Il radiologo era solito chiamare le colleghe nella sua stanza utilizzando l'altoparlante. I colleghi, nel frattempo, lodavano quello che consideravano un suo "successo"
Nel seminterrato dell’ospedale Guglielmo da Saliceto, a Piacenza, la porta dell’ufficio di Emanuele Michieletti è stata sigillata. Quel locale, ora trattato come una scena del crimine, è il fulcro dell’inchiesta condotta dal procuratore capo Grazia Pradella. Grazie a microspie e a una minuscola telecamera nascosta nel sistema di aerazione, è stato possibile documentare 32 episodi di violenza sessuale in appena 45 giorni. Il medico convocava le dipendenti attraverso l’altoparlante, mentre i colleghi, lontani dal denunciare, si complimentavano per quelle che chiamavano "conquiste".
I racconti delle vittime
Michieletti, sposato e con due relazioni clandestine stabili secondo gli inquirenti, si sarebbe comportato come se le dipendenti fossero parte di un suo harem privato. "Quasi ogni giorno ci provava", ha dichiarato una fonte al Corriere della Sera. Tra avances, pressioni e rapporti completi, il confine tra lavoro e abuso si sarebbe dissolto. Ex modesto modello, “consapevole del proprio fascino”, il primario godeva del silenzio complice di chi lo circondava. L’Ausl (l'azienda unità sanitaria locale) lo ha licenziato per giusta causa e si attende ora la sospensione dall’Ordine dei Medici. In questo clima, le vittime raccontano di minacce, carriere agevolate per le complici e un ambiente dove la dignità professionale cedeva il passo all’omertà. “Se entri nel suo ufficio per lavoro, sai che dovrai pagare un prezzo”, scrive la Procura.
