ArcelorMittal, pm Milano: "Scudo penale è un pretesto". Conte: “Dica se rispetta impegni”

Cronaca
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Proseguono le 2 inchieste di Milano e Taranto sull’ex Ilva. I pm milanesi aderiscono alla richiesta dei commissari per evitare la cessazione delle attività. Il premier: se Mittal prosegue battaglia, reagiremo. Dirigente: ad a settembre ci disse che i soldi erano finiti

Secondo la Procura di Milano "la vera causa della disdetta" del contratto d'affitto dell'ex Ilva da parte di ArcelorMittal è "riconducibile alla crisi di impresa" della multinazionale franco-indiana ed alla conseguente volontà di disimpegno dell'imprenditore estero e non è invece il "venir meno del così detto scudo ambientale abrogato" utilizzato come motivo "pretestuosamente" (COS'È LO SCUDO PENALE). È quanto si legge nell'atto che i pm milanesi hanno depositato intervenendo nella causa civile fra il gruppo franco indiano e i commissari del polo siderurgico con base a Taranto: un procedimento d'urgenza con cui i commissari della società chiedono di evitare la cessazione delle attività, bloccando la richiesta di recesso del contratto di affitto. "Il Pm ha detto che lo scudo penale era una scusa. La verità per la quale ArcelorMittal vuole andare via è che ha sbagliato piano industriale. Sta cosa dello scudo era evidentemente una balla”, ha commentato il leader del M5s, Luigi Di Maio. Ha parlato anche Giuseppe Conte, prima di incontrare i vertici del gruppo. "Non possiamo accettare un disimpegno dagli impegni contrattuali: ci venga detto chiaramente qual è la posizione di Mittal e da lì partiremo", ha detto il premier. Che ha aggiunto: se Mittal prosegue la battaglia, "noi reagiamo adeguatamente" (LE TAPPE DEL CASO ILVA - I NUMERI DELLA CRISI - I POSSIBILI SCENARI - L'IPOTESI DELL'INTERVENTO DELLO STATO).

Pm di Taranto ordinano ispezioni nell'impianto

Nell'atto della procura di Milano si legge che "lo stato di crisi di ArcelorMittal Italia, essendovi pericolo di diminuzione delle garanzie patrimoniali per il risarcimento di eventuali danni, rende ancor più necessaria ed urgente una pronuncia giudiziale che imponga alle affittuarie" dell'ex Ilva "di astenersi dalla fermata degli impianti e di adempiere fedelmente e in buona fede alle obbligazioni assunte". Sentito anche un dirigente: ha dichiarato che, "nonostante la sospensione del piano di fermata, l'azienda non ha fatto tutto quello che serve per proseguire l'attività in quanto l'approvvigionamento delle materie prime è stato cancellato”. Intanto questa mattina la procura di Taranto ha delegato i carabinieri del Noe di Roma, del Nucleo sulla sicurezza sul lavoro e del Comando provinciale, a compiere un'ispezione nello stabilimento siderurgico di Taranto. Le verifiche riguardano le operazioni di bonifica nello stabilimento, la situazione generale della fabbrica, le attività di manutenzione finora eseguite e la sicurezza sul lavoro. A queste indagini collabora anche l’Ispra. 

L'inchiesta dei pm tarantini

L'attività investigativa, in cui si ipotizzano i reati di distruzione di mezzi di produzione e appropriazione indebita, lunedì scorso era sfociata in un'ispezione della Guardia di finanza (con acquisizione e sequestro di documenti, supporti informatici e cellulari) negli uffici dello stabilimento. L'ispezione dei carabinieri, sotto il coordinamento del Comando provinciale, era già stata programmata dal procuratore Carlo Capristo, dal procuratore aggiunto Maurizio Carbone e dal sostituto procuratore Mariano Buccoliero, che si occupano dell'inchiesta. L'obiettivo, si apprende da fonti giudiziarie, è quello di "fare una fotografia dei luoghi per verificare le condizioni dello stabilimento secondo quello che è emerso dall'esposto dei commissari straordinari”. "C'è massima collaborazione fra la Procura di Milano e quella di Taranto”, ha intanto riferito il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli che, con i pm Stefano Civardi e Mauro Clerici, coordina l'inchiesta con al centro la richiesta di recesso del contratto di affitto dell'ex Ilva da parte di ArcelorMittal.

Dirigente a pm: ad a settembre ci disse che i soldi erano finiti

Il 19 novembre, i pm di Milano hanno sentito un dirigente di ArcelorMittal. "I manager esteri sostenevano che per l'attuale 'marcia' degli impianti (vale a dire la produzione di 6 mln di tonnellate di acciaio), la qualità delle materie prime fosse troppo alta e che occorresse utilizzarne di qualità inferiore per abbattere i costi", ha detto Giuseppe Frustaci. Il passaggio del verbale è riportato nell'atto di costituzione della Procura nel contenzioso civile tra la multinazionale franco-indiana e l'ex Ilva. Il dirigente ha aggiunto che "ogni fermata di un altoforno e il successivo raffreddamento, seppur operato seguendo le migliori pratiche, non è mai senza danni". Danni - ha aggiunto - che "ci sono sempre" e la cui entità "si può verificare solo quando si riparte”. Ha poi specificato che, "nonostante la sospensione del piano di fermata, l'azienda non ha fatto tutto quello che serve per proseguire l'attività in quanto l'approvvigionamento delle materie prime è stato cancellato”. "Il piano prevedeva di lasciare una scorta minima di materie prime solo per un altoforno per un mese”, ha proseguito. E ha aggiunto: l'ad di ArcelorMittal Lucia Morselli "ha dichiarato ufficialmente" in un incontro "ai primi di novembre" con "i dirigenti e i quadri" che erano stati fermati "gli ordini, cessando di vendere ai clienti".

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