Quel 13 gennaio 2012, Ennio Aquilino era comandante dei vigili del fuoco di Grosseto. Fu tra i primi a raggiungere la nave con la sua squadra: "Siamo gli unici saliti a bordo e lì siamo rimasti per tutta la notte a operare, fino a che non abbiamo tirato giù l'ultimo dei passeggeri che potevamo trovare". Sull'incidente dice: "Ho sempre pensato a una sorta di miracolo, poteva essere peggio del Titanic"
"Quando siamo saliti, il pensiero è stato: 'Chissà se vediamo l'alba del giorno dopo'". A parlare è Ennio Aquilino, tra i primi ad arrivare sul luogo del naufragio della Costa Concordia nella notte fra il 13 e il 14 gennaio 2012, al largo dell'Isola del Giglio (LO SPECIALE - LE VITTIME - LE IMMAGINI). L'allora comandante dei vigili del fuoco di Grosseto, intervistato da Sky TG24, ricorda quei tragici momenti: "La prima immagine è stata fortissima, perché si vedevano queste lucine intermittenti a bordo nave... con questa nave totalmente rovesciata, enorme. Il mio primo pensiero: 'Ma adesso che faccio?'. Perché non c'era un manuale delle istruzioni che ci potesse, in qualche modo, indicare una procedura. Le procedure, sulla Costa Concordia, ce le siamo dovute tutte immaginare e scrivere in quel momento". E dopo dieci anni, spiega Aquilino, "resta la convinzione di aver fatto il proprio dovere, perché sento sempre parlare molto di diritti in questo Paese, ma si parla molto poco di doveri" (GLI INTERNI DELLA COSTA CONCORDIA PRIMA E DOPO - CHE FINE HA FATTO LA NAVE - LA RIMOZIONE).
"Avevo capito subito che una nave stava affondando"
"Quella notte - racconta Aquilino - tutto inizia con una telefonata del mio vice. Ero appena rientrato su Roma, ero comandante di Grosseto. Mi dice: 'Abbiamo solo una segnalazione di una nave in difficoltà, ma nulla che non sia sotto controllo'. Poi la seconda telefonata, proprio su mia richiesta: 'Approfondisci un attimo, sentiamo che non ci siano problemi più grandi'. Dice: 'No, ma cautelativamente li faranno sbarcare al Giglio'. Lì, pure se non avevo notizie certe, mi si era subito fatta l'immagine di una nave che stava affondando, perché quella sola poteva essere la motivazione per far scendere circa 4mila persone in un'isoletta piccola come il Gigio, in pieno inverno. Partii subito da Roma e mi ricongiunsi ai miei a Porto Santo Stefano, cambiandomi sul molo" (L'EX COMANDANTE SCHETTINO - NICK SLOANE: "COSÌ SALVAI LA NAVE").
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"Cercavo il comandante e non trovavo niente, nessuno"
Aquilino racconta poi di aver raggiunto la Costa Concordia con una motovedetta della Capitaneria di porto: "Mi piace sottolineare che siamo gli unici saliti a bordo e lì siamo rimasti per tutta la notte a operare, fino a che non abbiamo tirato giù l'ultimo dei passeggeri che potevamo trovare". E prosegue: "Mi faccio tutta la murata, cerco il comandante e non trovo niente, assolutamente nessuno". Aquilino ricorda il trasporto dei passeggeri a terra "con i triangoli di evacuazione. Poi, piano piano, ce li siamo caricati, facevamo fare questi 10-12 metri di ponte, che ormai era diventato una parete verticale, li portavamo sul bordo e poi li facevamo scendere per la biscaggina di poppa. L'ultima ragazza che era rimasta ferita aveva avuto delle fratture, per le quali abbiamo dovuto fare una teleferica all'interno della nave - in quelle condizioni - per poterla estrarre".
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"Ho sempre pensato a un miracolo"
"Nel giro delle prime 72 ore, passiamo a tappeto tutta la nave, trovando i due coreani che vengono salvati e poi Giampedroni, il commissario di bordo che era caduto per le scale, si era fratturato e quindi era rimasto bloccato all'interno dello scafo... con questa nave che non si capiva perché non affondava del tutto, non scivolava". E aggiunge: "Solo a marzo avremmo saputo con certezza che si era infilata su questi due scogli di granito. Ho sempre pensato a una sorta di miracolo, perché la notte dell'affondamento la nave è uscita per due miglia senza motori e senza timone, sul canale del Giglio, che arriva a profondità di 180 metri. Se fosse affondata lì, probabilmente avremmo parlato della più grande tragedia del mare di sempre. Avrebbe superato il Titanic e qualsiasi altra situazione, perché i morti sarebbero stati migliaia".
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"Siamo uomini normalissimi, non supereroi"
Alla domanda su quale sia stato il momento più brutto durante gli interventi sulla Costa Concordia, Aquilino risponde: "Ricordo quando recuperammo un corpicino vicino al papà, lo riportammo sulla coperta della nave, aspettando il via libera dalla Procura della Repubblica per il trasporto all'obitorio. Sono stato un paio d'ore con il cadavere vicino, e in quei momenti pensi a tante cose, pensi ai tuoi figli. Quando si tratta di bambini non ci si abitua mai". E conclude: "Noi pensiamo sempre, con l'immaginario, ai vigili del fuoco come una specie di supereroi. Ma non è così, siamo uomini normalissimi, che si portano appresso tutto il fardello del loro vissuto quotidiano, che è stato unico".