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Adozioni, svolta della Consulta: "Sì ai rapporti dei figli con la famiglia d'origine"

Cronaca
©Getty

La Corte costituzionale abbatte un muro divisorio che ha retto per 40 anni nel nome della tutela e del diritto all'identità del minore, il quale d'ora in poi potrà mantenere i rapporti socio-affettivi con i fratelli o con i nonni biologici se ciò rientra nel suo preminente interesse, secondo la valutazione di un giudice

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La Corte costituzionale ha eliminato il muro che separava la famiglia adottiva da quella biologica, una barriera che è durata per ben 40 anni. Questo importante cambiamento sul fronte delle adozioni è motivato dalla volontà di proteggere il diritto all'identità del minore. Da ora in poi, il minore avrà la possibilità di mantenere i legami socio-affettivi con i suoi fratelli o nonni biologici, purché ciò sia ritenuto nell'interesse superiore del bambino, una valutazione che sarà effettuata da un giudice. Una svolta che la Consulta fa senza intervenire sulle regole, ma offrendo un'interpretazione conforme alla Costituzione della legge sulle adozioni, la numero 184 del 1983.

Sentenza ispirata a un caso di orfani a causa di un femminicidio

Si tratta di una pronuncia destinata ad avere un impatto significativo, a partire dagli orfani delle vittime di femminicidio. Dietro la sentenza c'è proprio il caso tragico di due bambini, rimasti soli dopo che il padre aveva ammazzato la madre. I due piccoli avevano un rapporto affettivo importante con la nonna e altri familiari del ramo paterno che tuttavia non erano in grado di prendersi cura di loro. Così la Corte d'appello di Milano, nel dichiararli adottabili, aveva disposto che queste relazioni continuassero, dando mandato ai servizi territoriali di stabilire tempi e modalità degli incontri, nel rispetto della riservatezza dei genitori adottivi e con la massima protezione dei bambini. Ma il Pg aveva fatto ricorso in Cassazione ritenendo che l'articolo 27 della legge 184 non desse nessun margine al giudice perchè prevede in maniera assoluta con l'adozione la fine dei rapporti con la famiglia di origine. Una tesi sostenuta anche dalla Cassazione che ha portato il caso davanti alla Consulta, giudicando la norma in contrasto con la Costituzione perché, soprattutto in casi come questi, non tutela l'interesse del minore: separandolo dai suoi affetti non fa altro che aggravare le sue ferite.

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Il giudice deve verificare l'interesse del minore

I giudici costituzionali hanno giudicato infondate le questioni di legittimità sollevate, chiarendo che il riferimento nella disposizione alla cessazione dei rapporti con i componenti della famiglia d'origine riguarda i legami giuridico-formali di parentela. Per i rapporti affettivi il discorso è diverso: il giudice può e deve verificare in concreto l'interesse del minore e dunque preservare in ogni caso i rapporti la cui rottura potrebbe provocare "traumi ulteriori" a quelli che ha già subito. 

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