Inchiesta Venezia, Procura: da Brugnaro "sistematico perseguimento di interessi personali"

Cronaca
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I pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini, nelle richieste di misure cautelari relative all'inchiesta sulla presunta corruzione, spiegano che fin dall'inizio dell'indagine sul Comune di Venezia sarebbe emerso "un contesto amministrativo improntato a un'illegittimità diffusa", soprattutto nei settori urbanistico, dell'edilizia e delle gare d'appalto. Sul sindaco: "È evidente come non abbia in realtà dismesso la propria partecipazione" alle sue società. Gli indagati sono 32

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Fin dall'inizio dell'indagine della Procura sul Comune di Venezia sarebbe emerso "un contesto amministrativo improntato a un'illegittimità diffusa", soprattutto nei settori urbanistico, dell'edilizia e delle gare d'appalto. Inoltre, il sindaco Luigi Brugnaro avrebbe messo in atto "un sistematico perseguimento di interessi personali". È quanto scrivono i pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini nelle richieste di misure cautelari relative all'inchiesta sulla presunta corruzione.

Gli indagati sono 32

Nella maxi inchiesta della Procura della repubblica di Venezia - che vede coinvolti il sindaco Luigi Brugnaro, l'assessore alla Mobilità Renato Boraso, quest'ultimo in carcere, il capo e il vice capo di gabinetto del Comune Morris Ceron e Derek Donadini - gli indagati sono 32. La Procura, da quanto emerge dalle sue richiesta delle misure cautelari scattate martedì scorso, indaga su tutti gli altri 28 imprenditori per gli 11 presunti atti corruttivi legati a Boraso e Brugnaro e su una serie di false fatturazioni per coprire le tangenti ai politici da parte di 14 società in tutto. Un fascicolo a parte, sempre per corruzione e legato alle trattative per la vendita dell'area dei Pili e di Palazzo Papadopoli, è stato aperto anche nei confronti del principale accusatore, l'imprenditore Claudio Vanin. Nelle vicende sono indagati Brugnaro, Ceron, Donadini e l'imprenditore di Singapore Ching Chiat Kwong, con l'emissario italiano Carlo Louis Lotti. "L'interesse per il proficuo utilizzo dell'area dei Pili (41 ettari di zona lagunare inquinata, ndr) non è mai cessato. Si può anzi affermare, anche alla luce delle attività di intercettazione, che la messa a profitto dell'area dei Pili costituisce, permanentemente, un cruccio per il sindaco", hanno scritto i pm. Quanto al fatto che il sindaco e i suoi collaboratori Ceron e Donadini figurino solo come indagati, viene osservato che il reato ascritto per la vendita di Palazzo Papadopoli risale al 2016 e "il decorso di oltre sei anni dai fatti rende inattuali le esigenze cautelari".

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Procura: nel Comune c'è “illegittimità diffusa”

Nelle 940 pagine, i pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini hanno spiegato che dalle indagini sarebbe emerso nel Comune "un contesto amministrativo improntato a un'illegittimità diffusa", soprattutto nei settore urbanistico, dell'edilizia e delle gare d'appalto. I pm ravvisano anche una "corruzione ambientale", con criticità nella struttura amministrativa del Comune, delle partecipate, nella Città Metropolitana (di cui Brugnaro è sindaco, ndr) o strutture regionali come la Commissione Vas o l'Arpav. Tutte le interferenze sull'attività amministrativa, sottolineano i pm, "sono avvenute senza nessuna reazione e opposizione da parte dei funzionari", segno che per loro era "prassi consolidata e accettabile". A detta dei magistrati, le regole di trasparenza e di perseguimento dell'interesse pubblico "appaiono non raramente sacrificate" a favore degli "interessi particolari degli amministratori" e degli imprenditori con "rapporti privilegiati e occulti" o che "corrispondono un obolo o una vera e propria tangente" all'assessore Boraso.

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Su Brugnaro: “Sistematico perseguimento interessi privati”

Parlando di Luigi Bugnaro, i pm hanno spiegato che il blind trust che gestisce le sue aziende durante la sua carica di sindaco "è inefficace", perché "è evidente come Brugnaro non abbia in realtà dismesso la propria partecipazione" alle società. Il fondo cieco, aggiungono, è in mano ai "fedelissimi" del sindaco, cioè alti funzionari del Comune, “persone che svolgono tuttora l'incarico di amministratori del reticolato di società" del primo cittadino. Tra le accuse che la Procura di Venezia rivolge a Brugnaro c’è anche quella di aver messo in atto “un sistematico perseguimento di interessi personali".

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“Brugnaro sapeva di Boraso ma ha garantito silenzio”

Nelle carte, inoltre, si legge che Luigi Brugnaro, ma anche assessori, altri dirigenti, amministratori delle partecipate o figure di spicco, "hanno avuto l'evidenza" del "mercimonio della funzione pubblica" dell'assessore Renato Boraso ma "si sono ben guardati dal riprenderlo, dal censurarlo, dal denunciarlo". "Clamoroso", per i pm, l'ormai noto episodio del marzo scorso, quando Brugnaro avrebbe comunicato a Boraso delle segnalazioni sugli illeciti, ma "solo al fine di invitarlo a essere più prudente, avvisandolo pure che la Guardia di Finanza e gli inquirenti gli avevano messo gli occhi addosso, garantendogli comunque il suo 'silenzio'”. Dalle carte emerge anche che Renato Boraso negli ultimi tempi si sarebbe "particolarmente dedicato" ai progetti del nuovissimo "Bosco dello Sport", l'area vicina all'aeroporto Marco Polo su cui dovrebbero venire edificati il nuovo stadio e il nuovo palasport veneziani e un raccordo ferroviario con lo scalo lagunare. Motivando le esigenze di custodia cautelare per l'assessore comunale dimissionario, i magistrati scrivono che Boraso avrebbe "già raggiunto accordi corruttivi" per inserire alcune imprese nell'area e l'aggiudicazione di alcune opere. Boraso si sarebbe anche "dedicato a produrre documentazione giustificativa delle somme di denaro ricevute dai suoi corruttori" e "a distruggere documenti e prove" gettandoli nella stufa della casa di sua madre.

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"Le difficoltà nell'attività intercettiva"

Nella richiesta di misure cautelari firmata dai pm, c'è anche un capitolo intitolato "Le difficoltà nell'attività intercettiva". Emerge, nei due anni dell'inchiesta per corruzione, un "guardie e ladri" sul filo della tecnologia e della perseveranza della Gdf: cambi di telefono, soffiate (anche da un militare infedele) sulle intercettazioni in corso, sistemi anti-trojan, tecnologie anti-infiltrazione per evitare d'essere ascoltati dagli investigatori. C'erano perfino funzionari pubblici che avevano chiesto alla società comunale Venis di avere "apparati di ultima generazione non infiltrabili".

"Boraso interferisce anche nel Bosco dello Sport"

I pm, motivando le esigenze di custodia cautelare per l'assessore comunale dimissionario, scrivono anche che Renato Boraso negli ultimi tempi si sarebbe "particolarmente dedicato" ai progetti del nuovissimo "Bosco dello Sport", l'area vicina all'aeroporto Marco Polo su cui dovrebbero venire edificati il nuovo stadio e il nuovo palasport veneziani e un raccordo ferroviario con lo scalo lagunare. Secondo i magistrati, Boraso avrebbe "già raggiunto accordi corruttivi" per inserire alcune imprese nell'area e l'aggiudicazione di alcune opere. Dopo la trasmissione Report del 17 dicembre scorso che lo riguardava, Boraso si sarebbe anche "dedicato... a produrre documentazione giustificativa delle somme di denaro ricevute dai suoi corruttori" e "a distruggere documenti e prove" gettandoli nella stufa della casa di sua madre.

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