Armi chimiche, nuovo impianto in Italia per eliminare le scorie: quali sono i rischi
Alcuni esempi sono il fosforo bianco, l’iprite, gli agenti come il cloro e il fosgene che provocano soffocamento. In Italia si trovano ancora alcuni depositi: per smaltirli, il governo avrebbe finanziato un inceneritore con 29 milioni di euro. Ancora non è chiaro però dove sorgerà
- Il governo sta cercando di smaltire i depositi di armi chimiche in Italia con un nuovo impianto specifico. Si tratta di un inceneritore – un “termossidatore pirolitico” – che dovrebbe costare 29 milioni di euro e che sarà operativo entro il 2025. Ne scrive Il Messaggero
- Il Messaggero ha chiesto alla Difesa dove sarà costruito il nuovo inceneritore ma per il momento l’informazione è coperta da riservatezza
- Intanto, spiega il quotidiano romano, verranno intensificate le misure di sicurezza intorno al Cetli, il Centro tecnico logistico interforze di Civitavecchia. Secondo il ministero della Difesa, qui si trovano 2600 proiettili al fosforo bianco. Per potenziarlo il governo ha ritagliato nella finanziaria nuove risorse: 2,4 milioni di euro per il periodo 2024-2026
- Nel Cetli andrà avanti la “demilitarizzazione” delle armi chimiche, che in parte sono “di fabbricazione Usa”. Lo si legge nella nota diffusa dalla Difesa e visionata da Il Messaggero
- Nel testo si legge la necessità di garantire la sicurezza dell’impianto e il timore che “il personale e l’ambiente circostante, caratterizzato da insediamenti residenziali nonché attività agricole/industriali”, possa essere esposto a potenziali rischi di contaminazione da agenti chimici di guerra” (in foto, il lancio di bombe al fosforo su Gaza, l'11 ottobre)
- Come spiega il Comitato Nazionale delle Ricerche (Cnr), per "arma chimica" si intende qualsiasi sostanza o ordigno che, tramite i suoi effetti tossici sui processi vitali, può causare morte, incapacità permanente o temporanea a uomini e animali
- Alcuni esempi di armi chimiche sono il fosforo bianco, l’iprite, gli agenti come il cloro e il fosgene che provocano soffocamento. Sono utilizzate fin dalla Prima guerra mondiale. Il primo massiccio rilascio di cloro è avvenuto il 22 aprile 1915 a Ypres, in Belgio: le truppe tedesche rilasciarono circa 168 tonnellate che provocarono la morte di oltre 500 soldati in circa 10 minuti
- Nel tempo sono state riconosciute come armi di distruzione di massa e – di conseguenza – sono state bandite dal diritto internazionale come deciso dalla Convenzione di Parigi del 1993. L’Italia si è impegnata stanziando 18 milioni di euro dal 2009 al 2023 (in foto l'incendio in una fabbrica vicino al campo profughi di Jabalia, a Gaza City, determinato dalle bombe al fosforo)
- Questo non ha però impedito ad alcuni Paesi di riutilizzarle nel corso di conflitti. Fra i più recenti, l’Ucraina ha accusato la Russia di aver impiegato bombe al fosforo su Bakhmut e in diverse altre occasioni dall’inizio della guerra. I sospetti sull’impiego di questa sostanza hanno colpito anche Kiev
- Amnesty International e Human Rights Watch hanno accusato Israele di aver lanciato bombe al fosforo su Gaza e sul Libano, in seguito all’attacco di Hamas del 7 ottobre. Le bombe incendiarie a base di questa sostanza possono essere utilizzate esclusivamente a scopo di illuminazione, per spaventare il nemico o per creare una cortina fumogena. L’uso sui civili è invece vietato dalla “Convenzione delle Nazioni Unite su certe armi convenzionali”, entrata in vigore nel 1983 (in foto, un'esplosione lungo la Striscia di Gaza)