Manifestazione a Verona, il Papa: "La pace non sarà mai frutto di diffidenza, muri, armi"

Cronaca
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Il Pontefice è arrivato in elicottero al Bentegodi e ha iniziato la sua visita pastorale nel nome della giustizia e della pace. Prima tappa la basilica di San Zeno per l’incontro con i religiosi. Poi, in piazza, ha incontrato 5mila bambini e ragazzi. Subito dopo il trasferimento all'Arena di Verona, dov'è stato accolto da oltre 12mila persone. Qui l'abbraccio con un israeliano e un palestinese che hanno perso parenti in guerra. A seguire il pranzo al carcere di Montorio e la messa allo stadio

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Papa Francesco ha passato la giornata a Verona per una visita pastorale nel nome della giustizia e della pace. Tra i momenti più importanti, l’abbraccio di Bergoglio all’Arena di Verona all'israeliano Maoz Inon, al quale sono stati uccisi i genitori da Hamas il 7 ottobre, e al palestinese Aziz Sarah, al quale l'esercito israeliano ha ucciso il fratello: i due sono ora amici e collaboratori. L’Arena ha accolto l’abbraccio con applausi e una standing ovation. Dopo il discorso di pace pronunciato dai due, il Papa ha commentato: "Credo non ci sia bisogno di dire niente. Loro hanno avuto il coraggio di abbracciarsi. E questo non solo è coraggio, è testimonianza di volere la pace, ma anche è un progetto di futuro" (GUERRA IN MEDIO ORIENTE, GLI AGGIORNAMENTI LIVE). Poi Francesco ha aggiunto: "La pace non sarà mai frutto della diffidenza, dei muri, delle armi puntate gli uni contro gli altri. Non seminiamo morte, distruzione, paura. Seminiamo speranza! È quello che state facendo anche voi, in questa Arena di Pace. Non smettete. Non scoraggiatevi. Non diventate spettatori della guerra cosiddetta 'inevitabile'. Come diceva il vescovo Tonino Bello: 'In piedi costruttori di pace!'".

Prima tappa, la basilica di San Zeno

L’elicottero con a bordo il Pontefice è partito alle 6.30 dall'eliporto del Vaticano ed è atterrato intorno alle 8 nel piazzale antistante lo Stadio Bentegodi della città veneta. Ad accogliere Bergoglio il vescovo Domenico Pompili, il presidente del Veneto Luca Zaia, il sindaco Damiano Tommasi e il presidente della Camera Lorenzo Fontana. Francesco è poi salito in auto per iniziare la sua visita nella città scaligera. La prima tappa del Papa a Verona è stata la basilica di San Zeno. Qui ha incontrato i sacerdoti, i religiosi e le religiose e si è soffermato davanti alle spoglie del patrono della Chiesa di Verona. Bergoglio ha anche benedetto un'enorme statua in bronzo e acciaio di oltre 10 metri, installata in piazza San Zeno: la scultura, dal titolo "L'abbraccio", è opera di Roberto Brizzi e nelle prossime settimane sarà smontata e trasportata a Gerusalemme, dove sarà collocata sul tetto del palazzo della Custodia, di fronte al Muro della Città vecchia. Al termine del suo discorso ai sacerdoti, Francesco ha evocato la vicenda di Romeo e Giulietta: “Questo auguro a voi e alle vostre comunità: una 'santità capace', una fede viva che con carità audace semini il Regno di Dio in ogni situazione della vita quotidiana. E se il genio di Shakespeare si è fatto ispirare dalla bellezza di questo luogo per raccontarci le vicende tormentate di due innamorati, ostacolati dall'odio delle rispettive famiglie, noi cristiani, ispirati dal Vangelo, impegniamoci a seminare ovunque un amore più forte dell'odio e della morte. Sognatela così, Verona, come la città dell'amore. E che l'amore di Dio vi accompagni e vi benedica". "Siate audaci nella missione, sappiate ancora oggi essere una Chiesa che si fa prossima, che si avvicina ai crocicchi delle strade, che cura le ferite, che testimonia la misericordia di Dio. È in questo modo che la barca del Signore, in mezzo alle tempeste del mondo, può portare in salvo tanti che altrimenti rischiano di naufragare", ha detto ancora.

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L'incontro con bambini e ragazzi

Poi il Papa si è spostato fuori dalla basilica, in piazza San Zeno, dove ha incontrato bambini e ragazzi. “La domanda è: come possiamo noi essere segno di pace nel mondo? Voi sapete che in questo momento il mondo è in guerra. Ci sono tante guerre, sia Ucraina, Terra Santa, nell'Africa, Myanmar, tante, tante guerre. E Gesù predica la guerra o la pace? E noi cosa vogliamo fare, la guerra o la pace? Dobbiamo essere un segno di pace, no? Ma se tu litighi con il compagno o la compagna di scuola, sarai un segno di pace? No, dobbiamo essere un segno di pace, condividere sempre bene, ascoltare gli altri, giocare con gli altri, ma non litigare con gli altri. Diciamolo insieme: dobbiamo essere un segno di pace, insieme", ha detto Francesco rispondendo alle domande dei giovani. Il Papa, nel suo botta e riposta, ha esortato i ragazzi anche ad "andare controcorrente".

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L’evento "Arena di pace"

Il terzo appuntamento della visita del Papa nella città veneta è stato all'Arena di Verona, dove ha presieduto l'incontro "Arena di Pace - Giustizia e Pace si baceranno". Nel corso dell'evento, il Pontefice ha risposto ad alcune domande poste da operatori e associazioni. Oltre 12mila le persone che lo hanno accolto con applausi. L'arrivo del Pontefice ha "interrotto" il discorso che stava svolgendo sul palco don Luigi Ciotti, incentrato sul no alla guerra e alle armi. "La cultura fortemente marcata dall'individualismo rischia sempre di far sparire la dimensione della comunità, dei legami vitali che ci sostengono e ci fanno avanzare. E questa in termini politici è la radice delle dittature. E inevitabilmente produce delle conseguenze anche sul modo in cui si intende l'autorità. Chi ricopre un ruolo di responsabilità in un'istituzione politica, oppure in un'impresa o in una realtà di impegno sociale, rischia di sentirsi investito del compito di salvare gli altri come se fosse un eroe. Questo avvelena l'autorità. E questa è una delle cause della solitudine che tante persone in posizione di responsabilità confessano di sperimentare, come pure una delle ragioni per cui siamo testimoni di un crescente disimpegno", ha detto Francesco rispondendo a una domanda. “L'autorità di cui abbiamo bisogno è quella che innanzi tutto è in grado di riconoscere i propri punti di forza e i propri limiti, e quindi di capire a chi rivolgersi per avere aiuto e collaborazione. L'autorità è sostanzialmente collaborativa. L'autorità per costruire processi solidi di pace sa infatti valorizzare quanto c'è di buono in ognuno, sa fidarsi, e così permette alle persone di sentirsi a loro volta capaci di dare un contributo significativo", ha aggiunto. Poi ha sottolineato: “Per porre fine a ogni forma di guerra e di violenza bisogna stare a fianco dei piccoli, rispettare la loro dignità, ascoltarli e fare in modo che la loro voce possa farsi sentire senza essere filtrata. Incontrare i piccoli e condividere il loro dolore. E prendere posizione al loro fianco contro le violenze di cui sono vittime, uscendo dalla cultura dell'indifferenza e dalle sue giustificazioni". E ancora: "Oggi credo che il Premio Nobel che possiamo dare a tanti di noi è il Premio Nobel del Ponzio Pilato, perché siamo maestri nel lavarci le mani".

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L’invito del Papa a “rallentare”

"Nella nostra società viviamo questa tensione: da un lato, tutto ci spinge ad agire velocemente, siamo abituati ad avere una risposta immediata alle nostre richieste e diventiamo impazienti se si verifica un ritardo. La rivoluzione digitale degli ultimi anni ci ha permesso di essere costantemente connessi, di poter comunicare facilmente con persone molto distanti, di poter svolgere il nostro lavoro a distanza. Dovremmo avere più tempo a disposizione e invece ci accorgiamo che siamo sempre in affanno, rincorrendo l'urgenza dell'ultimo minuto. Dall'altro lato, sentiamo che tutto questo non è naturale", ha detto ancora Papa Francesco durante l'incontro sulla giustizia e la pace all'Arena di Verona. Poi l’invito: “Rallentare può suonare come una parola fuori posto, in realtà è l'invito a ricalibrare le nostre attese e le nostre azioni adottando un orizzonte più profondo e più ampio”.

Il dialogo

Secondo Francesco, "la pace richiede tempo, la pace va curata, e se non si cura la pace c'è la guerra. Bisogna cercare la pace. E come si fa? Col dialogo". Il Papa ha quindi avvertito: "Nella nostra vita, nelle nostre realtà, nei nostri territori saremo sempre chiamati a fare i conti con le tensioni e i conflitti e spesso siamo tentati di pensare che la soluzione per uscire dai conflitti e dalle tensioni sia quella della loro rimozione: li ignoro, li nascondo, li marginalizzo". Ma "l'esito finale di questo modo di vivere i conflitti è quello di accrescere le ingiustizie e generare reazioni di malessere e frustrazione, che possono tradursi anche in gesti violenti". Secondo il Papa, "un'altra risposta dal fiato corto è quella di cercare di risolvere le tensioni facendo prevalere uno dei poli in gioco, e questo è un suicidio, perché si riduce la pluralità di posizioni a un'unica prospettiva”. Per Francesco, invece, "il primo passo da fare per vivere in modo sano tensioni e conflitti è riconoscere che fanno parte della nostra vita, sono fisiologici, quando non travalicano la soglia della violenza. Quindi non averne paura". Poi bisogna, ha spiegato, "ricercare in un conflitto le ragioni di ogni parte, quelle emergenti e, se si riesce, anche quelle tenute nascoste, quelle di cui non si è consapevoli appieno. Questo è possibile attraverso il dialogo, che è fatto di condividere la pluralità. Il difetto delle dittature è di non ammettere la pluralità. Una società dove non ci sono conflitti è una società morta. Una società dove si nascondono i conflitti è una società suicida. Una società dove si prendono i conflitti per mano, è una società di futuro". Dopo aver ascoltato un Appello-video di mamme ebree e palestinesi, Bergoglio ha aggiunto: "Il mondo ha bisogno di guardare alle donne per trovare la pace. Le testimonianze di queste coraggiose costruttrici di ponti fra israeliani e palestinesi ce lo confermano". "Sono sempre più convinto - ha affermato il Pontefice riprendendo un discorso del 2015 - che 'il futuro dell'umanità non è solo nelle mani dei grandi leader, delle grandi potenze e delle élite. È soprattutto nelle mani dei popoli'".

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Papa Francesco a Verona
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La visita nel carcere di Montorio

Terminato l'incontro sulla giustizia e la pace all'Arena di Verona, Papa Francesco ha raggiunto in auto la Casa Circondariale di Montorio. Qui è stato accolto dalla direttrice del carcere Francesca Gioieni e dal direttore della Polizia penitenziaria Mario Piramide. Ha poi salutato tra gli applausi gli agenti di Polizia penitenziaria, i detenuti, gli operatori, i volontari. Dopo il suo discorso sul palco allestito nel campo sportivo dell'istituto, ha pranzato con i detenuti. “Per me entrare in un carcere è sempre un momento importante, perché il carcere è un luogo di grande umanità. Di umanità provata, talvolta affaticata da difficoltà, sensi di colpa, giudizi, incomprensioni e sofferenze, ma nello stesso tempo carica di forza, di desiderio di perdono, di voglia di riscatto", ha detto Francesco. "E in questa umanità, qui, in tutti voi, in tutti noi, è presente oggi il volto di Cristo, il volto del Dio della misericordia e del perdono. Non dimenticate questo: Dio perdona sempre e perdona tutto", ha sottolineato. E ha aggiunto: "Conosciamo la situazione delle carceri, spesso sovraffollate, con conseguenti tensioni e fatiche. Per questo voglio dirvi che vi sono vicino e rinnovo l'appello, specialmente a quanti possono agire in questo ambito, affinché si continui a lavorare per il miglioramento della vita carceraria. La vita è sempre degna di essere vissuta e c'è sempre speranza per il futuro, anche quando tutto sembra spegnersi". Dopo il pranzo alla Casa circondariale di Montorio, il Papa si è diretto verso il Vescovado di Verona, per una breve visita all'anziana madre del vescovo mons. Domenico Pompili.

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La messa al Bentegodi

L'ultima tappa è stata allo stadio Bentegodi, dove Papa Francesco ha celebrato la Messa per la festa di Pentecoste davanti a 31mila fra giovani e adolescenti. "Oggi celebriamo la festa del giorno in cui lo Spirito Santo è venuto. Ma pensate, gli apsotoli erano tutti chiusi nel Cenacolo, avevano paura, le porte chiuse, tutto. È venuto lo Spirito Santo, gli ha cambiato il cuore e sono andato a predicare con coraggio. Coraggio: lo Spirito Santo ci dà il coraggio di vivere la vita cristiana", ha detto il Pontefice nell'omelia, pronunciata interamente 'a braccio' mettendo da parte il testo predisposto. "E per questo, con questo coraggio, cambia la nostra vita - ha proseguito - Lo Spirito prima di tutto è quello che ci cambia la vita". "Lo Spirito santo ci dà coraggio per vivere cristianamente: tante volte troviamo cristiani che sono come l'acqua tiepida, né caldi né freddi: gli manca coraggio: 'E padre, dove si può fare un corso per avere coraggio?'. 'No, prega lo Spirito, affidato allo Spirito'", ha sottolineato il Pontefice.

"Il contrario dell'armonia è la guerra"

"Poi una cosa molto bella - ha continuato Francesco -: quel giorno di Pentecoste c'era gente di tutte le nazioni, di tutte le lingue, di tutte le culture, e lo Spirito con quella gente edifica la Chiesa. Cosa vuol dire? Che fa tutti uguali? No, tutti differenti, ma con un solo cuore, con l'amore che ci unisce. Lo Spirito è quello che ci salva dal pericolo di farci tutti uguali". "C'è una parola che spiega bene questo - ha aggiunto il Papa -: lo Spirito fa l'armonia, l'armonia della Chiesa. Ognuno differente dall'altro, ma in un clima di armonia". "Cari fratelli e sorelle, questo è il miracolo di oggi: prender uomini codardi, con paura, e farli coraggiosi. Prendere uomini e donne di tutte le culture, e farli una unità di tutti, fare la Chiesa. Prendere questa gente, e non farli uguali. Cosa fa lo Spirito? L'armonia". "Adesso ognuno di noi pensi nella propria vita - ha quindi sollecitato -: tutti noi abbiamo bisogno dell'armonia, tutti noi abbiamo bisogno che lo Spirito ci dia armonia, nella nostra anima, nella famiglia, nella città, nella società, nel posto di lavoro. Il contrario dell'armonia è la guerra, è lottare uno contro l'altro".

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