe successo". Gli altri feriti sono stati tutti dimessi o sono in fase di dimissione dall'ospedale.

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Le ipotesi di reato

La procura di Prato (Calenzano è in provincia di Firenze ma ricade sotto la giurisdizione della magistratura pratese) ha aperto un'inchiesta dopo l'esplosione: una delle ipotesi di reato sarebbe omicidio colposo plurimo. Ci sarebbe almeno un'altra contestazione, ma non è trapelato né il titolo di reato né se siano già state iscritte delle persone nel registro degli indagati. Secondo alcuni quotidiani, i reati ipotizzati - a ora contro ignoti - sarebbero omicidio colposo, disastro e "rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro".

Le indagini

Il procuratore capo di Prato Luca Tescaroli ha condotto dei sopralluoghi nel deposito. Con il magistrato anche il Ris dei carabinieri e i consulenti nominati dalla procura. Da quanto appreso, l'inchiesta mira ad appurare se, come già emerso e come avrebbe riferito un testimone, ci sia stata una fuoruscita di liquido e in caso affermativo da dove, se da un'autobotte o dall'impianto. Ancora, la procura vuole capire quale fosse il piano sicurezza. E poi individuare l'innesco dell'esplosione. Alcuni esperti hanno fatto presente che la benzina brucia, mentre a causare l'esplosione sono i vapori e in questo caso a provocare la deflagrazione potrebbe bastare anche un semplice sfregamento. L'esplosione, in base a quanto emerso, si sarebbe verificata mentre era in corso il rifornimento di un'autobotte. Ma a questa circostanza, è stato fatto notare in ambienti investigativi, al momento non necessariamente si deve o può essere legata la causa della deflagrazione. Poco prima dell'incidente a Calenzano, un operatore che era alla pensilina numero 6 dell'area di carico, che ne conta 10, avrebbe anche dato l'allarme: erano le 10:21 e 30 secondi, questa l'orario registrato, quando avrebbe premuto il pulsante. Pochi secondi dopo c'è stata la deflagrazione nell'area di carico: almeno cinque le autocisterne coinvolte.

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Le perquisizioni

Secondo alcuni quotidiani, ieri sono state eseguite delle perquisizioni su ordine della procura di Prato sia nello stabilimento di Calenzano sia alla Sergen di Potenza, la ditta incaricata di lavori di manutenzione nell'impianto fiorentino e per cui lavoravano i due tecnici lucani Gerardo Pepe e Franco Cirelli, morti insieme ai tre autisti. Le perquisizioni sono servite ad acquisire documentazione, comprese le chat nei giorni precedenti alla strage e nelle ore successive, per ricostruire cosa è accaduto - spiega Repubblica - nella "linea di carico e scarico del carburante e alle riparazioni in atto della linea di benzina da tempo dismessa". Sempre Repubblica ha riferito anche che due mesi fa Vincenzo Martinelli, autista morto nell'esplosione insieme ai colleghi Carmelo Corso e Davide Baronti, parlava di "continue anomalie riscontrate sulla base di carico" in una lettera alla sua azienda Bt trasporti per replicare all'apertura di un procedimento disciplinare a suo carico per essersi rifiutato di completare un viaggio.

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