"A scuola non lo mando", sempre più genitori scelgono l'homeschooling

Cronaca

Giulia Floris

Mancano poche settimane alla riapertura delle scuole in tutta Italia e, tra dubbi e incertezze, sono sempre di più le famiglie interessate al modello dell'educazione parentale in cui i figli vengono istruiti a casa dai genitori o da una figura scelta da loro. Ma per il pedagogista Daniele Novara in un sistema simile "gli aspetti emotivi sono destinati a prevalere sulla sfera dell'apprendimento"

Mancano poche settimane alla ripresa della scuola in tutta Italia (IL CALENDARIO) e mentre il governo cerca di risolvere gli ultimi nodi sul rientro in classe (dalle mascherine, ai trasporti) sono tanti i dubbi e i timori dei genitori in attesa della riapertura. Come si concilierà la vita di comunità con la necessità di distanziamento?  Quanti giorni di lezione dovranno saltare i bambini e ragazzi per sintomi, anche lievi, che non consentiranno l'accesso in classe? Cosa succede se il contagio arriverà scuola? (IL PROTOCOLLO). Mentre le chat e i gruppi Facebook dei genitori sono invasi da queste domande, una risposta circola in maniera sempre più frequente, tra chi chiede informazioni e chi racconta la propria esperienza. È quella di chi, i propri figli, a scuola non ha proprio intenzione di mandarli. Non si tratta di non istruirli o di sottrarsi agli obblighi di legge, ma di farlo a casa.

Che cos'è l'homeschooling

Si chiama homeschooling o istruzione parentale, è un fenomeno diffuso soprattutto negli Usa, ma che da tempo ha preso piede anche in Italia, e complici i disagi legati alla pandemia, potrebbe diventare sempre più comune. Nelle famiglie in cui si pratica l'homeschooling, a farsi carico dell'istruzione dei figli sono i genitori stessi o un'altra figura da loro individuata. Si garantisce di adempiere agli obblighi di legge attraverso un'autocertificazione che va rinnovata ogni anno. I bambini sostengono ogni anno un esame per il passaggio al programma della classe successiva.

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Un fenomeno in crescita

Erika Di Martino (madre di 5 figli di età compresa tra i 4 i 15 anni), pioniera dell’homeschooling in Italia tanto da averlo fatto diventare un lavoro nella consulenza e nel supporto alle famiglie che compiono questa scelta, conferma che l’educazione parentale in Italia è in netta crescita. "Sono 2mila le famiglie fanno già educazione parentale in Italia – racconta a Sky TG24 – ma l'interesse è raddoppiato negli ultimi tempi. Abbiamo visto un incremento esponenziale a partire da marzo- aprile (durante il lockdown), esploso poi a partire dall’ultimo week-end di rientro dalle vacanze. Negli ultimi giorni riceviamo una trentina di richieste di informazioni al giorno sui nostri canali".

Quale quotidianità

Ma come può l’istruzione dei figli essere compatibile con il lavoro dei genitori? Secondo Erika Di Martino (che come il marito è freelance e lavora da casa) è tutta una questione di organizzazione, e soprattutto bisogna tenere presente che "chi fa homeschooling non ripete il modello scuola a casa". "I tempi da dedicare alle lezioni in senso stretto – racconta - sono molto ridotti. A scuola c’è una grande dispersione di tempo, mentre per coprire i requisiti minimi del programma scolastico delle elementari a casa, ad esempio, bastano un’ora e mezza-due al giorno". "Anche se per noi – precisa - tutto è apprendimento, anche cucinare o fare una passeggiata nel bosco". Quando poi i figli crescono, certamente le cose si complicano un po’. Dopo le scuole medie, chi vuole proseguire in questo percorso deve scegliere un indirizzo, come farebbbe nella scuola normale e poi dare gli esami nell’istituto di riferimento. “Il mio figlio più grande - racconta Erika Di Martino - sta seguendo il programma dello scientifico con un tutor. Certo, è un costo, ma anche i genitori che mandano i figli a scuola si trovano spesso a dover ricorrere alle ripetizioni". E la socialità? "Avviene in ambiti diversi, è più libera e non risente delle costrizioni dell’ambiente scolastico, che quest’anno poi, con tutti i limiti legati al distanziamento, sarà meno che mai un luogo adatto a socializzare".

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ll pedagogista: "Un genitore non può essere insegnante del proprio figlio"

Di avviso completamente diverso Daniele Novara, pedagogista, autore di diversi libri sull’educazione e fondatore del Centro Psicopedagogico per la Pace e la gestione dei conflitti. "Sono contrarissimo - dice a Sky TG24 - all'idea che i genitori facciano da insegnanti ai figli: non vedo nessun vantaggio e gli aspetti emotivi sono destinati a essere totalmente prevalenti sulla sfera dell'apprendimento". "La scuola - prosegue - deve essere un luogo neutro dal punto di vista emotivo, che prescinde dal controllo dei genitori e dalla dipendenza da essi".

 

Diverso il caso, continua l'esperto, "di gruppi di genitori che si mettono insieme per un modello di scuola alternativo a quello tradizionale, come ad esempio le scuole nel bosco. Sono favorevole a queste iniziative ma dietro devono esserci delle scelte pedagogiche e non deve mancare l'aspetto della socialità". Per Novara infatti "la scuola è il più importante luogo di socializzazione e non si può paragonare con nessun altro". E se anche questo anno scolastico la ripartenza sarà più difficile "la scuola è il luogo più sicuro per i bambini e deve restare un'esperienza positiva".

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