Inchiesta curve, al via interrogatori: capi ultrà di Milan e Inter non rispondono al gip

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Si sono avvalsi tutti della facoltà di non rispondere i primi ultrà milanisti ed interisti sentiti a San Vittore per l’interrogatorio di garanzia, tra cui Francesco Lucci, fratello di Luca, leader della curva Sud milanista. Silenzio anche per Andrea Beretta, capo ultras nerazzurro, già in carcere da quasi un mese per l'omicidio di Antonio Bellocco. Gli interrogatori proseguiranno anche nel pomeriggio e domani. I pm accussano l'incapacità delle società di tagliare rapporti pericolosi

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Sono iniziati questa mattina nel carcere milanese di San Vittore gli interrogatori di garanzia degli ultrà di Milan e Inter arrestati due giorni fa nel maxi blitz della Dda di Milano, condotto da Polizia e Gdf, che ha svelato gli affari illeciti, dal bagarinaggio sui biglietti fino alle estorsioni su parcheggi e catering a San Siro, le violenze e un patto tra le due curve, la Nord e la Sud, in nome dei business illegali.

Gli interrogatori di oggi

Si sono avvalsi tutti della facoltà di non rispondere i primi ultrà milanisti ed interisti interrogati stamattina nel carcere milanese di San Vittore, davanti al gip Domenico Santoro e ai pm. In particolare, sono rimasti in silenzio Francesco Lucci, difeso dall'avvocato Jacopo Cappetta e tra i capi della curva Sud milanista, nonché fratello del leader Luca Lucci (sarà sentito più avanti, non stamattina), Riccardo Bonissi e Luciano Romano, anche loro accusati di far parte dell'associazione per delinquere della curva rossonera. Infine, ha deciso di non rispondere alle domande anche Andrea Beretta, l'ormai ex capo della curva Nord interista e che era nel direttivo assieme a Marco Ferdico e Antonio Bellocco, quest'ultimo esponente dell'omonima cosca della 'ndrangheta e ucciso proprio da Beretta, che è in carcere per l'omicidio dal 4 settembre scorso. Gli interrogatori andranno avanti anche nel pomeriggio e domani, ma la linea dei sedici ultrà finiti in carcere appare chiara: silenzio davanti al giudice. "Con la società c'era un rapporto trasparente. Nessuno ha mai fatto pressioni e minacce. Quando c'era bisogno di più biglietti li chiedevamo, quando c'era da organizzare trasferte ci rivolgevamo a loro", ha fatto sapere ieri dal carcere Beretta, attraverso l'avvocato Mirko Perlino. In totale sono state 19 le misure cautelari eseguite, di cui 16 in carcere e tre ai domiciliari.

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Legale Beretta: "Nessuna minaccia diretta per i biglietti"

"Non c'è stata alcuna pressione per avere le tessere, che venivano regolarmente pagate, sui biglietti non ci sono mai state minacce dirette", ha spiegato ai cronisti l'avvocato Mirko Perlino, legale dell'ex capo ultrà interista Andrea Beretta, in carcere, dopo l'interrogatorio in cui Beretta si è avvalso della facoltà di non rispondere. "L'unica minaccia - ha spiegato - è stata 'se non ci danno i biglietti per Istanbul non ci andiamo' e a mio parere non è una minaccia, ma è dire 'o accontentiamo tutti o non ci va nessuno'". E ancora: "Beretta i rapporti con i calciatori non li aveva, qualcuno ha avuto dei rapporti con i calciatori e che io sappia erano molto cordiali, anche in occasione della finale. La finale - ha concluso il legale Perlino - era un evento fondamentale e forse gli stessi calciatori ci tenevano ad avere la massa, era una partita difficilissima, più il tifo era numeroso più era favorevole al morale e al risultato". 

Pm: commissione antimafia Milano sottovalutò problema ultrà

Ci fu "una totale sottovalutazione del fenomeno anche da parte della Commissione comunale antimafia indotta in errore da Fc Inter". Lo scrivono i pm della Dda di Milano Paolo Storari e Sara Ombra nella richiesta di custodia cautelare per gli ultrà arrestati. La Procura, infatti, fa riferimento alle audizioni, il 15 marzo scorso, in Commissione antimafia del Comune di Milano di due responsabili del club nerazzurro. Dichiarazioni che, sostengono i pm, attestano "ancora una volta la totale sottovalutazione del fenomeno qui investigato e il completo scollamento dalla realtà dello stadio, non senza considerare alcune omissioni in mala fede". I legali dell'Inter, poi, si legge ancora, il 30 aprile hanno depositato "una memoria" dove si limitavano "a ripetere" ciò che era stato detto "in sede comunale". Memoria, però, da cui emerge, scrive la Procura, "un dato di interesse: il Presidente della commissione comunale antimafia" con una email del 28 marzo "ha riferito a FC Internazionale che l'audizione ha 'mostrato l'azione positiva di FC Inter'", una cosa smentita "dai fatti" e che "comprova ancora una volta una totale sottovalutazione del fenomeno" anche da parte della Commissione comunale. Peraltro, fanno notare i pm, l'Inter ha assunto una "duplicità di atteggiamento (uno rivolto all'interno, dove le regole organizzative vengono pretermesse, e l'altro rivolto all'esterno, dove le medesime regole sono oggetto di formale ossequio)".

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Le carte dell’inchiesta

La procura vorrebbe sentire come persone informate dei fatti diversi nomi importanti dell’Inter: il vicepresidente Javier Zanetti, l'allenatore Simone Inzaghi e l'ex difensore Milan Skriniar, ora al Psg. Dalle carte dell’inchiesta emerge che il club, "alternando atteggiamenti variabili tra agevolazione colposa e sudditanza, intrattiene (indirettamente) rapporti con la criminalità organizzata e con la criminalità da stadio, incapace di interrompere in maniera netta tali relazioni”, accusano i pm della Dda di Milano nella richiesta di custodia cautelare per gli ultrà. Un’accusa alla quale replica il numero uno nerazzurro. "Vorrei tranquillizzare i tifosi e noi stessi - dice Giuseppe Marotta - Noi siamo parte lesa, non abbiamo nulla da temere e allo stesso tempo abbiamo garantito la massima collaborazione alla magistratura. Siamo a completa disposizione". Ma l'inchiesta guarda anche all'altra sponda: a palazzo di Giustizia sarà convocato anche il capitano del Milan Davide Calabria, più altri testimoni. Sia per il club nerazzurro che per quello rossonero, infatti, pur non essendo indagate le società, è stato aperto un "procedimento di prevenzione": non è scattata la richiesta di amministrazione giudiziaria ma ci sarà un contraddittorio con i legali dei club. Un procedimento costruito in modo tale da dare la possibilità a Inter e Milan, ora ufficialmente 'sorvegliate speciali', di correre ai ripari ed eliminare tutte le situazioni ritenute dagli inquirenti illegali.

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