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Alessandro Barbero lascia l'università e va in pensione: "Lavoro sempre più gravoso"

Cronaca

Il professore lascia il suo posto da docente all'Università del Piemonte orientale. A Vercelli Alessandro Barbero insegnava dal 1998 come professore di Storia Medievale. In un'intervista a La Stampa riflette sulle prerogative delle università italiane, sugli studenti di oggi e sul suo passato accademico 

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Il professor Alessandro Barbero va in pensione, lasciando Vercelli. Qui era arrivato nel 1998, anno di fondazione dell’università del Piemonte Orientale, come professore di storia del medioevo. In un’intervista odierna a La Stampa ne spiega il motivo: "Mi sono accorto che il lavoro di docente è diventato inutilmente più gravoso. La burocratizzazione del nostro mestiere, il tempo passato a svolgere attività che un amministrativo farebbe molto meglio, la pretesa di trasformare studiosi e ricercatori in capi ufficio ha reso stressante un lavoro bellissimo". E aggiunge: "Magari sono io che, a 65 anni, tendo a vedere gli aspetti negativi piuttosto che i lati positivi del presente".

Barbero: "Scelsi Vercelli per un rapporto più diretto con i ragazzi"

Anche quella di Vercelli come università in cui insegnare, spiega il professor Barbero nell'intervista a La Stampa, fu una precisa scelta: "Le grandi università offrono maggiori opportunità per chi voglia spendersi a livello organizzativo, curare progetti e cercare finanziamenti e agli studenti garantiscono un ventaglio di corsi maggiori. A me, però, interessa fare ricerca e insegnare. E un ateneo di medie dimensioni è decisamente la situazione ottimale. Sfianca meno per la quantità di esami da fare e di tesi da seguire e consente un rapporto più diretto con i ragazzi". Una riflessione anche sull'impegno e sulla natura dei giovani studenti di oggi: "La qualità dei giovani, negli anni, non è cambiata. La quantità di teste, di gente appassionata è sempre la stessa. Certo, ogni generazione ha caratteristiche sue: oggi i ragazzi sono forse più fragili, più spaventati dall’incertezza del futuro e timorosi rispetto al passato"

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Quanto al suo insegnamento il professore confessa "di non essere un grande maestro: lascio molta libertà agli studenti, cosa che ritengo positiva, ma non inseguo chi viene a chiedermi la tesi e poi, per qualche motivo, si perde lungo il tragitto". E fa una riflessione anche sulle piccole e medie università: "Qualche anno fa, una ricerca nazionale classificò l’Università del Piemonte Orientale al secondo posto per il numero di studenti primi laureati della loro famiglia. Al primo posto c’era l’Università della Calabria. A me è sembrata una cosa bellissima, di cui sono enormemente orgoglioso, ed è la dimostrazione che certi atenei possano fare la differenza per il loro territorio, offrendo la possibilità di laurearsi a giovani che altrimenti farebbero maggior fatica a proseguire gli studi".

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