
Il presidente dell'Ordine dei Geologi dell'Emilia Romagna, Paride Antolini: "L'aumento di fenomeni di questi giorni ha stravolto la cartografia". Mentre Andrea Billi dell'Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del Cnr, avvisa: "Particolarmente esposte sono le zone pedemontane"

Dopo gli allagamenti di case, attività e campi, nelle aree colpite dall'alluvione in Emilia Romagna ora l'emergenza si chiama 'frane'. Al momento, dice la Regione, sono 305 quelle principali registrate sul territorio e provocate dalla pioggia di questi giorni: 127 in provincia di Forlì-Cesena, 90 in quella di Ravenna, 49 in quella di Bologna, 12 in quella di Modena, 14 in quella di Reggio Emilia, 13 in quella di Rimini. E si teme che possano aumentare a causa dei terreni carichi di acqua
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Il presidente dell'Ordine dei Geologi dell'Emilia Romagna, Paride Antolini, si spinge fino a parlare di una sorta di "bombardamento" anche in territori non previsti e in un'area molto vasta: dal Bolognese al Cesenate fino quasi al Riminese. "L'aumento di fenomeni di questi giorni ha stravolto la cartografia". Questo "è troppo anche per un geologo"
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"Le frane ci sono già state durante le piogge e continueranno ad esserci perché precipitazioni così violente hanno alterato gli equilibri sui versanti. I tecnici sono al lavoro per valutare", spiega Andrea Billi dell'Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del Cnr. Particolarmente esposte sono le zone pedemontane, poi va valutata la composizione della roccia "se argilla, più franosa, o calcare"

E sulle zone inondate spiega: "Queste sono aree che non a caso si chiamano valli alluvionali, ovvero adibite dalla natura a subire questi fenomeni. Se andiamo ad effettuare un carotaggio e ad analizzare il fondo di questo suolo infatti - prosegue l'esperto - vediamo che ci sono alcune centinaia di metri di alluvioni precedenti"

Questo dell'Emilia Romagna è un evento di una tale "eccezionalità che sono stati superati anche gli interventi realizzati per prevenirlo, con le vasche di laminazione che si sono riempite a loro volta ed hanno tracimato", dice Luca Brocca, dell'Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del Cnr, secondo il quale "il sistema di previsione ha funzionato e si sono potute salvare tante vite nonostante le perdite che si sono avute"

Cosa succede ora? "La maggior parte dell'acqua - dice Brocca - si infiltra nel terreno e o va a ricaricare la falda o finisce nei corsi d'acqua. Le frane si innescano perché il suolo diventa più pesante anche senza che ci sia un evento intenso di pioggia. Quelle superficiali sono ovviamente più veloci di quelle profonde. Ma il rischio di frane si può prevedere"
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